[14/12/2012] News

Gli indigeni del Perù diventano investigatori ambientali contro l'inquinamento petrolifero

Gps, foto e video per documentare la contaminazione dimenticata della foresta e dei fiumi

La Federación de comunidades nativas del Río Corrientes (Feconaco) è una combattiva organizzazione indigena che rappresenta i popoli Achuar, Urarina e Quichua che vivono nella foresta a nord del Perù, vicino alla frontiera dell'Ecuador e che denuncia: «Noi, popoli indigeni dell'area, stiamo soffrendo da 40 anni per la contaminazione delle compagnie petrolifere che lavorano nel nostro territorio, sversando greggio, acqua di produzione ed altri elementi tossici nei nostri fiumi».

Ma la Feconaco non si è arresa ed ha cominciato a monitorare le attività petrolifere nel bacino del Río Corrientes ed a pubblicare, anche su internet, dettagliati rapporti, con foto ed informazioni sui nuovi sversamenti di petrolio e su altri impatti ambientali.

«Noi achuares, kichwas e urarinas, esigiamo rispetto per le nostre vite, per le piante e gli animali - dice Sandi Mucushua, presidente della Fenaco presentando il Programa de vigilancia territorial ambiental -  Se qui segniamo una pietra miliare nella lotta dei popoli indigeni contro l'inquinamento da idrocarburi e l'abbandono dello Stato, è perché ci prendiamo la responsabilità di dimostrare e riferire al Perù e al mondo che ci stanno uccidendo con il cosiddetto sviluppo dell'oro nero. E lottiamo ancora, mentre le istituzioni statali dicono che va tutto bene, noi popoli ancestrali del Corrientes, vi presentiamo il nostro lavoro di 5 anni di monitoraggio».

Il coordinatore del progetto per gli achuar si chiama  Wilson Sandi  e si occupa soprattutto dei lotti petroliferi 1AB ed 8, sfruttati dalla compagnia argentina  Pluspetrol Norte e,  insieme al suo team di indios equipaggiati di Gps e che scattano foto e girano video, documenta il disastro ambientale in atto nella foresta da diversi anni, ma anche le nuove perdite di petrolio nei laghi, nei torrenti, nei fiumi e nel suolo dai quali dipendono le comunità indigene. Da quando nel 2006 la Fenaco ha avviato il suo programma di monitoraggio ha documentato 120 sversamenti e, insieme ad altre organizzazioni indigene del territorio di Loreto, ha prodotto una vera e propria mappa dei danni ambientali che non ci sarebbero stati se il governo del Perù avesse fatto il suo dovere, disastri di cui non c'è traccia nel registro ufficiale dello Stato. 

Come spiega Milagros Salazar su Tierramérica, «Se si sommano i monitoraggi della Federación indígena Quechua del Pastaza (Fediquep) e della  Federación de las comunidades nativas del Alto Tigre (Feconat), circa 40 di questi ispettori fanno avanti e indietro nei bacini dei tre fiumi. Sono gli occhi allenati elle comunità che accumulano le evidenze tecniche per sostenere le rivendicazioni dei dirigenti indigeni allo Stato ed alle imprese, in un clima di sfiducia». Secondo David Chino, vicepresidente della Fediquep, «Questo è il miglior meccanismo che abbiamo attuato come organizzazioni». Un'altra organizzazione india, l'Asociación Cocama de desarrollo y conservación San Pablo de Tipishca (Acodecospat) è pronta a replicare l'esperienza nel bacino del Río Marañón, dove è evidente l'assenza di controlli dello Stato sulle attività petrolifere.

