[03/07/2012] News

Terre rare, petrolio e gas: l'autogol ideologico dei repubblicani Usa

Mentre la scorsa settimana un giudice conservatore ha permesso che passasse la riforma sanitaria di Barack Obama, i repubblicani alla Commissione  esteri  del Senato Usa stavano praticando una versione dell'"Opposite Day" che, a causa del loro odio per l'Onu e per la rabbia per il successo di Obama, li ha fatti incappare in un errore che li ha messi contro le stesse lobby che li finanziano.

La Commissione esteri era stata convocata per la quarta volta per discutere della ratifica della Convention on Law of the Sea dell'Onu e gli esperti delle corporations chiamati ad esprimere la loro opinione, tradizionali alleati dei conservatori si sono trovati in contrasto con i repubblicani e perfettamente d'accordo con gli odiati democratici. Il trattato sul mare dell'Onu stabilisce i diritti e le responsabilità degli Stati per l'utilizzo e la protezione degli oceani del mondo e prevede norme per il controllo della pesca, l'estrazione mineraria e l'inquinamento, fino ad ora lo hanno ratificato 162 Paesi e gli Usa, come accade spesso, restano l'unico Paese a non aver ancora aderito ed i repubblicani, che hanno la maggioranza al Senato, non ne vogliono sentir parlare. Eppure  gli executives della Chamber of Commerce Usa,  dell'American petroleum institute (Api), della  National association of manufacturers (Nam) e della Verizon Communications hanno  testimoniato che la ratifica della Law of the Sea darebbe un notevole sostegno ai diritti internazionali delle companies americane e consentirebbe loro di espandere le loro imprese offshore e la loro attività economica.

Il senatore repubblicano del Tennessee Bob Corker, mentre ascoltava gli amministratore delegato dell'Api, Jack Gerard difendere un trattato sostenuto dall'amministrazione Obama, ha detto addirittura «Sto facendo un'esperienza extracorporale, sento che dicono che l'amministrazione fa qualcosa per aiutare l'industria petrolifera»,. Ma Gerard ha risposto gelido: «Non ho perso il senso  dell'ironia, ma quello di cui stiamo parlando qui è il futuro del Paese e dove stiamo in una economia globale». E pensare che Gerard si è scontrato più volte con l'amministrazione Obama proprio sulle trivellazioni offshore, la contestatissima pipeline Keystone d per il greggio delle sabbie bituminose e altre spinose questioni.

Thomas Donohue, presidente e amministratore delegato della Chamber of Commerce Usa, uno dei più strenui nemici di Obama, ha detto il 28 giugno di aver contribuito a dare l'ultima spinta per fare in modo che gli Usa aderiscano al trattato Onu sul mare ed il presidente della Commissione esteri del Senato Usa, il democratico del Massachusetts, John Kerry, ha ripetutamente richiamato l'attenzione sul sostegno di Donohue per convincere i repubblicani a deporre le armi.

Donohue in particolare ha respinto le critiche dei repubblicani che dicono che l'adesione al trattato danneggerebbe la sovranità Usa: «Questo trattato promuove la nostra sovranità, codificando i nostri diritti di proprietà nella regione artica e sulla nostra piattaforma continentale. E saranno nostre, la gente sa che sono  nostre e avremo tutto il diritto di difenderla». Per quanto riguarda le royalties che le multinazionali petrolifere e gasiere americane dovrebbero pagare ad un organismo Onu, Donohue ha detto: «La mia risposta a questa domanda è semplice: il Tesoro degli Stati Uniti perderà centinaia e centinaia di miliardi di dollari di entrate reali non fornendo alle aziende la certezza del diritto e la stabilità necessarie per sviluppare l'estensione della piattaforma continentale».

