Riceviamo e pubblichiamo

La pandemia e la 50esima Giornata mondiale della Terra

Sars-Cov-2, così come altre malattie infettive emergenti, è da attribuire all’alterazione degli ecosistemi da parte dell’uomo: occorre ripensare il nostro rapporto con la Natura

[22 Aprile 2020]

Oggi si festeggia la 50esima Giornata mondiale della Terra per celebrarne la vita e la bellezza e per promuovere la pace. Tale giornata è stata proposta nel 1969 durante la Conferenza dell’UNESCO e inaugurata nel 1970 per sottolineare la necessità della conservazione e salvaguardia delle risorse naturali.

Nel 1990 la Giornata della Terra mobilitò 200 milioni di persone in 141 paesi ponendo l’attenzione sulle questioni ambientali sul palcoscenico mondiale.

Tali attività diedero un impulso enorme alla cultura del riciclo in tutto il mondo e contribuirono ad aprire la strada per il Summit della Terra organizzato dalle Nazioni Unite nel 1992 a Rio de Janeiro.

Nel 2016 si elogiò il primo accordo universale sul cambiamento climatico siglato durante la 21esima Conferenza delle Parti, cd. COP21, il 12 dicembre 2015.

Nel 2020 la pandemia non può che rappresentare un’occasione unica anche per ripensare alle necessità e ai propri bisogni.

L’impatto delle attività antropiche sull’ambiente naturale, infatti, ha determinato la perdita di habitat, la creazione di ambienti artificiali, la crisi climatica e la distruzione della biodiversità.

Anche l’attuale pandemia da Sars-Cov-2, così come altre malattie infettive emergenti, è da attribuire all’alterazione degli ecosistemi da parte dell’uomo, che ne ha modificato la capacità di assorbire o contenere gli agenti patogeni e virali favorendo un incremento delle zoonosi, ovvero trasmissioni potenzialmente infettive tra gli animali e l’uomo.

La rimozione dei naturali filtri, come ad esempio le foreste, tra l’ambiente urbano in continua espansione e la Natura, insieme alla crescita demografica e alle modifiche della struttura della biodiversità indotte dai cambiamenti climatici, stanno mettendo a rischio l’abitabilità di ampie parti del pianeta e, conseguentemente, la sopravvivenza stessa degli esseri umani.

Per affrontare la crisi che ha colpito così duramente le nostre società e le nostre economie occorre ripensare il nostro rapporto con la Natura e transitare da una cultura di consumo eccessivo, basata sull’esaurimento delle risorse, ad una in cui la crescita economica vada di pari passo con la ricostituzione delle risorse naturali.

Lo sviluppo definito entro i limiti delle risorse implica, infatti, che la futura economia debba essere efficiente ed incentrata sulla circolarità, sulla realizzazione di prodotti e servizi prioritari per la società (biomateriali, sostanze chimiche, energia, reintegro dei nutrienti e sostanza organica nei suoli) e, infine, sulla creazione di nuove catene del valore resilienti e locali in grado di promuovere l’utilizzo a cascata delle risorse biologiche e di migliorare l’efficienza dei materiali quali il letame, i rifiuti alimentari ed i residui colturali.

di Ilaria Falconi*

*Tecnico ISMEA presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Consigliere Nazionale SIGEA (Società Italiana di Geologia Ambientale), Consigliere SIGEA (Società Italiana di Geologia Ambientale) Sez. Lazio