[24/03/2010] News

Quanto costa il global warming? Nel sud-est asiatico pił del 6% del Pil

LIVORNO. Il Fondo monetario internazionale (Fmi)  ha reso noto uno studio secondo il quale i Paesi del sud-est asiatico (Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Singapore, Thailandia e Vietnam) sono tra quelli maggiormente colpiti dai cambiamenti climatici che provocano già  perdite economiche enormi e che potrebbero aumentare fino ad oltre il  6% all'anno del prodotto interno lordo.

John Lipsky, first deputy managing director del Fmi, ha detto al giornale economico filippino Bussiness Insight Malaya: «Il sud-est asiatico è una delle regioni più vulnerabili del mondo ai cambiamenti climatici, data la sua lunga linea costiera, la sua concentrazione di persone e di attività lungo la costa, e la sua dipendenza dall'agricoltura e dalle risorse naturali e forestali. Se non si interviene, il Sud-Est asiatico potrebbe perdere l'equivalente del 6,75% del Pil ogni anno fino al 2100, più del doppio della perdita media globale. Chiaramente, la regione deve intervenire per mitigare e adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici. Ma questa è una sfida globale e richiede un approccio collettivo».

Anche recentemente, Lipsky ha invitato la comunità internazionale a fornire davvero le risorse necessarie ad aiutare i Paesi in via di sviluppo a superare la sfida del cambiamento climatico, a cominciare dagli stanziamenti dei 100 miliardi di dollari entro il 2020 promessi dall'accordo di Copenhagen. «Questo è il motivo per cui lo staff del Fmi sta elaborando una proposta per un Green Fund abbia la capacità di ottenere questo importo entro il 2020. L'avvio di un tale schema non sarà facile, perché richiede sussidi e risorse provenienti dai Paesi sviluppati, forse dalle carbon taxes e l'espansione dei meccanismi di carbon trading. Ma il potenziale pay-off è enorme».

Dopo la pubblicazione del rapporto, Greenpeace Southeast Asia ha chiesto al governo di Manila di investire di più nelle energie rinnovabili, sottolineando che i costi economici associati agli impatti dei cambiamenti climatici aggravano ancora di più la miseria del popolo.

In effetti, le Filippine sembrano una calamita per l'intensificazione di eventi ambientali estremi come alluvioni, siccità, incendi boschivi e cicloni che hanno causato catastrofi costate miliardi di pesos. Tra il 1975 e il  2002, i cicloni tropicali hanno causato perdite per 4.578 miliardi di pesos, 3047 miliardi dei quali nel solo settore agricolo. La siccità che ha colpito il sud dell'isola di Mindanao nel 1998, il secondo anno più caldo mai registrato, ha provocato perdite dei raccolti per 828 milioni di pesos e i quattro cicloni tropicali dellla fine del 2004 costarono alle Filippine 7.615 miliardi di pesos.

Secondo il governo quest'anno il fenomeno di El Nino ha già provocato danni alle colture per 8,5 miliardi di pesos, una cifra che potrebbe arrivare fino a 20 miliardi di euro a fine anno. Ma nonostante questo, il governo di Manila prevede una crescita tra il 2,6 e il 3,6% del Pil nel 2010.

Secondo Lipsky, «Anche se l'Asia ha in generale ha un futuro brillante, i Paesi in via di sviluppo necessitano di meccanismi per aumentare la resistenza agli shock, tra cui le crisi di grandi dimensioni associate ai cambiamenti climatici. Per questo i termini del nostro prestito sono più attraenti: zero interessi vengono addebitati sui prestiti agevolati fino alla fine del 2011, e anche al di là di questa data  tassi di interesse saranno più agevolati rispetto a prima».

Il Fmi ha previsto più del doppio del totale delle risorse disponibili  prima per i Paesi a basso reddito: 17 miliardi dollari fino al 2014.  Nel  2009, i fondi impegnati in risorse agevolate a paesi a basso reddito erano 3,8 miliardi dollari, rispetto agli 1,5 miliardi dollari del 2008 ed ai 276 milioni di dollari nel 2007.

I Paese membri del Fmi hanno anche sostenuto un aumento di 250 miliardi dollari per gli Special Drawing Rights, cioè "reserve assets" che possono essere utilizzati a richiesta. Questo significa che  i Paesi a basso reddito hanno a disposizione 18 miliardi di dollari di risorse disponibili per "puntellare" le loro riserve, anche se, come dimostrano anche i casi di Paesi sviluppati come la Grecia e l'Islanda, i morti e i feriti sul campo di battaglia di questa crisi economica e finanziaria probabilmente devono ancora essere contati.

Torna all'archivio