[21/09/2007] Comunicati

Il futuro della scienza interessa solo a Veronesi?

LIVORNO. Giunta al suo terzo giorno, la Conferenza mondiale sul futuro della scienza in corso a Venezia resta legata – mediaticamente parlando - soprattutto alle epistole che il buon Umberto Veronesi scrive ai giornali. E’ lui infatti l’anima dell’iniziativa organizzata per l’appunto dalla sua Fondazione. Il battage pubblicitario, tutto fatto in casa, è cominciato ovviamente prima della conferenza (intitolata quest’anno “La sfida dell’energia”) e con una serie di articoli (e qualche intervista) scritti tutti dall’oncologo di fama internazionale. Obiettivo? Mettere fra le alternative al petrolio e agli idrocarburi anche il nucleare.

All’evento partecipano tra gli altri Carlo Rubbia e Zhores Alferov (due premi Nobel), James Lovelock e altri esperti e scienziati di chiara fama. Il punto di partenza è che i combustibili fossili sono molto dannosi e le energie rinnovabili costano ancora troppo, per cui servono più alternative: ergo, ripensare al nucleare. Noi non sappiamo – visto il poco che anche sulle agenzie di stampa è stato battuto circa questi primi due giorni di convegno – quale sia esattamente il dibattito in corso, ma se quello che è emerso è quanto scrive (manco a dirlo) lo stesso Veronesi oggi su la Repubblica, ci pare un po’ pochino.

La prima affermazione pro-nucleare di Veronesi è questa: «Cosa dice in realtà la scienza sull’energia? Prima di tutto che è scritto nella storia che l’epoca del petrolio e i suoi derivati è finita perché i fossili (dalla cui combustione il petrolio deriva) sono una risorsa limitata, che si esaurirà nei prossimi 40-50 anni». Se questo è vero, come è vero, Veronesi dimentica però che la scienza ci dice anche un’altra cosa: che le riserve di uranio (con il quale attualmente si produce l’energia nucleare) sono ‘finite’ (nel senso che non sono rinnovabili) e che quindi se la produzione di energia nucleare dovesse aumentare lo sarebbero ancora di più (finite).

Certo, si può domandare con ragione, chi può affermare che non ci siano altri giacimenti di uranio non ancora scoperti? Nessuno, però va dimostrato anche il contrario e comunque parliamo di quello che sappiamo ora.

Altro punto focale del ragionamento di Veronesi: «Il vero dibattito di questi anni riguarda le scorie, per le quali la scienza sta studiano soluzioni sempre più efficaci». Allora, seguendo il suo ragionamento, se le stanno studiando, le soluzioni, significa che non le hanno ancora trovate. E quindi, parafrasando l’appello di Veronesi, quale voce della scienza la politica dovrebbe ascoltare o no?

Quella che dice che un giorno risolverà ogni problema? Giusto allora aspettare e discutere queste risposte quando saranno provate scientificamente e poi valutare l’intera questione. Valutando – come abbiamo detto anche nell’edizione di ieri di greenreport – se si vuole investire come Paese Italia nella ricerca sulle centrali di IV generazione, quanti fondi questa decisione toglierebbe alla ricerca sulle altre fonti rinnovabili.

Ci dispiace però che questo evento, anche con una impostazione opinabile, non trovi spazio sui giornali come meriterebbe visto che magari nel dibattito potrebbero emergere (o essere già emerse) anche questioni diverse da quelle che – non ce ne voglia Veronesi – lui pone unilateralmente. Segnaliamo infatti che in un altro dei pochissimi lanci di agenzia che abbiamo trovato si parla invece di una cosa piuttosto interessante e che riguarda i biocarburanti. Dice il biologo Micael Bevan del John Innes Centre di Norwich e vicepresidente della European Plant Science Organisation : «L´obiettivo europeo di ottenere il 20% del carburante per il trasporto da fonti alternative al petrolio può essere raggiunto con il contributo delle piante».

«Politici e opinionisti - ha osservato Bevan - non si rendono conto del potenziale enorme delle piante per risolvere il problema della sostenibilità e sicurezza delle fonti di energia». Secondo lo studioso, proprio le piante che nel tempo vanno a formare le riserve di carbone e petrolio, il cui utilizzo intensivo ha disturbato l´equilibrio dei gas atmosferici, possono offrire soluzioni importanti: la ricerca sta sviluppando piante per la produzione di biocarburanti, per evitare di sottrarle alla produzione alimentare.

«Le piante utilizzate fino ad oggi - ha poi aggiunto Chiara Tonelli, segretario generale della Conferenza e docente di genetica alla Statale di Milano - hanno mostrato limiti in fatto di efficienza. Al momento le biomasse coprono meno dell´1 per cento delle esigenze energetiche per i trasporti, sostanzialmente perché utilizziamo specie che sono state selezionate da millenni pensando alla resa alimentare. Occorre ora selezionare piante a basso impatto ambientale. Stiamo studiando altre specie come il Miscantus, che e´ un´erba perenne, o il pioppo e la robinia, alberi - ha concluso - che richiedono una manutenzione limitata e possono rivelarsi più adatti alla produzione di biocarburanti».

Non ci sembrano questioni banali queste, visto i ben noti ‘effetti collaterali’ che i biocarburanti stanno provocando a livello ambientale e sociale e le discussioni che si stanno facendo nel merito in tutto i mondo. Speriamo di essere smentiti, ma siccome di queste cose oggi non abbiamo letto da nessuna parte, non vorremmo che l’ossessione-atomo avesse in qualche modo oscurato questo interessantissimo tema. Dimostrando ancora una volta (purtroppo) che il mondo scientifico non ha capito quale sia il modo di divulgare in modo più ampio possibile, non le proprie scoperte ma anche le proprie riflessioni, e si affida (o va a rimorchio) di testimonial che hanno sposato quella o quell’altra idea.

Per quanto riguarda la giornata di oggi, l’Ansa riporta la notizia che durante il convegno è stato presentato un sondaggio dal quale emergerebbe che «gli italiani favorevoli all´energia nucleare (37%) hanno ormai praticamente raggiunto la percentuale dei contrari (38%). A vent´anni esatti dal referendum che sancì per l´Italia l´abbandono di questa modalità di produzione dell´energia, oltre un italiano su tre si dichiara favorevole agli investimenti in energia nucleare». Non è dato però sapere quale fossero le domande o la domanda posta agli intervistarti, né il campione…

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