[06/09/2012] News

Christiana Figueres «A Bagkok progressi dei negoziati per la conferenza climatica di Doha»

Le Ong: «In Thailandia doccia fredda sulla Cop 18 Unfcc di Doha». Ue ed Usa sotto accusa: «Non vogliono fermare il disastro climatico»

Secondo l'Unted Nations framework convention on climate change (Unfccc), il climate change talks terminato ieri nella capital thailandese Bangkok «hanno permesso agli Stati membri di progedire in diversi settori e di realizzare una dinamica positiva nella preparazione della Conferenza dell'Onu sui cambiamenti climatici che avrà luogo a Doha, in Qatar a  novembre». La segretaria esecutiva dell'Unfccc, Christiana Figueres (nella foto) ha detto che «i negoziati tra i governi a Bangkok hanno permesso di andare più lontano di quel che ci si aspettasse in più settori e questa è di buon augurio per superare il novo capo di Doha».  La Figueres ha però sottolineato che «davanti a noi rimangono delle discussioni politiche, ma disponiamo di una dinamica positiva e di una maggiore convergenza che servirà a facilitare le discussioni politiche prima della Conferenza di Doha»,

La Conferenza Unfccc di Durban aveva approvato un serie di misure, la Durban Platform, che comprendono l'avvio di un Protocollo applicabile a tutti gli Stati membri dell'Unfccc che dovrebbe rimpiazzare il Protocollo di Kyoto, che obbligherebbe i Pesi sviluppati a ridurre le loro emissioni di gas serra e a realizzare il Green Climate Fund per aiutare i Paesi in via di sviluppo.

Alla Cop18 Unfccc che si terrà a Doha 26 novembre al 7 dicembre dovrebbe essere avviata una nuova fase di azione climatica e le parti della Convenzione proveranno a colmare le lacune nella risposta politica internazionale al cambiamento climatico. Secondo l'Unfccc, «i negoziati sul clima di Bangkok hanno iniziato ad affrontare questi obiettivi ed hanno prodotto un documento che delinea ciò che deve essere fatto per risolvere le divergenze di opinione tra i Paesi. I colloqui anche fatto progressi in vari settori, tra cui piani per un meccanismo per rafforzare la cooperazione internazionale in materia di azione per il clima, il finanziamento per l'iniziativa per ridurre le emissioni da deforestazione e degrado delle foreste e per individuare i punti per i quali potrebbe essere necessario negoziare gruppi di decisioni supplementari a Doha, al fine di chiuderli con successo».

Ma se la Figuers e l'Unfccc vedono il bicchiere mezzo pieno, le Ong ambientaliste e che si occupano di crescita e diritti umani vedono un bicchiere molto vuoto e sono arrabbiate per come sono andati i climate change talks di Bangkok che, invece di dare una spinta alla Cop18 di Doha rischiano di bloccare ogni accordo vincolate per tutto questo decennio.

Le associazioni della società civile presenti a Bangkok speravano che la devastante serie di eventi meteorologici estremi legati al cambiamento climatico che hanno colpito mezzo mondo, come le inondazioni nelle Filippine e la siccità negli Stati Uniti, convincesse i governi a prendere decisioni chiare ma secondo Mohamed Adow, international adviser per il cambiamento climatico di Christian Aid, «Bangkok è stato il processo di peeling della buccia di banana dell'accordo di Durban ed è chiaro che il ripieno è molto morbido e scivoloso. Anche se il mondo a Durban ha inteso confermare che ci sarebbe stato un secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto ed ha preso una serie di decisioni ambiziose per promuovere l'attuazione della Convenzione sui cambiamenti climatici, questa sessione suggerisce che non sarà così, in nessun senso o parola».

I rappresentanti delle Ong non ci stanno al solto rito consolatorio del "passo avanti" ad ogni meeting che rimanda la risoluzione dei problemi. Anche se alcuni Paesi hanno continuato a insistere sul fatto che il Working group on long-term cooperative action continui a lavorare, un'alleanza tra i Paesi ricchi e più inquinanti, capeggiata nuovamente dagli Stati Uniti, ha detto che nessun ulteriore accordo sule questioni centrali potrà essere raggiunto entro quest'anno  e che l'Onu dovrebbe "tacere" su questi temi.