In 40 anni di sfruttamento petrolifero nella regione di Loreto, il governo del Perù non è stato in grado di produrre un registro aggiornato dei danni ambientali, ma le compagnie petrolifere non sono controllate nemmeno in Amazzonia e nel resto del Perù.  Nel grande Paese sudamericano ci sono circa 9.000 pozzi petroliferi abbandonati, soprattutto nel nord. Circa 6.000 pozzi non sono stati "chiusi" male e continuano ad avere un forte impatto ambientale. Ma secondo Jorge Villar, un ingegnere  dell' Jorge Villar, del Organismo supervisor de la inversión en energía y minería (Osinergmin),« Della lista totale, se ne registrano appena 300 nella foresta». Il problema è che lo Stato non è riuscito ad identificare i pozzi abbandonati nella foresta, «Per questo stiamo facendo quello che dovevano fare da tempo le autorità - dice Sandi a Tierramérica. Con questo sforzo, i leader hanno ottenuto l'attenzione dello Stato e che un gruppo di parlamentari visitasse questa zona a metà anno, elaborando un rapporto allarmato della situazione». 

Dopo le denunce delle organizzazioni indie, le autorità di regolamentazione peruviane hanno avviato un procedimento amministrativo per indagare sul terreno ed elaborare una mappa ambientale dei bacini fluviali di Loreto, con l'obiettivo di attualizzare il registro dei vecchi e nuovi danni.

L'antropologo Peter Rodríguez, consigliere della Fediquep ha spiegato Tierramérica che «Da quando Pluspetrol Norte ha cominciato ad operare nella la zona, non sono stati identificati tutti i danni che si sono avuti con le operazioni della multinazionale statunitense Occidental Petroleum nel lotto 1AB. Per questo non abbiamo potuto esigere che Pluspetrol si assumesse la bonifica di questi danni che ha ereditato e nemmeno l'implementazione di un controllo adeguato delle sue attività». 

Intanto l'elaborazione di un inventario dei danni ambientali è congelata perché l'Osinergmin e l'Organismo de evaluación y fiscalización ambiental (Oefa) non risolvono chi debba assumersi questo compito, previsto per legge. «Per uscire da questo limbo burocratico - dice Sandi - stiamo lavorando per le nostre comunità. Prima l'impresa poteva dire: "questa foto può essere stata fatta in Ecuador? Dove sarà? Però ora tutte le foto ed i video sono registrati con le coordinate». 

Nel 2006 Pluspetrol Norte firmó con la Feconaco e il governo regionale di Loreto l'Acta de Dorissa per realizzare lavori di bonifica e di sviluppo, impoegnandosi anche a finanziare il "Pprograma de vigilancia de monitores indígenas". Inoltre la compagnia petrolifera dovrebbe obbligatoriamente integrare fornire informazioni che facilitino il lavoro dei controllori indios.  Le organizzazioni indigene formano costantemente i loro investigatori  in materia di ingegneria ambientale, idrocarburi e norme e gestione delle attrezzature ed oggi dispongono di un aggiornatissimo  database: la sola  Feconaco ha 22.500 file digitali. «Ma il compito è arduo - evidenzia Rodriguez -  Per 15 giorni ogni mese, questi ispettori camminano per chilometri nella giungla fitta per periodi che possono durare più di otto ore al giorno. Inizialmente erano volontari, ma quelli in attività nel bacino del Río Corrientes ricevono una paga simbolica di quasi 300 dollari. Tutti gli ispettori sono eletti dalla loro comunità e, nella maggior parte dei casi, hanno completato la scuola secondaria e la loro età va da 18 a 60 anni. In ogni caso, la consegna è quella non abbandonare il lavoro, consentendo l'accumulo di conoscenza. Questo è importante, perché alcuni giovani ispettori sono stati sedotti dalla Pluspetrol per unirsi ai loro team di monitoraggio, o tentati da nuovi posti di lavoro in città».

Anche per questo i leader indigeni chiedono che il governo regionale riconosca ufficialmente il loro programma e che venga approvata una legge  sul monitoraggio e la sorveglianza ambientale da parte degli indigeni. La prima consultazione preventiva che si terrà in Perù  in applicazione della Indigenous and Tribal Peoples Convention dell''Organizzazione internazionale del lavoro si terrà proprio a Loreto, ed i leader indigeni coglieranno sicuramente l'opportunità di richiedere al governo nazionale di affrontare il degrado ambientale accumulato per decenni.

 

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