[18/02/2009] Aria

Tutte le bugie sulle centrali a carbone nel dossier di Legambiente

LIVORNO. Le 12 centrali a carbone funzionanti in Italia producono il 14% del totale dell’energia elettrica a fronte dell’emissione del 30% dell’anidride carbonica liberata per la produzione complessiva di elettricità: 42,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica, cioè 3,7 milioni di tonnellate in più rispetto ai limiti dalla direttiva europea sull’Emission trading scheme (Ets), nel 2007. Se dovessero partire anche i nuovi impianti già autorizzati o in corso di valutazione, si aggiungerebbero altri 38,9 milioni di tonnellate di Co2, quasi un raddoppio.

Questi i dati illustrati nel dossier di Legambiente “Stop al carbone 2009” a dimostrare quanto potenziare l’uso del carbone per la produzione di energia elettrica, come previsto dalla politica energetica del nostro governo, sia una scelta sbagliata e controproducente.
Legambiente smonta anche le presunte opportunità offerte da un combustibile che non ha ancora minimamente risolto il suo problema principale, ovvero le rilevanti emissioni di Co2.

Anche le centrali di nuova generazione come quella di Civitavecchia, sottolinea Legambiente, non riescono a scendere al di sotto dei 770 g di Co2 per kWh, quasi il doppio di quello che emette una moderna centrale a ciclo combinato alimentata a gas naturale.
Intanto le altre centrali a carbone attive in Italia continuano a inquinare sforando le quantità di Co2 consentite in base alla direttiva europea Ets, entrata in vigore nel 2005. La conseguenza è che per coprire gli 8,7 milioni di tonnellate di Co2 emessi oltre ai valori consentiti sono già stati scaricati in bolletta 100 milioni di euro.

Quindi non esiste il carbone pulito e il suo utilizzo, né migliorerà la sicurezza energetica dell’Italia, né tanto meno ridurrà le bollette. Oltretutto il costo del carbone è in aumento, dato che a fronte della richiesta è in calo la disponibilità (nel periodo tra il 2000 e il 2007 il prezzo sul mercato europeo ha subito un incremento del 141% e la disponibilità è scesa da 230 a 133 anni) e il suo valore è destinato ad aumentare anche per lo stop a partire dal 2010 agli aiuti di Stato (pari nel 2007 a 3,4 miliardi di euro).
«L’Italia - commenta Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente - sta portando avanti una politica di assoluta retroguardia nella lotta al cambiamento climatico, in direzione opposta a quella fissata dalla Ue con il pacchetto clima energia e a quella recentemente tracciata dal nuovo presidente degli Stati Uniti».

Non solo: «Nuove centrali a carbone – aggiunge Ciafani - aumenterebbero il nostro ritardo nel contrasto al global warming, condannandoci a pagare pesanti sanzioni per il mancato rispetto delle scadenze dei protocolli internazionali e ostacolando gli investimenti in quelle tecnologie verdi che potrebbero invece rilanciare oggi la nostra economia per metterle a disposizione, domani, dei nuovi mercati internazionali».

Tra gli impianti a carbone, attivi oggi in Italia, i più inquinanti per produzione di Co2 risultano Brindisi Sud, di proprietà Enel (14,2 milioni di tonnellate di Co2 a fronte di un limite Ets di 13,4), la centrale ex Endesa, oggi E.On, di Fiume Santo (Ss) (4,3 milioni di tonnellate, +0,7 rispetto al limite Ets) e l’impianto Enel di Fusina (Ve) (4,2 milioni di tonnellate, -0,6 rispetto al limite Ets).

Per una stima complessiva delle emissioni di Co2, al contributo di questi impianti va aggiunto quello che proverrà dalla centrale di Civitavecchia, di imminente avvio (circa 10 milioni di tonnellate) e degli altri progetti già autorizzati o in corso di valutazione presso la Commissione Via: 4,1 milioni di tonnellate per i nuovi gruppi a carbone della centrale Tirreno Power di Vado Ligure (Sv) e di quella E.On di Fiume Santo; 7,5 milioni di tonnellate della centrale progettata ma non ancora autorizzata a Saline Joniche (Rc); 10 milioni di tonnellate per quella di Porto Tolle, la cui riconversione è in corso di valutazione; 6,7 milioni di tonnellate per quella ipotizzata a Rossano Calabro. Se tutte entrassero in funzione si arriverebbe ad un contributo aggiuntivo di 38,9 milioni di tonnellate di C02, rispetto ai 42,5 emessi nel 2007, da parte della produzione termoelettrica da carbone. Quasi un raddoppio, quando in base alle direttive del pacchetto 20-20-20 tra il 2013 e il 2020 tutti gli impianti industriali europei, comprese le centrali termoelettriche, dovranno ridurre le loro emissioni del 21% rispetto a quelle del 2005.

Torna all'archivio