Meena Raman, di Third World Network, dice che «Gli Stati Uniti ed i loro alleati vogliono che l'Onu "taccia"  sulle questioni sulle quali non hanno ancora raggiunto un accordo. Per essere chiari, questo significa che vogliono che l'Onu taccia su come risolvere il cambiamento climatico. Gli Stati Uniti stanno utilizzando una  palla da demolizione sulla Convenzione climatica e su ogni speranza di bloccare il cammino verso  la catastrofe climatica».

Infatti, quel che la Figuers non dice è che a Bangkok si è minato uno dei risultati centrali della Cop17 Unfccc di Durban:  l'accordo di avviare un secondo periodo di impegno effettivo del Protocollo di Kyoto. Tutto  è stato rallentato in particolare dall'Unione europea che si è rimangiata la disponibilità a tagliare le sue imissioni del 30%, mentre altri Paesi, come l'Australia, fanno difficoltà a mantenere le promesse fatte a Durban. Il clima era tale che i Paesi più ostili a un nuovo Protocollo come Arabia Saudita, Canada  e Russia (ma anche Polonia e Repubblica Ceca) a Bangkok non si sono dovuti dare nemmeno tanto da fare, hanno lasciato che il lavoro sporco lo facessero altri.

Asad Rehman, capo di International Climate at Friends of the Earth Ewni, è molto critico con la delegazione Ue: «Il protocollo di Kyoto che l'Unione europea vuole qui non è legale, ma semplicemente una mera  "decisione politica". Non includerebbe  nemmeno obiettivi dei Paesi basati sulla scienza. L'Unione europea sta cercando di negoziare un 'out' dove non abbia bisogno di parlare di ciò che ha davvero intenzione di fare fino al 2016. Si tratta di una finzione di quel che è stato concordato a Durban e per il mondo sarebbe un suicidio ingoiare questa pillola. L'Ue utilizza politiche ciniche e a suggerisce che in una data futura potrebbe aumentare il suo obiettivo,  per un certo futuro accordo. Così il clima è trasformato in un pezzo di negoziazione e le comunità più vulnerabili del mondo in ostaggi. L'obiettivo del 20%  che l'Ue offre è "business as usual", come al solito sta uccidendo il clima, è criminale». .

Per Lidy Nacpil, direttrice di Jubilee South Apmdd «Sul tavolo ci sono le più importanti proposte che hanno al centro come affrontare la crisi climatica. Queste proposte prevedono una visione condivisa ed un obiettivo globale per i limiti delle emissioni, per assicurare sforzi comparabili tra i Paesi prima del 2020, garantire che i finanziamenti e la tecnologia siano disponibili per i paesi in via di sviluppo, davanti a tutto questo gli Stati Uniti e gli altri paesi industrializzati ricchi stanno dicendo che dovremmo stare in silenzio, è troppo difficile, troppo scomodo e richiede troppo per i grandi inquinatori. Eppure sono i milioni di più poveri del mondo, che dovranno pagare il prezzo e che lo stanno già pagando».

Harjeet Singh, di Action Aid International ha ricordato che detto che quel che dice la scienza è urgente e chiaro: «Il global warming è una minaccia pressante il nostro cibo, le nostre fattorie, l'acqua e le città. Il prudente Ipcc Fourth Assessment Report del 2007 ha indicato che per avere un aumento della temperatura di 2,0 - 2,4° C, le emissioni globali dovrebbero raggiungere il picco tra 2000-2015. Questo solleva una questione: come possiamo arrivare al picco delle nostre emissioni entro il 2015, se non sono d'accordo su profondi tagli alle emissioni entro il 2020, per non parlare dell'obiettivo preferibile di mantenere l'aumento della temperatura al di sotto di 1,5° C richiesto da oltre 100 Paesi? Nessun taglio subito da parte dei Paesi ricchi industrializzati significa che fermare il disastro non è possibile e non avverrà».

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