[04/08/2009] News

Ecologia del restauro, Benayas: «Bene, ma non puņ trasformarsi in una panacea»

LIVORNO. Uno degli autori dello studio di cui dà notizia Pietro Greco nell'apertura di oggi di greenreport, James Bullock dal Centre for ecology & hydrology, sottolinea che: «Abbiamo dimostrato che in tutto il mondo i progetti di recupero sono in grado di contribuire a invertire la perdita di biodiversità e di servizi ecosistemici nelle zone degradate da attività umane. Mentre il restauro può contribuire a rovesciare perdite, la ricerca dimostra che per il benessere umano è un fattore critico che vengano conservati intatti gli habitat, la biodiversità e gli ecosistemi che forniscono servizi».

Per Adrian Newton, della Bournemouth university, «Questi risultati evidenziano l'importanza degli approcci al ripristino ecologico per affrontare il degrado ambientale che si è verificato in molte parti del mondo. La ricerca suggerisce che il restauro è in grado di offrire una soluzione "win-win"  per aumentare l'offerta di benefici per l'ambiente e le persone, mentre allo stesso aumenta la biodiversità».

José M. Rey Benayas (Nella foto), il principale autore dllo studio,  mette però in guardia dai facili entusiasmi: «Non bisogna avere una fiducia eccessiva perché questo stesso studio ci indica che come esseri umani non possiamo fidarci ciecamente del restauro ecologico. Non può trasformarsi in una panacea, perché lo studio dimostra che tanto la biodiversità come i servizi ecosistemici di un ecosistema restaurato sono abbastanza inferiori a quelle degli ecosistemi originali; il recupero non è completo e dipende da molte circostanze. Per questo è meglio portare  meno aggressioni al nostro territorio. Penso che lo studio e le sue conclusioni possono essere un segnale per la cosiddetta "economia verde", perché lanciano il messaggio che il ripristino degli vale la pena, offrendo una bottiglia  mezzo piena nel panorama di degrado ambientale in cui è immerso il  mondo. Sono convinto che il recupero degli ecosistemi può essere un motore di sviluppo socio-economico di prima linea per l'economia moderna che esige che le istituzioni, le università, le imprese e la società in generale promuovano  per promuovere la formazione di tecnici in questo campo. Stiamo parlando di un settore che può generare molti posti di lavoro in paesi come la Spagna, dove sono attualmente meno dell'1% del Pil è legato a servizi ambientali e all'ambiente».

Per Benayas  «E' evidente che non si può più tornare indietro: le società occidentali sono consapevoli di dover conciliare lo sviluppo economico con la conservazione e il ripristino degli ecosistemi esigenze, e che questo necessita di incentivi, è chiaro. Da un lato abbiamo il cosiddetto "terzo settore" dell'economia, le attività di tutti i tipi di organizzazioni no profit, che in un prossimo futuro potrebbero svolgere un ruolo più rilevante nella conservazione e il restauro del ecosistemi, e gli incentivi per portare a miglioramenti sono dati come donazioni, sponsorizzazioni o patrocinio. Questo già succede in molti Paesi europei(...)Occorrono inoltre incentivi in altri settori e sono certo che se gli agricoltori riceveranno una qualche forma di motivazione, per esempio attraverso sgravi fiscali, sarebbe molto più disposti al ripristino ecologico nelle loro aziende».

Ma il ricercatore spagnolo é preoccupato per lo stato del pianeta: «Credo che in termini assoluti stiamo peggio rispetto a qualche anno fa, perché continuiamo a consumare molta energia e risorse naturali per mantenere il nostro modus vivendi, soprattutto nei Paesi sviluppati. Però in termini relativi forse abbiamo già passato il peggio: esiste un incremento relativo dell'utilizzo di energie rinnovabili, la legislazione è sempre più esigente riguardo all'uso di materiali tossici o inquinanti, o per il trattamento e il riciclaggio di rifiuti tossici, ed esiste una tecnologia adatta per decontaminare e riutilizzare... e questo ci rende un pochino più ottimisti».

Torna all'archivio