I cambiamenti climatici potrebbero rendere gli tsunami ancora più devastanti (VIDEO)

L’Asia del sud-est è la regione del mondo più minacciata dal cambiamento climatico. Guterres: «Basta carbone e sussidi ai combustibili fossili»

[5 Novembre 2019]

In occasione del World Tsunami Awareness Day, che si celebra oggi, il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha avvertito che «l’innalzamento del livello del mare causato dalla crisi climatica potrebbe rendere gli tsunami ancora più devastanti. I rischi restano immensi: si stima che 680 milioni di persone vivano in delle pianure costiere. Nel 2050, potrebbero essere più di un miliardo».

Il 2019 segna il 15esimo anniversario dello tsunami che colpì l’Oceano Indiano causando la morte di 230.000 persone in 14 Paesi. Dopo quella immensa tragedia, i sistemi di allerta rapida sono molto migliorati, non solo per l’Oceano Pacifico ma anche per l’Oceano Indiano, i Caraibi, l’Atlantico nord-orientale e il Mediterraneo, il che ha già permesso di salvare numerose vite. Guterres ha però aggiunto che «Tuttavia, le perdite economiche sempre più pesanti subite in questi ultimi 20 anni dimostrano bene che non abbiamo pienamente preso coscienza del fatto che bisogna mettere le nostre infrastrutture essenziali al riparo dalle catastrofi naturali».

Secondo l’United Nations office for disaster risk reduction (Undrr), «Nel corso degli ultimi due decenni, gli tsunami hanno rappresentato circa il 10% delle perdite economiche dovute alle catastrofi e che hanno ritardato i progressi in materia di sviluppo».

Guterres evidenzia che «E’ essenziale proteggere queste infrastrutture per evitare che i principali servizi pubblici siano perturbati a causa di tsunami, di sismi o di fenomeni meteorologici estremi«. Le Nazioni Unite sottolineano che «La riduzione dei rischi è una componente essenziale dell’azione condotta per concretizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG)».

Intervenendo al summit dell’ Association of Southeast Asian Nations (Asean) che si conclude oggi a Bangkok, la capitale della Thailandia, Guterres ha detto che «l’emergenza climatica è il problema più importante della nostra epoca. L’Asia, e più in particolare l’Asia del sud-est, è la regione del mondo più minacciata dal cambiamento climatico- la su-regione del sud-est asiatico – più di 620 milioni di abitanti – conosce bene i legami tra la crisi climatica, lo sviluppo sostenibile, la pace e la sicurezza umana. Quattro dei 10 Paesi più colpiti dal cambiamento climatico sono degli Stati membri dell’Asean: Indonesia, Myanmar, Filippine e Vietnam. Questi 4 Paesi, proprio come l’insieme dell’Asia del Sud-Est, si confrontano regolarmente con cicloni e inondazioni. Come dimostrano le ricerche recentemente pubblicate, questa regione è estremamente vulnerabile, in particolare di fronte all’innalzamento del livello del mare, con conseguenze catastrofiche per le comunità che vivono a bassa altitudine».

Oltre ai 4 Paesi più a rischio, all’Asean aderiscono Brunei, Cambogia, Laos, Malaysia, Singapore e Thailandia e Guterres ha ricordato ai leader del sud-est asiatico che «Il 70% della popolazione mondiale che sarà maggiormente colpita dall’innalzamento del livello del mare vive nei Paesi dell’Asean e più ampiamente ne i Paesi della regione Asia-Pacifico. Se il nostro mondo vuole evitare le catastrofi climatiche, deve fare molto di più per rispondere all’appello della scienza: ridurre le emissioni di gas serra del 45% entro il 2030, raggiungere la carbon neutrality entro il 2050 e limitare l’innalzamento delle temperature a 1,5 gradi Celsius entro la fine del secolo».

Guterres ha chiesto con forza che si facciano progressi verso una carbon tax globale (chissà cosa ne pensano Salvini e i suoi camerati e amici di Fratelli d’Italia e Forza Italia che si oppongono anche ai blandi provvedimenti climatici del governo Conte bis?) e che bisogna vigilare affinché «nessuna nuova centrale a carbone venga installata entro il 2020», ma soprattutto ha nuovamente chiesto «La fine della concessione di miliardi di dollari di denaro dei contribuenti a delle sovvenzioni ai combustibili fossili destinate unicamente a stimolare gli uragani, a propagare le malattie tropicali e ad aggravare i conflitti». Anche qui viene da pensare all’arretratezza di una classe politica come quella italiana che difende miserevoli privilegi mentre il mondo procede verso il baratro climatico. Più che di sovranismo bisognerebbe parlare di isolazionismo e di arretratezza politica e culturale che rischia di escludere il nostro Paese da una tendenza– e da una nova economia – internazionale che va da tutt’altra parte.

Il segretario generale dell’Onu si è detto «Particolarmente preoccupato per l’impatto futuro del numero elevato di nuove centrali a carbone ancora progettate in alcune parti del mondo e soprattutto in diversi Paesi dell’Asia dell’est, del sud e del sud-est». Dopo aver ringraziato I Paesi dell’Asea per la loro partecipazione e contributo al Climate Action Summit dello scorso settembre all’Onu, Guterres ha detto di contare sulla loro leadership «perché gli Stati dell’Asia del sud-est prendano le misure concrete necessarie a far fronte all’emergenza climatica mondiale. MA l’azione per il clima non deve basarsi su una sola o su qualcuna delle regioni del mondo. Nello stesso tempo, i Paesi sviluppati devono rispettare i loro impegni a fornire 100 miliardi di dollari all’anno in risorse pubbliche e private entro il 2020 per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad attenuare e ad adattarsi».

A Bangkok Guterres ha visitato il Centenary Park dove è in corso un progetto di mitigazione climatica e ha ribadito che «La dipendenza dal carbone deve essere superata perché resta una grande minaccia in materia di cambiamenti climatici».

Sud-est asiatico, Giappone, Cina, Bangladesh e India ospitano alcune delle zone più vulnerabili al cambiamento climatico. Secondo lo studio “New elevation data triple estimates of global vulnerability to sea-level rise and coastal flooding” citato da Guterres, «La Thailandia rischia di vedere il 10% della sua popolazione vivere in zone inondabili sulla costa a causa di un innalzamento del livello dell’oceano molto più rapido del previsto, a causa del cambiamento climatico».

Il segretario generale dell’Onu ha ricordato che «Secondo questo nuovo rapporto, a meno che noi non possiamo … sconfiggere il cambiamento climatico, nel 2050, i ricercatori hanno stimato che nel mondo 300 milioni di persone saranno inondate dall’acqua di mare. Il cambiamento climatico costituisce la più grande minaccia che pesa attualmente sul pianeta e la questione determinante della nostra epoca».

Guterres ha concluso riaffermando il suo impegno ad «Attirare l’attenzione mondiale sulla necessità di rispettare quel che gli scienziati ci dicono che è necessario fare per preservare il futuro di belle città come Bangkok e di altre che vogliamo proteggere per sempre come patrimonio dell’umanità».

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