[10/07/2012] News

L’acquacoltura aumenterà del 30% nei prossimi 10 anni, nel 2018 supererà la pesca di cattura

Pesca ed acquacoltura più sostenibili per garantire la sicurezza alimentare di milioni di persone

Secondo il rapporto "The State of World Fisheries and Aquaculture 2012" pubblicato dalla Fao, «Pesca e acquacoltura sostenibili hanno un ruolo vitale per milioni di persone, nel garantire loro sicurezza alimentare e nutrizionale, e fornire mezzi di sussistenza». La pubblicazione,  resa  nota in apertura della 30esima sessione della Commissione pesca della Fao, evidenzia che «Il settore ha prodotto la cifra record di 128 milioni di tonnellate di pesce per il consumo umano, una media di 18,4 kg pro-capite, fornendo a più di 4,3 miliardi di persone circa il 15% dell'apporto proteico di origine animale.  Pesca e acquacoltura, inoltre, rappresentano una fonte di reddito per 55 milioni di persone». 

Nel 2009, i pesci hanno rappresentato il 16,6% del consumo di proteine ​​animali della popolazione mondiale ed il  6,5% di tutte le proteine ​​consumate. Il consumo di pesce mondiale procapite nel 2021 dovrebbe raggiungere i 19,6 kg, il 16% in più della media del periodo 2009-2011, «Ma il ritmo della crescita rallenterà con l'aumentare dei prezzi».

Ma sarà l'acquacoltura a fare la parte del leone nel futuro sviluppo del settore. La Fao prevede un aumento dell'allevamento di pesci, crostacei ed alghe del 33% nel prossimo decennio: entro il 2018, per la prima volta, i pesci d'allevamento dovrebbero superare i pesci catturati e nel 2021 rappresenteranno il 52% dei pesci destinati al consumo umano. «La produzione mondiale della pesca e dell'acquacoltura è destinata ad aumentare fino circa 172 milioni di tonnellate nel 2021, il 15% rispetto al livello medio del periodo 2009-2011».  Nel periodo del 2012-2021 l'acquacoltura arriverà a produrre 79milioni di tonnellate di cibo in più, rispetto alla crescita del 3% della pesca di cattura: «L'acquacoltura rimarrà uno dei settori in più rapida tra quelli che producono alimenti da  animali».

Il direttore generale della Fao, Graziano Da Silva, ha detto che «La pesca e l'acquacoltura giocano un ruolo vitale nell'economia agricola globale e nazionale. I mezzi di sussistenza del 12% della popolazione mondiale dipendono direttamente o indirettamente da esse. Pesca e acquacoltura danno un contributo di assoluta importanza alla sicurezza alimentare e alla nutrizione: esse rappresentano la fonte principale di proteine animali per il 17% per cento della popolazione mondiale, e quasi il 25% nel caso di Paesi a basso reddito e in deficit alimentare».

«Il commercio mondiale di pesce per il consumo umano è destinato ad aumentare del 25% nel 2012-2021 e le filiere della pesca continueranno ad essere globalizzate, con una quota significativa della produzione ittica totale esportata», dice il rapporto. Nel 2010 la pesca e l'acquacoltura hanno fornito insieme circa 148 milioni di tonnellate di pesce, per un valore di circa 217,5 miliardi di dollari. Nel rapporto si legge che «La produzione ittica da allevamento continua a crescere più velocemente della popolazione, ed è uno dei settori di produzione di cibo animale in più rapida espansione, tendenza che è destinata a continuare. Pesce e prodotti ittici sono a livello mondiale tra le commodity alimentari più commerciate. Dopo un calo registrato nel 2009, il commercio mondiale di pesce e prodotti ittici ha ripreso il suo trend al rialzo, stimolato da una domanda sostenuta, dalle politiche di liberalizzazione del commercio, dalla globalizzazione dei sistemi alimentari e dalle innovazioni tecnologiche». 

Nel 2011 il commercio mondiale ha raggiunto il record di 109 miliardi di dollari e le prime stime per il 2011 indicano un nuovo record intorno ai 125 miliardi di dollari. Il rapporto evidenzia che «E' assai probabile che nei processi decenni si assisterà a grossi cambiamenti a livello di economie, mercati, risorse e condotta sociale, mentre l'impatto del cambiamento climatico farà aumentare l'incertezza di molti settori alimentari, tra cui la pesca». 

