Wwf, minacciati benefici ecosistemici per 11 milioni di persone

Trivellazioni, miniere e deforestazione minacciano la metà dei siti patrimonio mondiale dell’Unesco

A rischio anche Delta del Po, Laguna di Venezia e isole Eolie

[6 Aprile 2016]

Oggi il Wwf ha reso noto in tutto il mondo un nuovo rapporto “Tutela delle comunità attraverso la Natura: i Siti Naturali Patrimonio Mondiale come volano per lo Sviluppo Sostenibile” nel quale denuncia che «Circa la metà dei siti naturali appartenenti al Patrimonio Mondiale (World Heritage) siano minacciati da attività industriali di varia natura tra cui esplorazioni di petrolio e gas, attività minerarie e taglio illegale di legname. Il danno è ancora maggiore se si considera che queste aree forniscono servizi “naturali” e sostentamento a molte popolazioni». Circa il 50% di tutti i siti sono minacciati da attività industriali dannose e 114 dei 229 siti sono interessati da concessioni per l’estrazione di petrolio, gas e attività minerarie o sono a rischio per almeno un’attività pericolosa.

Marco Lambertini, direttore generale del Wwf International, sottolinea che «I siti considerati patrimonio Mondiale dovrebbe essere tutelati dal più alto livello di protezione: purtroppo siamo spesso incapaci di salvaguardare questi importanti tasselli del pianeta. Siamo tutti d’accordo sul fatto che questi sono siti unici e preziosi per l’intera umanità, ma è necessario uno sforzo comune per rendere queste aree capaci ancora di provvedere al benessere delle popolazioni e della natura».

Tra le aree inserite nella mappa dei siti minacciati. ce ne sono anche tre italiani: Delta del Po e Laguna di Venezia e isole Eolie, che si aggiungono ad altri siti naturali appartenenti al Patrimonio Mondiale come le barriere coralline del Belize alla foresta pluviale di Sumatra, Coto Donana in Spagna o la Riserva di Selous in Tanzania, il Lago Turkana in Kenya o la Foresta Dong Phayayen_Khao Yai in Tailandia.

Il rapporto, stilato per il Wwf da  Dalberg Global Development Advisors, «mostra come l’insieme dei siti inseriti nella lista IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) contribuiscano allo sviluppo economico e sociale grazie alla tutela ambientale e  segnala anche una mancata protezione di queste aree di grande valore al livello mondiale».

Il numero globale dei siti naturali Patrimonio dell’umanità è di 229  e 197 sono siti naturali, 32 sono considerati “misti” e, in totale,  rappresentano l’1% del sistema globale di aree protette. Oltre il 20%  è minacciata da fattori multipli di rischio. Secondo lo studio, «In 114 siti naturali o di natura mista (che comprendono anche il patrimonio culturale) su 229 si prevedono concessioni petrolifere o di estrazione di gas, concessioni minerarie  o comunque sono minacciati da almeno un’altra attività industriale potenzialmente dannosa. 12 di questi siti si trovano nei paesi dell’Unione Europea e si tratta di aree protette dalle Direttive europee. Sono la foresta Laurisilva di Maderia (Portogallo), il Delta del Danubio, i Laghi Plitvice (Croazia), il Wadden Sea, la Foresta primigenia di faggi sui Carpazi, il magnifico Delta Coto Donana in Spagna. In Italia eventuali incidenti petroliferi potrebbero intaccare alcuni sei siti naturali World Heritage come le isole Eolie, il Delta del Po e la Laguna di Venezia. Uno degli esempi che più ci toccano da vicino, vista l’assonanza della minaccia che incombe su quest’area per il pericolo legato alle attività di estrazione petrolifera, è quello del sistema di barriere coralline del Belize: il benessere di 190.000 residenti che proviene dal turismo e dalla pesca è purtroppo minacciato da diversi fattori come costruzioni lungo le coste, taglio esteso di mangrovie, attività agricole e soprattutto dalla minaccia delle esplorazioni petrolifere.  Al momento le concessioni sono scadute ma il Governo ha espresso chiaramente la volontà di riaprire le concessioni off-shore».

Tra le altre richieste, il Wwf invita il settore privato ad evitare di impegnarsi in attività che possano degradare queste  aree, al settore finanziario perché non investa in progetti potenzialmente pericolosi.

Lo studio rivela che «Sebbene tali aree coprano appena lo 0,5% della superficie del pianeta (oltre 279 milioni di ettari), sono in grado di sostenere ben 11 milioni di persone nel mondo – una popolazione più grande di quella del Portogallo – con benefici che derivano dal turismo, attività ricreative e l’esportazione di risorse; queste aree sono anche rifugio di specie importanti e difendono i territori e le popolazioni dagli effetti globali del cambiamento climatico. Da queste aree si ricava cibo, acqua, riparo, medicine: le popolazioni avrebbero ricadute negative per gli eventuali impatti di attività industriali condotte su larga scala. I siti patrimonio naturale possono giocare un ruolo chiave per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti dalle Nazioni Unite lo scorso anno. Inoltre, il 90% dei siti naturali garantisce lavoro e benefici che vanno ben oltre i loro stessi confini».

I 2/3 dei siti sono cruciali per l’approvvigionamento di acqua e oltre  50% garantisce servizi naturali fondamentali quali la stabilità del suolo, la prevenzione dalle inondazioni e il sequestro di carbonio, in tutto i siti naturali patrimonio dell’umanità stoccano 10,5 miliardi di tonnellate di CO2.

Lambertini conclude: «E’ chiaro che non solo le persone proteggono queste aree, ma sono le stesse aree a proteggere le popolazioni. I Governi e il mondo del business devono anteporre i valori a lungo termine rispetto ai vantaggi immediati e rispettare lo status di questi luoghi incredibili. Dobbiamo voltare pagina rispetto alle attività industriali più pericolose e focalizzarci sulle alternative sostenibili».