Spandimento selvaggio di liquami zootecnici, denuncia di Legambiente alla Commissione Ue

Nel mirino la circolare del ministero delle politiche agricole: «Serve un piano nazionale per fermare gli eccessi degli allevamenti intensivi, trasferendo le risorse europee a beneficio della zootecnia sostenibile nelle aree interne»

[18 Febbraio 2020]

Legambiente è preoccupata per quel che accade ogni anno in Pianura Padana durante la stagione invernale con lo “smaltimento” dei liquami zootecnici: «milioni di tonnellate di materie fecali e liquidi maleodoranti prodotti dagli allevamenti intensivi, soprattutto di bovini e suini, in attesa del momento adatto per essere distribuite sui campi: in inverno la terra agricola non è in condizioni di riceverle, perché satura d’acqua o addirittura ghiacciata, le vegetazioni sono in fase di riposo, e quindi non possono assimilarne i nutrienti, ma le cisterne di stoccaggio inesorabilmente traboccano dei liquidi drenati da stalle e porcilaie sempre più immense».

Ma quest’invero si è aggiunta la circolare alle regioni con la quale, a dicembre, il ministero delle politiche, per venire incontro agli allevatori, ha autorizzato l’impiego di liquami anche nei mesi di dicembre e gennaio, «mesi in cui – ricorda Legambiente – per rispettare la direttiva europea, vige il divieto di spandimento. Con il risultato di produrre immensi sciacquoni, che hanno formato estese paludi maleodoranti e colature schiumose nei corsi d’acqua della “bassa” padana ed in particolare nelle province della Lombardia, la regione più solerte nell’attuazione della circolare ministeriale. Tra gli effetti immediati, oltre alle proteste di residenti e comitati, anche un repentino aumento dei valori atmosferici del PM10 nei giorni centrali di gennaio, uno dei periodi di aria più inquinata del decennio».

E’ proprio questa circolare, che Legambiente aveva invano chiesto di ritirare, che è al centro della denuncia fatta dal Cigno Verde e trasmessa oggi agli uffici della Commissione Europea. Gli ambientalisti contestano «la violazione di ben quattro direttive, in materia di acque, aria, rifiuti e inquinamento da nitrati».

Damiano Di Simine, coordinatore della presidenza del comitato scientifico nazionale di Legambiente, sottolinea che «Gli spandimenti selvaggi che abbiamo descritto nella denuncia alla Ue non possono in nessun caso essere spacciati per pratiche agricole: si è trattato di attività di smaltimento di rifiuti pericolosi su vasta scala, avvenuta con il benevolo assenso del MIPAAF, ma con effetti deleteri per la salute e per gli ambienti acquatici. Non siamo più disposti a tollerare pratiche nocive da parte di una zootecnia che, in Pianura Padana, ha passato il limite. Invece di autorizzare sversamenti di liquami, il MIPAAF dovrebbe predisporre con le regioni un programma nazionale di riduzione dell’intensità di allevamento in Pianura Padana, trasferendo le risorse comunitarie a beneficio della zootecnia sostenibile e delle aree interne. Nella prossima programmazione dei fondi europei per l’agricoltura, se davvero si vorranno perseguire le sfide climatiche ambientali della riforma PAC, occorrerà un deciso taglio ai sussidi dannosi destinati agli allevamenti intensivi».

Legambiente ricorda che «Nelle 4 regioni della pianura Padano-Veneta si concentra oltre l’85% di tutti i suini allevati in Italia, e oltre i 2/3 di tutti i bovini nazionali. Una densità di animali allevati che ha pochi eguali in Europa e che rappresenta, in termini di massa biologica, l’equivalente in peso di 50 milioni di esseri umani, come dire oltre il doppio della popolazione residente. Ma mentre le umane deiezioni vengono intercettate dalle fognature e trattate dai depuratori, per gli animali allevati non c’è alternativa allo spandimento sui campi: una pratica che funziona, quando le quantità sono appropriate e le colture richiedono fertilizzanti. È d’inverno che i liquami diventano un incubo, per gli allevatori che vedono riempirsi le cisterne, ma soprattutto per le popolazioni residenti, che devono sopportare miasmi e inquinamenti, gravi e dannosi per la salute: le deiezioni zootecniche sono all’origine delle emissioni di ammoniaca, gas che si combina con i micidiali NOx per formare sali d’ammonio, che compongono fino al 50% del particolato sottile per cui l’Italia è sotto procedura d’infrazione europea, “per avere omesso di prendere misure appropriate per ridurre i periodi di superamento”. E se rendono l’aria irrespirabile, non va meglio per l’acqua: i composti azotati in eccesso infatti sono all’origine dell’inquinamento da nitrati di fiumi, canali e falde acquifere da cui attingono pozzi e acquedotti, un problema grave al punto da spingere l’Europa, già nel 1991, a promulgare una direttiva per la protezione delle acque da questo specifico inquinamento».

Legambiente conclude ricordando che «Sul fronte degli allevamenti intensivi occorre favorire con decisione la riconversione degli allevamenti intensivi verso progetti che riducano significativamente le densità degli animali per superficie e rispettino il benessere animale, comprese le esigenze etologico/ambientali delle diverse specie allevate».