Per questo sottolinea «L'importanza del Codice di Pesca Responsabile della Fao e i relativi piani d'intervento e di linee guide tecniche, per riuscire a raggiungere l'obiettivo di un sistema globale di produzione alimentare sostenibile». Il pericolo è quello di un'ulteriore colpo alla piccola pesca artigianale che in tutto il mondo occupa oltre il 90% dei pescatori ed è decisiva per la sicurezza alimentare e nutrizionale, e per l'alleviamento e la prevenzione della povertà. La Commissione Pesca della Fao ha raccomandato di «Sviluppare a livello internazionale linee guida volontarie per contribuire allo sviluppo di politiche che rafforzino la pesca su piccola scala e creino benefici».

Il responsabile del dipartimento pesca e acquacoltura della Fao, Árni M. Mathiesen,  ha fatto notare che «Pesca e acquacoltura stanno dando un contributo decisivo alla sicurezza alimentare e alla crescita economica a livello mondiale. Il settore tuttavia deve fare i conti con non pochi problemi, quali una cattiva governance, regimi di gestione della pesca deboli, conflitti sull'uso delle risorse naturali, e l'impiego persistente di cattive pratiche di pesca e di acquacoltura.  Il settore, inoltre, è ulteriormente indebolito dall'incapacità di incorporare le priorità e i diritti delle comunità di pescatori su piccola scala, dalle discriminazioni contro le donne e dal persistere dell'impiego di forza lavoro minorile».

Per questo la Fao sollecita i governi a impegnarsi per una pesca sostenibile a livello  mondiale. In proposito il rapporto fa notare che «Molti stock marini monitorati dalla Fao rimangono sotto enorme pressione. Stando alle ultime statistiche disponibili, circa il 30% degli stock ittici di mare aperto sono, infatti, sfruttati in eccesso, un leggero calo rispetto agli ultimi due anni, circa il 57% sono pienamente sfruttati (che vuol dire al massimo livello (molto vicino) di una loro produzione sostenibile), e solo il 13% non è pienamente sfruttato. Lo sfruttamento in eccesso non ha solo conseguenze ecologiche negative, ma riduce anche la produzione ittica, che a sua volta causa conseguenza negative a livello economico e sociale. Per aumentare il contributo che la pesca in mare aperto può dare alle economie e alla sicurezza alimentare delle comunità costiere, occorre avviare programmi efficaci di ricostituzione degli stock sfruttati in eccesso».

Le principali minacce che mettono a repentaglio il potenziale della pesca sono la gestione inefficace e la cattiva conservazione degli habitat quindi la Fao ritiene necessaria «Una transizione verso un approccio basato sulle comunità.  Come rilevato alla Conferenza Rio+20, tale cambiamento potrebbe spronare la comunità internazionale a rispondere alle esigenze del presente senza perdere di vista i benefici per le generazioni future».

Riguardo a questo c''è un aspetto  poco conosciuto: anche se le donne rappresentano almeno il 50% per cento della forza lavoro della pesca in acque interne, e in Asia e in Africa Occidentale commerciano fino al 60% ei prodotti ittici, «Il loro ruolo è spesso sottovalutato e trascurato - si legge nel rapporto - Ancora una volta, come riaffermato al Rio+20, l'integrazione di genere, oltre a lavorare per l'Obiettivo di Sviluppo del Millennio di raggiungere l'eguaglianza di genere e dare maggiori strumenti alle donne, è una componente essenziale per alleviare la povertà, raggiungere la sicurezza alimentare e consentire lo sviluppo sostenibile delle risorse ittiche».

Il documento esamina inoltre come si può incrementare la preparazione e la capacità di risposta delle comunità di pescatori ai disastri verso cui sono particolarmente vulnerabili. Mathiesen è convinto che «Per far sì che il settore pesca e acquacoltura cresca in modo responsabile e sostenibile è necessario il pieno coinvolgimento della società civile e del settore privato. Industria e business possono ad aiutare a sviluppare tecnologie e offrire soluzioni, fornire investimenti e dare origine a trasformazioni positive.  La società civile e le organizzazioni non-governative, locali e internazionali, possono invece far sì che i governi rispondano degli impegni presi e che siano ascoltate le voci di tute le parti interessate».

 

 

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