Diga di Gibe III in Etiopia, Survival denuncia Salini Impregilo all’Ocse (VIDEO)

Appello a Mattarella in visita in Etiopia: scongiurare una catastrofe umanitaria e ambientale

[14 Marzo 2016]

Survival International ha presentato un’Istanza all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) contro il gigante del settore ingegneristico italiano Salini Impregilo per la costruzione della conetestata diga di Gibe III in Etiopia che, secondo l’Ong che difende i diritti dei popoli indigeni, è «destinata a distruggere i mezzi di sussistenza di migliaia di persone tra Etiopia e Kenya». A quanto sta accadendo nella valle dell’Omo il 12 marzo ha dedicato un servizio (che pubblichiamo) anche il programma televisivo Scala Mercalli, denunciando che «In Etiopia si sta realizzando la più grande diga d’Africa, il Gibe III. L’impianto servirà per produrre energia elettrica e per irrigare le monocolture di canna da zucchero. L’autonomia alimentare di circa 500.000 persone è a rischio. I popoli della bassa valle del fiume Omo in Etiopia e del lago Turkana in Kenya rischiano di perdere per sempre le loro terre. Il servizio di Rita Rocca per il programma di rai 3 Scala Mercalli denuncia le violenze e i trasferimenti forzosi delle popolazioni della valle dell’Omo».

Survival sottolinea che la diga realizzata dallla multinazionale italiana «Ha messo fine alle esondazioni stagionali del fiume Omo, da cui 100.000 indigeni dipendono direttamente per abbeverare le loro mandrie e coltivare i campi, mentre altri 100.000 vi dipendono indirettamente». Secondo gli esperti, «La diga potrebbe anche segnare la fine del Lago Turkana – il più grande lago in luogo desertico del mondo – con conseguenze catastrofiche per altri 300.000 indigeni che vivono intorno alle sue sponde».

Survival denuncia ancora una volta che «Salini non ha chiesto il consenso della popolazione locale prima di avviare i lavori di costruzione della diga, e ha inoltre affermato che i popoli sarebbero stati compensati delle loro perdite grazie a esondazioni artificiali. Tuttavia, la promessa non si è mai concretizzata e migliaia di persone ora rischiano di morire di fame».

Inoltre, la regione interessata dalla diga, che è considerata la  culla dell’evoluzione umana, è anche un’area che ospita una biodiversità eccezionale, due siti dichiarati Patrimonio dell’umanità dell’Unesco e 5 Parchi nazionali. La settimana scorsa il responsabile dell’Agenzia keniota per la Conservazione ha dichiarato che la diga sta provocando «uno dei peggiori disastri ambientali che si possano immaginare».

Il premier italiano Matteo Renzi ha visitato il cantiere di Gibe II nel luglio e ha detto alla Salini Impregilo: «Siete una delle aziende più forti al mondo per le infrastrutture, la numero uno per le dighe; capace di innovare, di costruire, di seminare pezzi di futuro. Siamo orgogliosi di voi, di quello che fate e di come lo fate». Ma il direttore di Survival International, Stephen Corry, ricorda al nostro presidente del consiglio che «Eppure, Salini ha ignorato evidenze schiaccianti, ha fatto false promesse e ha calpestato i diritti di centinaia di migliaia di persone. A migliaia ora rischiano di morire di fame perché la più grande e famosa impresa costruttrice italiana non ha pensato che i diritti umani meritassero il suo tempo e la sua attenzione. Le conseguenze reali della devastante concezione che il governo etiope ha dello ‘sviluppo’ del paese – vergognosamente sostenuta dalle agenzie per lo sviluppo di nazioni occidentali tra cui Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti – sono sotto gli occhi di tutti. Derubare della loro terra popoli largamente autosufficienti e causare ingenti devastazioni ambientali non è ‘progresso’: per i popoli indigeni è una sentenza di morte».

Corry si riferisce ai due rapporti frutto di due missioni nella Valle dell’Omo dei principali donatori di aiuti all’Etiopia – tra cui il Dipartimento britannico per lo Sviluppo Internazionale (DFID), l’USAID, l’Unione Europea e l’Italia – inviate nel 2014 per verificare se le tribù dell’area fossero state realmente costrette a lasciare le loro terre per far spazio alle piantagioni industriali. Nonostante gli obblighi imposti dal Freedom of Information Act, le autorità britanniche si erano rifiutate di rendere pubblici i rapporti perché la loro  divulgazione avrebbe pregiudicato le relazioni internazionali. Survival, si è quindi appellata alla Commissione Europea, che li ha finalmente resi noti. Dai due rapporti emerge: «che il governo etiope non ha ottenuto il consenso delle tribù della bassa valle dell’Omo al reinsediamento; che per costringere le tribù ad abbandonare le loro terre, il governo è ricorso a pressioni e minaccie, facendole in alcuni casi anche temere per le loro vite; che un gruppo indigeno ha detto ai donatori, “Prima che possiate tornare l’anno prossimo, il governo verrà a ucciderci e a finirci”; che l’accaparramento di terra associato alle piantagioni su larga scala impedisce alle tribù di accedere ai pascoli e alle terre d’allevamento ancestrali da cui dipendono per sopravvivere, e alle rive dei fiumi di cui hanno bisogno per coltivare; che in merito alle condizioni di vita in uno dei villaggi di reinsediamento visitati, il rapporto afferma: “La loro situazione durante la nostra visita era deplorevole; a causa dell’assenza di servizi igienici, gli abitanti dei villaggi soffrono di malattie come diarrea emorragica, malaria e mal di testa aspecifici… Nonostante le terribili circostanze riscontrate a ‘X’ [nome del villaggio cancellato], i residenti affermano che il governo non permette a questo gruppo impoverito e vulnerabile di andarsene”; che le linee guida definite dagli enti donatori per garantire che il reinsediamento rispetti la legge internazionale sono state regolarmente ignorate».

Il Presidente della Repubblica Italiana, Sergo Mattarella, è in visita in Etiopia fino al 17 marzo e Survival chiede di inviargli una e-mail  per chiedergli di «Usare la sua influenza per garantire che Salini e il Governo etiope facciano tutto il possibile per scongiurare un’autentica catastrofe umanitaria e ambientale, e per tutelare i diritti dei popoli indigeni della bassa Valle dell’Omo».

Videogallery

  • SALVATE LA MIA TERRA - servizio di Rita Rocca - Scala Mercalli

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