[02/05/2013] News

Strage del Rana Plaza in Bangladesh: 427 morti. Prime ammissioni di aziende americane ed europee

Petizione di Campagna Abiti Puliti per i diritti dei lavoratori del tessile

Si fa di giorno in giorno e di ora in ora più drammatico il bilancio del crollo del Rana Plaza a Savar, un palazzo di 8 piani costruito abusivamente in una palude "bonificata" alla periferia di  Dhaka, la capitale del Bangladesh. L'Ong Campagna Abiti Puliti - Clean Clothes Campaign (Ccc) spiega che «Mercoledì 24 aprile migliaia di operai si sono recati come sempre presso una delle fabbriche in cui lavoravano situate nel palazzo Rana Plaza a Savar, Dhaka. Gli era stato detto di tornare al lavoro nonostante solo il giorno prima fossero state notate grosse crepe nello stabile (...) quello stesso giorno l'edificio è crollato, intrappolandoli sotto tonnellate di macerie e di macchinari». Secondo quanto riferisce oggi il quotidiano The Daily Star, il tragico bilancio dei morti è salito a  427, ma l'esercito sta rimuovendo ancora le macerie e ci sono almeno 140 dispersi. Inoltre, molti tra i centinaia di feriti sono gravissimi.

E' invece ripreso il lavoro nei distretti industriali di Dacca dopo otto giorni di violenti scioperi e proteste degli operai che non sopportano più di essere la carne da macello a  bassissimo costo di imprenditori bengalesi senza scrupoli che lavorano per le grandi firme della moda internazionale che dimostrano ancora una volta tutta la loro avida irresponsabilità sociale.

Anche il  Dipartimento di Stato Usa ha ammesso che delle imprese tessili statunitensi ed europee si rifornivano nelle fabbriche i cui operai  lavoravano in condizioni disumane nel palazzo di 8 piani crollato il 24 aprile nella capitale del Bangladesh. Il portavoce del Dipartimento di Stato, Patrick Ventrell, ha detto che «Alcune società che lavoravano nello stabile sembrano avere legami con numerose imprese negli Stati Uniti e in Europa e noi continueremo a discutere con queste imprese del modo in cui possono migliorare le condizioni di lavoro nel Bangladesh. Gli Stati Uniti sono fortemente impegnati con il governo del Bangladesh, con gli esportatori e gli importatori sulle questioni dei diritti dei lavoratori e le condizioni di lavoro e di sicurezza».

Ccc sottolinea che «Non tutti i marchi che producevano nelle fabbriche del  Rana Plaza sono stati ancora identificati. Stiamo lavorando a stretto contatto con gli attivisti locali in Bangladesh e con altre organizzazioni in tutto il mondo, per scoprire chi stava producendo lì  e per  fare in modo che vengano ritenuti responsabili per la loro quota di pagamenti dei risarcimenti». Quel che è certo è che  «Quando è avvenuta la tragedia i lavoratori morti e feriti stavano producendo capi di abbigliamento per marchi europei e nordamericani.

Un certo numero di marchi ha già riconosciuto l'esistenza di rapporti con queste fabbriche,  tra cui Primark (Uk/Irlanda), Bon Marche (Uk), Joe Fresh (Loblaws, Canada), El Corte Ingles (Spagna) e Mango (Spagna). Etichette e ordini dell'italiana Benetton sono state ritrovate tra le macerie (anche se Benetton ha smentito qualsiasi legame). Altri marchi sono ancora in fase di identificazione. Questa tragedia ha devastato la vita di migliaia di famiglie. Le lesioni subite da molti di questi lavoratori sono orribili e richiedono cure mediche immediate e a lungo termine. I marchi devono agire immediatamente per assicurare aiuti tempestivi e un adeguato risarcimento».

Campagna abiti puliti è convinta però che ci sia bisogno di ulteriori passi avanti per prevenire futuri incidenti, per questo ha lasciato la petizione via internet Stop The Killing! Demand safety for Bangladeshi workers nella quale si legge: «Dal crollo della fabbrica Spectrum nel 2005, il rispetto della sicurezza degli edifici e delle norme antincendio è stato ripetutamente chiesto ai marchi che si riforniscono in Bangladesh.

Questi non possono più nascondere le loro responsabilità per l'inerzia dimostrata nell'evitare che queste tragedie si verifichino. Non vi è alcuna ragione che giustifichi ulteriori ritardi nella firma del Bangladesh Fire and Building Safety Agreement. Da quando sono morti 112 lavoratori nell'incendio della Tazreen, i marchi hanno fatto proposte deboli e insufficienti per affrontare il tema della sicurezza degli edifici e delle norme antincendio, come i filmati (H&M), la scuola (WalMart) e alcune loro iniziative. Quanta sicurezza può garantire un video quando gli edifici crollano o le uscite di emergenza non esistono? I lavoratori hanno bisogno di soluzioni strutturali per mettere fine a queste condizioni di lavoro insicure. La firma del Bangladesh Fire and Building Safety Agreement e la collaborazione con i sindacati bengalesi sono i primi passi essenziali. Questo accordo, costruito da sindacati bengalesi e internazionali insieme agli attivisti dei diritti del lavoro, porterà a ridurre sensibilmente l'esistenza di fabbriche trappola come Rana Plaza. Il Bangladesh Fire and Building Safety Agreement comprende ispezioni indipendenti negli edifici, formazione dei lavoratori in merito ai loro diritti, informazione pubblica e revisione strutturale delle norme di sicurezza. È un'operazione di fondamentale trasparenza che deve essere sostenuta da tutti gli attori principali bengalesi e internazionali».

Per firmate la petizione di Clean Clothes campaign:

http://www.cleanclothes.org/action/current-actions/rana-plaza

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