[12/02/2013] News

Acciaio, Tajani: «Senza manifatturiero, senza industria, siamo una potenza commerciale di "cartone"»

«A lungo, abbiamo smarrito e abbandonato quella intuizione iniziale, di puntare su una solida politica industriale. Ci siamo invece illusi nella prospettiva di un'Europa de-industrializzata, basata su terziario e finanza.

Sono serviti quattro anni di crisi finanziaria ed economica - con perdita di decine di migliaia di posti di lavoro - per comprendere che senza manifatturiero, senza industria e senza investimenti nell'economia reale, siamo una potenza commerciale di "cartone"».

E' un dichiarazione molto forte  - e per certi versi dirompente visto l'area politica da dove proviene- quella che stamani Antonio Tajani, Vicepresidente della Commissione europea, responsabile per l'Industria e l'Imprenditoria, ha rilasciato durante la riunione del Gruppo di alto livello sul settore siderurgico in Europa. Una bordata, finalmente anche se tardiva, agli eccessi dell'economia finanziaria e all'ubriacatura postindustriale che ci ha travolto negli ultimi anni. 

«La siderurgia europea - ha detto sempre Tajani - rappresenta 500 impianti produttivi e 360mila lavoratori altamente qualificati. Produrre acciaio in Europa significa, anche, soddisfare gli standard più ambiziosi al mondo in materia di prestazioni ambientali ed efficienza delle risorse, nel contesto di un mercato globale estremamente competitivo. L'acciaio è indispensabile per i bisogni quotidiani. Trasporti, infrastrutture, edilizia, industrie manifatturiere, agricoltura e, persino, l'approvvigionamento idrico, non esisterebbero senza acciaio. E' anche un componente essenziale per le tecnologie che guidano la rivoluzione industriale di un'economia più verde e sostenibile».

Ma i problemi sono tanti e per questo «Serve un nuovo pensiero. Le vecchie idee non sono più adeguate. La siderurgia deve imboccare una nuova strada. La Commissione è pronta a fornire il proprio valore aggiunto in questo processo di transizione. Ma questo camino deve essere percorso a livello europeo, nazionale e delle singole aziende».

Nel breve termine il vicepresidente intravede la possibilità di agire come «ad esempio, gli oneri regolamentari che, ancora oggi, gravano sulla competitività».

Ma il problema è sul lungo termine: «Vi sono coinvolte molte politiche europee e nazionali: ricerca e innovazione, energia, accesso alle materie prime, ambiente, clima, apertura dei mercati e rapporti commerciali. Iniziamo con la politica per il clima, dove l'Europa ha un ruolo importante, poiché rappresenta l'11% delle emissioni di gas a effetto serra del mondo.

Non solo, dobbiamo conciliare l'obiettivo di riduzione delle emissioni nocive con gli imperativi della crescita e della difesa dell'occupazione. Non possiamo più permetterci di avanzare in ordine sparso. La crescità e l'occupazione sono priorità e responsabilità collettive della Commissione e ci deve essere coerenza fra le diverse politiche.

L'efficienza energetica è un obiettivo che esiste da tempo, ben prima che i cambiamenti climatici diventassero un tema globale. Negli ultimi 30 anni, le industrie siderurgiche hanno dimezzato l'energia necessaria per produrre una tonnellata di acciaio.

La siderurgia europea ha dovuto farsi carico di costi supplementari per come è strutturato il sistema ETS. In altri Paesi produttori, invece, le riduzioni tendono ad essere "volontarie", quindi non sono paragonabili.

Applicare soluzioni identiche a tutti, in maniera indiscriminata, non è efficace e non serve. Un approccio settoriale, più calibrato, conduce a risultati più sostenibili e realizzabili.

Dopo 30 anni di riduzione costante del consumo d'energia nella produzione di acciaio, i progressi nell'efficienza energetica stanno toccando una soglia che - una volta raggiunta - sarà difficile migliorare nel breve termine. E' il motivo per il quale sono necessarie tecnologie innovatrici per portare le capacità attuali a livelli superiori e, quindi, centrare gli ambiziosi obiettivi climatici.

Senza queste tecnologie la siderurgia non potrà restare al passo con gli obiettivi di "Europa 2050". Con le tecnologie attuali il settore non è tecnicamente in grado di rispettare gli obiettivi di riduzione di CO2 del 40% entro il 2030, e dell'80% entro il 2050.

Ma dobbiamo fare di più. L'iniziativa, oggi, è in mano agli Stati membri, che devono decidere quanto l'UE potrà spendere in R&S nei prossimi anni».

Impossibile non arriva poi a quello che anche per noi di greenreport.it è «il ema cruciale» ovvero «l'accesso all'energia e alle materie prime». «È una realtà - dice - che molti nostri concorrenti in Medio Oriente, negli Stati Uniti o nelle ex repubbliche Sovietiche, siano avvantaggiati nell'accesso alle risorse naturali e energetiche. Per contrastare questa situazione, la Commissione ha sviluppato una strategia europea sulle materie prime per ridurre questo svantaggio. Lo sviluppo di tutte le politiche europee non potrà prescindere da considerazioni legate all'impatto dell'alto costo dell'energia sulla competitività».

Infine due notizie per quanto riguarda il bilancio dell'Unione (2014-2020): «il vertice dei capi di Stato e di governo tenuto venerdì ha consentito l'incremento di 15 milliardi dei fondi per la ricerca. Inoltre, il Fondo per la globalizazzione verrà mantenuto e, per la prima volta, l'Europa investirà nelle infrastrutture necessarie per lo sviluppo di un vero mercato interno dell'energia. Si tratta di notizie positive per il settore dell'acciaio. Auspico, quindi, che si giunga al più presto a un accordo finale con il Parlamento».

- segue in un altro articolo del giornale di oggi - 

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