[12/02/2010] News

Glaxo delocalizza la ricerca e Guna... la fa senza copyright

GROSSETO. Il centro per la ricerca farmaceutica della multinazionale Glaxo Smith&Kline (Gsk) di Verona chiuderà entro il 2010 : lo ha annunciato la stessa azienda come conseguenza di una ristrutturazione aziendale. Gli oltre 500 ricercatori che hanno lavorato sino ad ora in uno dei più importanti centri di ricerca farmaceutici presenti in Italia dovranno lasciare il loro posto molto probabilmente a colleghi cinesi, se le notizie della volontà di aprire un centro analogo in Cina e concentrare là ricerca e produzione verranno confermate dall'azienda stessa.

Gsk ha motivato questa chiusura- ha spiegato Francesco Crespi, un  rappresentante sindacale allibito dalla notizia- con il mancato raggiungimento degli obiettivi negli utili, l'11% anziché il 14% come voluto. Da qui la necessità di risparmiare 300 milioni di euro l'anno e la chiusura del centro ricerche, con la probabile ricollocazione asiatica.

Motivazioni forse troppo semplicistiche e poco veritiere, ma sta di fatto che il centro di Verona sarà chiuso e i ricercatori che vi lavorano dovranno andare a casa. E non sarebbero previste misure «salvagente» per i lavoratori: il risparmio verrebbe infatti spartito per il 75% tra gli azionisti mentre il restante 25% è destinato ad altre attività di riorganizzazione della produzione, secondo quanto comunicato dal gruppo ai sindacati.

Una modalità che non ha gradito il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, che qualche giorno fa ha dichiarato che «Siamo determinati a non accettare imposizioni unilaterali». «È vero che ciascuno ha un proprio ambito di libertà - ha sottolineato Sacconi - però a questa libertà si unisce la responsabilità - Anche noi abbiamo gli spazi di libertà, che va esercitata con responsabilità, e anche noi abbiamo degli spazi di reazione».

Sta di fatto che oltre ai cervelli dall'Italia  se ne va anche la ricerca e non si assiste nemmeno a fenomeni di scambio: anzi se non bastasse la vicenda che interessa direttamente il centro di Verona ci sono anche i dati relativi all'arrivo di immigrazione qualificata in cui il nostro paese è ultimo in classifica in un contesto europeo che non eccelle.

La fiacca che sta conoscendo, ora come non mai, la ricerca nel nostro paese la dimostrano anche le rilevazioni dell'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (Ompi), agenzia dell'Onu  responsabile della procedura unificata con la quale è possibile chiedere la registrazione dei brevetti in più di uno tra i paesi sottoscrittori.

Ammesso che sia quella dei brevetti una misura valida per misura l'entità della ricerca, nel 2009 il numero delle domande è stato di 156mila contro le 64mila dell'anno precedente e l'Italia ha fatto registrare un calo del 5,8%.

Ad eccellere è il Giappone che si contende il vertice della classifica con la Cina e i settori maggiormente gettonati sono quello delle nanotecnologie con un incremento delle richieste di brevetti pari a + 10,2% dei semiconduttori (+10%)e dell'energia(+7,2%).

Ma si può anche investire in ricerca senza dover seguire obbligatoriamente la strada dei brevetti ed ottenere, oltre a risultati eccellenti, anche un buon margine di utili.

E' quanto sta facendo ad esempio la Guna, l'azienda leader italiana nel campo delle medicine omeopatiche, che si è resa disponibile ad assumere almeno una parte dei ricercatori che saranno lasciati a casa dalla Glaxo Smith Kline. A patto però il governo modifichi  subito il quadro legislativo discriminatorio che limita lo sviluppo delle imprese produttrici di medicine complementari e prodotti biologici.

«Da ormai tre anni attendiamo invano che l'Italia applichi la nuova direttiva europea sui farmaci, che stabilisce le regole anche per il settore omeopatico.- dichiara Alessandro Pizzoccaro, fondatore e presidente di Guna- L'Italia rischia una procedura d'infrazione dalla Ue per questo inaccettabile ritardo, e il nostro è l'unico paese in Europa che vanta ancora restrizioni assurde. Non possiamo aprire nuove linee di prodotto, e quindi anche le nostre assunzioni viaggiano al rallentatore».
La Guna, che ha sede a Milano e occupa 250 persone, negli ultimi otto anni è cresciuta in media dell'8% l'anno raggiungendo un giro d'affari di 50 milioni e investe gran parte di questi utili in ricerca. Solo nell'ultimo anno il 15% dei ricavi e dal 2009 sono stati sospesi i brevetti su tutti i  prodotti, che significa che ogni nuovo  farmaco è privo di copyright.

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