[02/01/2013] News

Possiamo ancora essere tutti veri protagonisti del cambiamento

Il 2012 si è chiuso malamente

E' finito il 2012 l'anno in cui le Nazioni Unite hanno riconvocato una grande conferenza sullo sviluppo sostenibile, tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno scorso (www.uncsd2012.org) a 20 anni di distanza dal famoso Earth Summit del 1992 tenutosi sempre a Rio de Janeiro e per questo definita anche Rio+20 e in cui a Doha, a cavallo tra il 26 novembre ed il 6 dicembre scorsi si è tenuta la 18° Conferenza delle Parti (COP) della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (www.unfccc.org), mentre scadeva il noto Protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti.

Entrambi questi grandi eventi si sono conclusi in maniera estremamente deludente con un atteggiamento delle delegazioni governative che hanno fatto trascorrere settimane intere di negoziati per produrre risultati scialbi, privi di coraggio, senza dimostrazione di alcuna capacità innovativa, attendisti. Oggi il mondo si ritrova nuovi documenti, come il testo conclusivo di Rio+20 dal titolo "The Future We Want", che non contengono quegli elementi essenziali capaci di porre le basi per le nuove strade ormai ineludibili da percorrere necessarie a modificare i percorsi abituali dei nostri obsoleti modelli di sviluppo.

In questo stesso anno la comunità scientifica internazionale si è fatta continuamente sentire a livello internazionale per fornire gli avanzamenti delle migliori conoscenze che ormai abbiamo acquisito sullo stato di salute dei sistemi naturali che costituiscono la base essenziale di supporto della vita sulla Terra e quindi della nostra stessa sopravvivenza e per lanciare quindi continui documentati allarmi sull'insostenibilità della situazione attuale. Lo ha fatto con numerosi documenti, rapporti e dichiarazioni dei quali, come sempre, ho dato puntualmente conto nelle pagine di questa rubrica. In particolare lo ha fatto nella grande conferenza internazionale sui cambiamenti globali indotti dall'azione umana sul nostro Pianeta, intitolata appunto "Planet Under Pressure" tenutasi a Londra alla fine del marzo scorso (www.planetunderpressure2012.net) che si è conclusa con un'apposita "State of the Planet Declaration" .   

Il messaggio centrale del mondo scientifico che da decenni si occupa dei cambiamenti globali che il nostro intervento produce sui sistemi naturali è ormai molto chiaro (www.essp.org). Non è più possibile continuare sulla strada sin qui intrapresa, è perciò fondamentale avviare con urgenza percorsi nuovi per il raggiungimento di una sostenibilità globale senza la quale ci sono tutti gli elementi per far sì che si verifichi quanto prima un'emergenza planetaria per la popolazione mondiale senza precedenti. Lo stato delle risorse idriche sul pianeta, delle basi della nostra alimentazione, della ricchezza della vita sulla Terra, la ricca biodiversità che costituisce le fondamenta delle nostre esistenze e che regola tantissime funzioni e mette a disposizioni numerosi servizi di cui usufruiamo quotidianamente, sono tutte messe a serio rischio dal continuo intervento distruttivo operato dall'azione umana.

Avviare una sostenibilità globale è possibile se tutti noi, istituzioni, imprese, società civile e cittadini saremo capaci di impostare le basi per una società che impari finalmente a vivere entro i limiti di un solo Pianeta.  E' evidente che l'impatto umano sui sistemi naturali è determinato dal numero di persone ospitate sul pianeta e dal loro modo di vivere, produrre e consumare ed è altrettanto evidente che non è possibile sostenere gli oltre 7 miliardi di individui e gli oltre 9 che dovrebbero essere presenti entro il 2050 senza importanti modifiche nei nostri modelli di consumo, in particolare di quelli degli abitanti dei paesi ricchi ed industrializzati.

Si tratta certamente di un'impresa colossale che deve assolutamente comportare un nuova impostazione della relazione presente tra i desideri individuali ed il bene comune. Il cambiamento richiede certamente un ambiente sociale favorevole che deve derivare da regole, norme, dimensione e impostazione culturale in cui agiamo (è fondamentale muoversi in quella che il Wwf definisce la prospettiva di un solo pianeta - One Planet Perspective, come illustrato nell'ottimo "Living Planet Report 2012"), dalla stessa forma di governo e delle istituzioni che caratterizzano le società moderne . E' più che mai fondamentale ora bilanciare le libertà individuali con il bene della società e questo dipende soprattutto dall'abilità di operare scelte adeguate sia a livello individuale sia sociale e collettivo, tra il presente e il futuro.

Oggi, purtroppo, lo stesso ruolo del governo è stato sempre più sminuito dalle visioni di figure politiche provenienti da impostazioni sia di destra che di sinistra che hanno cercato di promuovere la crescita economica e di lasciare quanto più possibile libera "la mano invisibile" del mercato. Non si può disconoscere il ruolo fondamentale di un governo come attore principale nella protezione del bene della società e quindi dei suoi beni comuni ed è quindi fondamentale che si sviluppi un'idea di governance capace di rafforzare questo ruolo.

Ormai sappiamo bene che gli sfrenati comportamenti individualistici alla ricerca di gratificazioni materiali a breve termine, base della profonda cultura consumistica che si è ormai estesa a tutte le società del pianeta, finiscono per minacciare il benessere non solo individuale ma anche dell'intera società. E' necessario essere capaci di un buon equilibrio tra i desideri presenti e le esigenze future, anche delle generazioni che verranno.   

Ormai sappiamo bene che ogni miglioramento nell'efficienza tecnologica viene semplicemente annichilito dall'ampiezza della crescita delle aspirazioni e dalla crescita demografica. Il mondo non si potrebbe permettere una pressione sui sistemi naturali con 7, 8 o 9 miliardi di persone che conducessero una vita come quella dei cittadini statunitensi.

Per questo l'impresa che deve condurci verso una sostenibilità globale necessita di uno slancio inusitato, fuori dal comune che nulla a che vedere con i debolissimi risultati delle Conferenze ONU Rio+20 e della 18° Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici di Doha. Ci vuole molto coraggio, capacità innovativa e di visione ed un'azione molto decisiva. E' necessario rimettere in discussione i fondamenti dei nostri stili di vita.

Oggi la società dei consumi è una società globale a tutti gli effetti, un luogo come ricordano Madhav Gadjil e Ramachandra Guha nel loro volume "Ecology and Equity. The Use and Abuse of Nature in Contemporary India" (edito da Routledge) dove vi sono "isole di prosperità e oceani di povertà". Tutto ciò non può continuare ad esistere.

Questa situazione deve essere profondamente modificata. Dal 2013 è veramente necessaria un'eccezionale capacità di cambiare e tutti dobbiamo dare il nostro contributo attivo. Possiamo essere tutti veri protagonisti del cambiamento.

Torna all'archivio