[27/03/2012] News

Oltre il Pil, economia e filosofia insieme per lo sviluppo sostenibile

Prosegue di gran lena l'impegno dei 2500 tra scenziati, politici, imprenditori e giornalisti riuniti a Londra alla corte dell'importante conferenza internazionale "Planet under pressure. New knowledge towards solutions". La conferenza, uno degli appuntamenti caldi attorno ai temi della lotta ai cambiamenti climatici e della sostenibilità ambientale (prima dell'attesa conferenza delle Nazioni unite Rio +20 di giugno), ha aperto i battenti ieri - come già anticipato da greenreport.it - e si concluderà questo giovedì.

All'interno di questo importante evento l'aria che si respira parla della necessità, sempre più sentita, d'istituire un efficiente sistema di governance ambientale internazionale perché ‹‹le società devono cambiare rotta attraverso una trasformazione radicale delle pratiche esistenti›› - come sintetizza Frank Biermann, della VU - University Amsterdam, nelle parole riportate da Adnkronos - auspicando un ‹‹momento costituzionale›› per progettare e mettere in campo il cambiamento.

Mentre si mira a potenziare la cooperazione a livello internazionale per difendere l'ecosistema globale (e soggetto ad attacchi altrettanto globalizzati, ma altrimenti difeso da norme nazionali o da accordi internazionali però troppo spesso labili), la sensibilità dei governi nazionali cerca di supplire alle mancanze di vincoli globali con sussulti nelle politiche interne.

Dalla stessa terra in cui si sta svolgendo anche in queste ore la conferenza "Planet under pressure" arriva la notizia - riportata dal britannico Guardian - che il governo guidato dal conservatore Cameron sta predisponendo una tabella di marcia con lo scopo di sviluppare, da qui a due anni, una "National Eco-System Assessment", ovvero una stima riguardo il valore degli ecosistemi nazionali e dei servizi da essi forniti (acqua ed aria pulita, ad esempio), in modo da includere valutazioni più precise del capitale naturale e dare strumenti più efficaci ai decisori pubblici e agli enti locali ‹‹per integrare i fattori ambientali nel loro processo decisionale, al fine di migliorare la tutela della biodiversità e di altri "servizi ecosistemici"››, come ha avuto modo di spiegare Caroline Spelman, il segretario di stato per il Dipartimento delle politiche ambientali, agricole ed alimentari.

Questo passo avanti del governo britannico si inserisce nel più ampio - e sempre più vivo - dibattito attorno alla necessità di una efficiente ed efficace contabilità ambientale (che tenga precisamente conto dei flussi di materia ed energia che circolano all'interno dei nostri sistemi economici) e, per inciso, di una valutazione del benessere che vada oltre alla logica economicistica tutta legata alla corsa (o alle brusche discese) del Pil.

Il capitale naturale - nient'affatto perfettamente sostituibile da quello artificiale, come propugnano i sostenitori della crescita materiale esponenziale ed infinita - la sua tutela ed il suo sviluppo rappresentano un tassello fondamentale di questo benessere, insieme al capitale umano, culturale e sociale di una comunità. E, pur andando ben oltre ad un semplice contributo in termini monetari ma incidendo profondamente in termini di qualità (e sostenibilità) di vita, capitale naturale, umano e sociale sono pur sempre motori imprescindibili anche per chi sceglie di concentrarsi sul solo sviluppo economico di una società.

‹‹Investire sulla cultura è l'unica strada percorribile dal nostro Paese per uscire dalla crisi che, ormai, non è più solo economica, ma investe in maniera profonda e strutturale la radice stessa della nostra società - scrive oggi Angelo Argento sul Sole24Ore - I freddi dati numerici lo dimostrano: il suo indotto, fatto di turismo, nuove imprese, localizzazioni straniere e investimenti esteri, frutta ogni anno al Paese 68 miliardi di euro, il 5% del dato nazionale. Più, ad esempio, dell'intero settore meccanico››.

E sulla stessa opera della fertilizzazione della cultura sul terreno economico, politico e sociale è necessario riporre le speranze per un cambiamento profondo dei nostri paradigmi che definiscono il concetto stesso di benessere, andando appunto ben oltre il Pil. Come scrive la celebre filosofa statunitense Martha Nussbaum in una recente intervista concessa a Massimiliano Panari per la Stampa, ‹‹l'economia era tradizionalmente una parte della filosofia: Adam Smith, John Maynard Keynes e altri grandi economisti del passato erano anche filosofi [...] Dobbiamo, quindi, fare nuovamente affidamento sulla cooperazione tra le due discipline. I filosofi sono necessari per riflettere sulle questioni della giustizia sociale e possono contribuire mediante argomentazioni normative complesse, mentre gli economisti possono fornire il know-how tecnico per arrivare a realizzare gli obiettivi››.

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