L'Api, munifica amica dei repubblicani fino alla complicità, è preoccupata di assicurare alle multinazionali Usa  l'accesso alle risorse petrolifere e di gas offshore, ma un'altra importante motivazione economica è l'accesso ai minerali ed alle terre rare, gli elementi essenziali per l'elettronica di consumo, la green economy e l'industria militare più avanzata, che si trovano in grandi quantità sui fondali oceanici nelle acque internazionali. Depositi che sono in grado di compensare il monopolio virtuale della Cina sulla produzione di terre e metalli rari (Rem); Secondo il rapporto The Global Supply Chain Marc Humphries presentato l'8 a giugno dal  Congressional research service Usa «Nel 2010 la Cina ha prodotto oltre il 97% dei metalli e delle terre rari del mondo ed è la fonte del 91% della nostra offerta interna».

Le grandi imprese estrattive e manifatturiere statunitensi, come la Locheed Martin, vorrebbero accedere direttamente a queste risorse vitali senza passare sotto le forche caudine dei limiti alle esportazioni messi recentemente dalla Cina e che hanno scatenato una disputa davanti all'Organizzazione mondiale del commercio. Ma l'amministratore delegato della Nam, Jay Timmons, ha osservato davanti al Senato Usa che questo «Si farà solo se c'è una struttura in un luogo che contiene gli accordi riconosciuti a livello internazionale, che assicurano la validità delle dichiarazioni degli Usa. La ratifica potrebbe dare alle imprese la certezza di cui hanno bisogno per sviluppare queste risorse».

Quindi un trattato internazionale che aiuterebbe gli Usa sia a proteggere che ad utilizzare in modo più efficiente le loro risorse oceaniche, sostenuto sia dalle multinazionali che dalle associazioni ambientaliste,  viene tenuto in ostaggio da un piccolo gruppo di iper-conservatori repubblicani e delle loro avversione paranoica all'Onu. Ma i repubblicani approvando questo trattato rischierebbero di abbattere uno dei pilastri portanti della loro ideologia: il trattato è ufficialmente intitolato "United Nations Convention on the Law of the Sea" e tutto quello che ha l'imprimatur dell'Onu viene immediatamente e incondizionatamente cestinato da molti senatori repubblicani. Uno di questi è Jim DeMint, un repubblicano della South Carolina, sfegatato amico delle Big Oil, che però ha detto: che l'Onu «E' inefficace, è uno spreco, c'è corruzione e non c'è grande preoccupazione riguardo al mucchio di sentimento anti-americano».

L'abbaglio ideologico è così forte che i repubblicani  non demordono nemmeno davanti al fatto che l'Onu non ha praticamente alcun ruolo nella gestione, nell'attuazione o nell'esecuzione del trattato sugli oceani: le due parole United Nations che hanno fatto scattare la fobia dei conservatori Usa sono nel titolo della convenzione solo perché il trattato è stato inizialmente negoziato all'Onu. La Convention on Law of the Sea  non prevede la supervisione dell'Onu su ogni aspetto della sua attuazione, crea organismi di gestione distinti, come l'International seabed authority, che disciplinano le operazioni multinazionali nelle acque internazionali, senza un collegamento diretto con l'Onu  che ha scatenato la testarda opposizione dell'ala protezionista e più reazionaria del movimento conservatore statunitense.

L'accecamento ideologico della destra Usa è evidente, come scrivono Ben Bovarnick e Michael Conathan, rispettivamente responsabile energia e direttore della politica per gli oceani del Center for american progress: «I timori dei teorici conservatori della cospirazione sulla presunta spinta delle Nazioni Unite per la creazione di un governo mondiale sono più forti rispetto ai loro legami con le Big Oil, la corporate America e gli appaltatori militari». Il segretario di Stati Hillary Clinton ha detto:«Qualunque argomento fosse stato  presente per ritardare l'adesione degli Usa non esiste più e veramente non può nemmeno essere preso sul serio».  Il mancato sostegno della destra repubblicana a questo trattato sembra uno stupefacente autogol che dimostra ancora una volta che l'opposizione ideologica dei conservatori all'Onu sta mettendo a rischio la pianificazione intelligente dell'utilizzo delle risorse naturali.

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