Presentato il nuovo dossier di Legambiente

Il 60% dei fiumi e dei laghi non è in buono stato

La proposta: le microplastiche devono rientrare tra i criteri di valutazione del buono stato delle acque

[5 Giugno 2020]

Come prima più di prima, l’effetto lockdown non ha fermato se non per poche settimane l’inquinamento dei nostri fiumi e laghi e conseguentemente mari.

Lo grida con forza Legambiente nel suo nuovo dossier H₂O – la chimica che inquina l’acqua, che svela i contaminanti chimici nei corpi idrici, sottotitolato: 46 storie di ordinaria follia sull’inquinamento delle acque in Italia.

L’associazione ambientalista vuole anche rilanciare alcune sue proposte: le microplastiche devono rientrare tra i criteri di valutazione del buono stato delle acque interne.

Serve, inoltre, dare spazio all’innovazione tecnologica e ridurre drasticamente l’uso di sostanze di sintesi pericolose in agricoltura. Per farlo occorre approvare i decreti attuativi della Legge 132/2016 che ha istituito il Sistema Nazionale a rete per la Protezione Ambientale (SNPA), consentendo di potenziare, uniformare e migliorare i controlli sul territorio incidendo sulla prevenzione dall’inquinamento.

I dati raccolti valgono più delle parole: nella Penisola circa il 60% dei fiumi e dei laghi non è in buono stato e molti di quelli che lo sono non vengono protetti adeguatamente.

Studiano i numeri dell’E-PRTR (European Pollutant Release and Transfer Register), l’associazione ambientalista calcola che dal 2007 al 2017 gli impianti industriali abbiano immesso, secondo le dichiarazioni fornite dalle stesse aziende, ben 5.622 tonnellate di sostanze chimiche nei corpi idrici.

Che sicuramente tre mesi di stop alle produzioni non possono aver che soltanto appena appena scalfito.

Legambiente ricorda che la corretta gestione e la cura della risorsa idrica devono essere una priorità del Paese insieme alle bonifiche e al rafforzamento della Direttiva Quadro Acque, per mantenere gli obiettivi senza nuovi slittamenti e sotto la revisione degli Stati membri.

E lancia inoltre un appello al Governo, affinché una parte considerevole dei mille miliardi di euro stanziati dall’Ue per le politiche ambientali e climatiche finanzi il Green New Deal italiano per favorire il recupero dei ritardi infrastrutturali, l’adeguamento ed efficientamento degli impianti di depurazione e della rete fognaria e acquedottistica, gli interventi di riduzione del rischio idrogeologico.

Dai pesticidi agli antibiotici, dalle microplastiche fino alle creme solari, molte sostanze e composti chimici di quotidiano utilizzo – spiega il Cigno Verde – inquinano i corpi idrici. Solo qualche settimana fa – aggiunge -, l’effetto del lockdown aveva restituito acque più limpide, purtroppo a causa della chiusura di molte attività e non grazie a efficaci politiche e azioni messe in campo per ridurre gli scarichi inquinanti. Il risultato è che con le riaperture l’effetto sembra essere svanito un po’ ovunque.

La Fase 3 per Legambiente deve dunque imporre una ripartenza diversa. A cominciare delle industrie che continuano a perseguire metodi e attività incompatibili con la tutela dell’ambiente e delle risorse idriche in particolare, come dimostrano casi ancora aperti quali gli sversamenti illeciti nel fiume Sarno, in Campania, “il più inquinato d’Europa”, o quello del bacino padano, area di maggiore utilizzo europeo di antibiotici negli allevamenti, i cui residui si ritrovano nelle acque.

Legambiente, tra gli altri numeri, segnala che sono 130 mila all’anno, invece, le tonnellate di pesticidi usate nella filiera agricola italiana (segnaliamo sul tema greenreport.it ieri): secondo l’ISPRA, quantità significative di principi attivi e metaboliti di questi fitofarmaci si ritrovano in acque superficiali (67%) e sotterranee (33%), evidenziando la correlazione fra chimica nelle filiere tradizionali e impatti negativi sul sistema idrico, come sostenuto da sempre anche da Legambiente.

Altro rischio sanitario deriva dai contaminanti nelle attività agrozootecniche: una ricerca pubblicata da The Lancet nel 2018 rivela che in Italia avviene un terzo delle 33 mila morti annue nell’Ue da infezioni da AMR (agenti resistenti agli antimicrobici). Nel 2019 l’Agenzia Europea del Farmaco ha evidenziato un uso di antibiotici sproporzionato nei nostri allevamenti: 1.070 tonnellate all’anno, il 16% dei consumi Ue, con il bacino padano area di maggiore utilizzo europeo.

Il dossier di Legambiente offre quindi uno sguardo sulle possibilità che le innovazioni tecnologiche aprono sulla tutela degli ambienti idrici, come la tecnologia tutta italiana (frutto di una ricerca del Politecnico di Milano) dei Polymer Flakes, microparticelle polimeriche personalizzabili che, a contatto per pochi secondi con una corrente fluida, consentono di assorbire specie inquinanti presenti nell’acqua.

Infine Legambiente lancia per le riaperture della Fase 3, una nuova iniziativa: tutti i cittadini possono denunciare eventuali casi d’inquinamento scrivendo e mandando il materiale alla mail onal@legambiente.it dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità dell’associazione.

Occorrerà indicare il luogo, la data e l’ora dell’avvistamento di chiazze, schiuma o liquami sospetti, accompagnati da foto e/o video per consentire una prima valutazione dei casi e procedere a un eventuale esposto da parte di Legambiente, che si avvarrà della rete legale dei sui Centri di azione giuridica. Sarà inoltre presto online il form per le segnalazioni “SOS Goletta” che accompagnerà le campagne estive di Legambiente Goletta Verde e Goletta dei laghi.