[24/10/2008] Acqua

Alluvione in Sardegna, colpa del clima, dell´uomo o della natura brutta e cattiva?

FIRENZE. La giunta Soru ha annunciato ieri lo stanziamento di 6,5 milioni di euro per i primi interventi su viabilità e infrastrutture dopo le eccezionali precipitazioni che hanno interessato la zona di Cagliari e i comuni del suo hinterland occidentale, Capoterra in primis. A questi fondi si dovrebbero aggiungere 20 milioni di euro, che dovrebbero giungere dal Governo centrale successivamente alla dichiarazione dello stato di calamità, richiesta che sarà esaminata nel prossimo Consiglio dei ministri.

Secondo la Protezione civile, il triste bilancio dell’evento di mercoledì conta finora tre morti e due dispersi, mentre le abitazioni interessate da allagamenti sono circa 1500, per 6000 persone coinvolte, anche se finora nessuno ha avanzato richiesta di assistenza alloggiativa. E’ in via di attivazione un centro operativo misto sull’emergenza, che sarà coordinato dalla Prefettura d’intesa con la Regione.

Il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, si è unito alla schiera di chi, ricercando le cause della catastrofe, ha puntato il dito contro un uso smodato e insensato del territorio: «una valanga d’acqua si è abbattuta su un territorio vulnerabile per tutto quello che si è costruito negli anni passati» - ha dichiarato a “Repubblica”. Affermazioni che vanno a sommarsi con quelle del presidente Renato Soru («il territorio deve essere rispettato, governato pensando innanzitutto alla sicurezza dei cittadini, delle loro case, non pensando alla famosa speculazione edilizia come è avvenuto nel lontano passato» - si legge sul quotidiano “La nuova Sardegna”) e del sindaco di Capoterra Giorgio Marongiu, che riferendosi alla precedente alluvione che aveva colpito le stesse zone (1999) ha parlato all’agenzia Agi di un «bollettino di guerra con l’urgenza di risistemare soprattutto le opere idrauliche», e sostenuto che i fondi ricevuti per l’evento di otto anni fa sono stati investiti in opere di messa in sicurezza dell’abitato di Capoterra e del torrente San Girolamo stesso (che è tracimato mercoledì), che non sono state però sufficienti «perchè i lavori vanni rifatti dalla foce fino a monte, come richiesto più volte alle autorità competenti».

Anche Legambiente Sardegna, come già scritto ieri su greenreport, ha auspicato una «riflessione sulla necessità di prevenire il dissesto idrogeologico in Sardegna, ma soprattutto (di) convincere gli Enti locali ad applicare il piano messo a punto dalla Regione». Questo poichè «le prescrizioni delle norme di attuazione fatte dalla Regione, con l’approvazione nel 2004 del Pai (Piano d’assetto idrogeologico) sono state percepite spesso solo come vincolo a qualunque attività edificatoria, per cui l’adeguamento è stato eseguito dai Comuni con grande lentezza e in molti casi perfino ignorato». E oggi si è aggiunto l’Ordine dei geologi dell’isola, che ha parlato di «gravissime carenze in materia di pianificazione e di realizzazione di adeguate opere per le difesa idrogeologica» e di «collasso del sistema di deflusso delle acque» nelle zone colpite.

Ora, durante l’evento di mercoledì (in meteorologia si parla, in questi casi, di una serie di celle temporalesche autorigeneranti) è caduta nella zona una quantità d’acqua che, a seconda delle stime, si aggira tra i 260 e i 370 mm, con un ritmo di caduta di circa 80 mm/ora. Come si può vedere nell’immagine tratta dal servizio agro-meteorologico della Sardegna, la zona colpita sarebbe, secondo le medie pluviometriche, la più secca dell’isola, con medie inferiori a 500 mm/anno. Quindi, e come già scritto in questi giorni sulla stampa generalista, possiamo affermare che in un solo giorno è caduta una quantità d’acqua superiore alla metà di quella che in media bagna la zona in un anno.

Di chi è la colpa per questi danni umani e materiali, quindi? Dell’uomo che ha cementificato coste marine e rive dei corsi d’acqua, senza considerare che in natura la nozione di “evento estremo” non ha senso, ed è sostituita dal concetto di “tempo di ritorno” degli eventi più forti? O forse è colpa dell’uomo a causa dell’influenza che le emissioni dirette e indirette stanno avendo sul clima? O è forse colpa della natura stessa che, capricciosa, decide a suo piacimento dove e come scatenare la furia dei suoi elementi?

Comunque sia, anche la situazione in Sardegna, ancora tutt’altro che in via di risoluzione, evidenzia come sia assurdo porre la linea della crescita economica e quella della tutela ambientale e territoriale su due binari diversi, quasi che la necessità di sviluppo urbanistico sia da considerare un settore separato dalla necessità di protezione della popolazione e dei suoi beni da eventi più o meno “estremi”. Quasi che pensare al guadagno economico immediato possa essere distaccato dal calcolo delle spese di ripristino nelle zone colpite da eventi che – a di là dei cambiamenti climatici - sono in primo luogo causati proprio dal... pensare al guadagno economico immediato. Quasi che ragionare in termini di “tempo di ritorno degli eventi”, e non in termini di “eventi estremi”, sia da attribuire a una concezione errata, o perlomeno di parte, del governo del territorio, e non l’unica concezione possibile, soprattutto davanti all’imprevedibilità e alla potenza degli eventi meteorici, entrambe da molte parti previste in aumento a causa del surriscaldamento climatico.

E intanto ci si prepara, in Sardegna e sulla penisola, alla discesa di una saccatura polare prevista per la metà della prossima settimana, che oltre ad un abbassamento delle temperature dovrebbe portare piogge di notevole intensità e durata, soprattutto sul versante tirrenico.

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