[27/08/2012] News

Dirigismo d'America

Troppo avanti o troppo indietro. Sembra facile stabilirlo quando si cammina, ma nell'analisi politica spesso è solo una questione di prospettive. Così la battaglia elettorale tra repubblicani e democratici in Usa rispolvera lo scontro tra gli animal spirit del mercato e il dirigismo di Stato come se si fosse tornati ai tempi di Ronald Reagan.

Una battaglia di retrospettiva? Dipende dai punti di vista, come dicevamo, perché ai nostri occhi è invece assolutamente attuale e anzi potrebbe anche darsi che ancora una volta un segnale di cambiamento arrivi proprio da quel Paese che è causa di molte delle insostenibilità sociali e ambientali del mondo. Ma andiamo con ordine. Lo spunto è l'intervista che il repubblicano doc Ken Langone (nella foto) ha rilasciato al Sole24Ore, dove sostiene che Barack Obama perderà le elezioni in quanto «è troppo dirigista». Una posizione che lo ha fatto "scadere" di molto agli occhi della business community tanto da averlo praticamente scaricato, dopo averlo ampiamente sostenuto della precedente tornata elettorale.

 

Per capire cosa Langone intenda per "dirigismo" e come questo abbia portato alla rottura con il mondo degli affari non servono grandi interpretazioni: «Credo ci sia una risposta molto semplice - osserva uno degli imprenditori-simbolo d'America nell'intervista al Sole - se qualcuno continua a ripetere in qualunque occasione di esserti contro, come ha fatto Obama con noi imprenditori, è naturale che il sentimento diventi reciproco. Si aggiunga una gestione economica fallimentare, le promesse mancate, l'intrusione strisciante e crescente dello Stato negli affari del mondo privato, la stretta di regole, come quelle imposte dalla Dodd Frank sul settore bancario e si capisce che l'alchimia con questa Casa Bianca è impossibile».

E ancora: «In queste elezioni non c'è solo in discussione questo o quell'aspetto tecnico. Il problema è che questo presidente ha attaccato alla base i valori centrali americani, quelli che poggiano sul capitalismo, sulla propensione al rischio e all'investimento, sullo spirito pioneristico che ci caratterizza da sempre. E per questo perderà: non ha capito che il Paese resta profondamente animato da quei valori». Non solo «Obama non capisce che la maggioranza degli americani che hanno successo vengono da origini umili, non dalla ricchezza, non ha capito che la forza del nostro Paese è nell'impresa privata, non nel dirigismo o nelle mille regole all'europea».

Dunque l'Europa, che ad esempio agli occhi nostri è fin troppo filoamericana almeno nell'aver accettato le (non)regole turboliberiste non solo senza batter ciglio, ma addirittura caldeggiandole con la complicità anche del centrosinistra, dall'altra parte dell'Oceano passa come un continente "dirigista" e quindi anti-business. Questione di prospettive, come dicevamo, ma è un fatto che questi personaggi a capo di multinazionali che si fanno belli dell'essere dei self made man - e alcuni di loro lo sono davvero, non vogliamo tacciarli come millantatori - nel 2008 a crisi scoppiata hanno appoggiato il "dirigista" Obama chiedendogli quindi un aiuto - leggi soldi e nient'altro che soldi - per sopravvivere allo tsunami da loro stessi in qualche modo provocato, per poi oggi - che gli Usa forse intravedono uno spiraglio di uscita - voltargli le spalle per tornare allo status quo. Insomma, il dirigismo va bene a fasi alterne e solo se serve per far tornare tutto come prima.

Lo stesso Mario Platero, autore dell'intervista, sembra quasi incredulo delle posizioni di Langone tanto che lo incalza così: «E l'America in declino per colpa degli eccessi del mercato? Per colpa delle aziende che esportano posti di lavoro? Per colpa della sperequazione? Per colpa di una educazione in crisi che non tiene il passo con le sfide in arrivo dai Paesi emergenti, Bric in testa?» Ed ecco che le risposte si fanno vaghe e  buone solo per la propaganda: «I giorni migliori sono davanti a noi. Vorrei avere 21 anni per poter partecipare alla nuova avventura americana. Si è mai chiesto perché continuiamo ad essere la principale meta per l'immigrazione? Non c'è altro Paese che dà l'opportunità che dà il nostro Paese. La mia storia è una testimonianza diretta. Abbiamo enormi riserve energetiche, invecchiamo meglio di chiunque altro, un settore farmaceutico avanzatissimo, alta tecnologia, grande produttività nelle nostre fattorie. Ma soprattutto abbiamo la grande forza di poter esprimere lo spirito di iniziativa».

Possiamo sbagliarci, ma a noi pare che in quello che dice Langone non ci sia davvero niente di nuovo. È semplicemente la rimasticatura della più potente ideologia che ci ha portato alla situazione attuale: il

neo-liberismo. Non a caso, sentendolo declamare le meravigliose ed inevitabili sorti di progresso che aspettano l'America, più che il sogno americano viene in mente il sogno della società perfetta di staliniana memoria. Quel che mette i brividi è l'assoluta mancanza-incapacità di autocritica e la mistificazione della realtà, perché è la stessa che emerge roboante nella propaganda aggressiva del ticket presidenziale repubblicano Romney-Ryan: business-tecnocrazia condita del più conservatore programma elettorale della storia moderna degli Usa.

Una società governata dai liberissimi  affari e da un oscurantismo sociale ed ambientale che sta tra il medioevo e la prima rivoluzione industriale. Eccoci quindi alla "differenza": nella società che "non vogliamo" c'è spazio solo per i vincenti, quelli che ce la fanno e il resto lo fa il mercato; in quella che "vogliamo" noi c'è una società che aiuta anche le fasce deboli, che si prende cura di tutti secondo criteri di uguaglianza vera (sanità eccellente per tutti; scuola eccellente per tutti, ecc). Nessun freno al genio individuale, purché non si faccia forza sulle spalle dei poveracci e degli ignoranti. Con regole certe per tutti; con una burocrazia chiara e con leggi giuste e non ingarbugliate come quelle di oggi, specialmente in Italia; con uno Stato che sia in grado di orientare la propria industria avendo orizzonti più alti e con una visione più ampia, ovvero quella della sostenibilità ambientale e sociale. Tutto questo è "dirigismo"? Allora che vinca Obama.

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