[20/04/2010] News

De Boer: gli obiettivi climatici dell'Ue per il 2020 sono uno scherzo. Troppo greenwashing climatico

BRUXELLES. Mano a mano che si avvicina il suo pensionamento anticipato da segretario esecutivo della United nations framework convention on climate change (Unfccc), Yvo de Boer diventa sempre più loquace e sempre meno diplomatico: qualche giorno fa, in un'audizione al Parlamento europeo, ha detto una cosa abbastanza lapalissiana: l'Ue non è riuscita a convincere i Paesi in via di sviluppo di essere davvero seria quanto parla di global warming, dimenticandosi che anche lui, per il suo ruolo avrebbe dovuto e potuto dare una mano... ma è evidente che de Boer, prima di andarsene, si sta levando alcuni macigni dalle scarpe: al termine del summit di Copenhagen disse che l'accordo raggiunto rappresentava un passo avanti, oggi dice che «I negoziati climatici dell'Onu a Copenhagen l'anno scorso sono stati dominati da un sentimento di sospetto» ed ha criticato un accordo vago, che avrebbe deluso l'Europa perchè non contiene nessun impegno concreto per ridurre le emissioni di gas serra.

Secondo il segretario uscente dell'Unfccc «Per molti versi, la lentezza di questo processo può spiegarsi con il sentimento di sospetto, in particolare da parte dei Paesi in via di sviluppo. Semplicemente non esiste la fiducia». Poi de Boer ha messo il dito nella piaga : l'Unione europea fa riferimento sistematicamente agli obiettivi del suo pacchetto clima-energia 20-20-20 (che il nostro governo provò a contrastare e che il nostro Senato considera eccessivi ed inutili) per ridurre entro il 2020 del 20% le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990, presentandoli come i più ambiziosi al mondo, ma per l'ormai quasi ex capo dell'Unfcc questi obiettivi sarebbero fin troppo facili da raggiungere, per questo i Paesi in via di sviluppo sarebbero così sospettosi : credono che si tratti solo di una cortina fumogena per sfuggire ai veri e dolorosi tagli necessari.

«Molte delle discusssioni che avete in Europa non sono molto private - ha detto de Boer agli allibiti europarlamentari - E il resto del mondo sa che la Commissione europea ha detto ai Paesi dell'Ue che arrivare ad una riduzione del 20% è facile e che puntare al 30% non rovinerebbe l'economia europea. Quindi i Paesi del resto del mondo si pongono una domanda: se questo è vero, perchè il calo del 30% ormai non è più sul tavolo?». EurActiv spiegava già tempo fa: «Benché l'Ue nel suo insieme dovrebbe superare il suo obiettivo collettivo di riduzione di emissionifissato dal Protocollo di Kyoto, un recente rapporto dell'Agenzia europea per l'ambiente ha diomostrato che i vecchi Paesi dell'Ue a 15 non raggiungeranno i loro obiettivi senza nuove politiche o crediti di compensazione».

Le parole di de Boer hanno scatenato subito gli ambientalisti: Stefan Singer, del Wwf, ha detto che «L'Ue raggiungerà facilmente il suo obbiettivo del 20% per il 2020, grazie soprattutto alla deindustrializzazione che ha avuto luogo negli ex Stati sovietici dopo la caduta del comunismo ed ai progetti di compensazione nei Paesi in via di sviluppo. Inoltre, le emissioni sono diminuite significativamente l'anno scorso, dell'11%, a causa della recessione economica, facendo dell'obiettivo del 2020 qualcosa ancora più facile da raggiungere».

Eppure, come dimostrano anche i continui voti ecoscettici dei senatori Pdl in Italia, nell'Europa a 27 la decisione di adottare l'obiettivo del 30% per il 2020 provoca forti divisioni e resistenze, con i Paesi dell'Europa dell'Est che chiedono che l'Ue aspetti prima di sapere quali saranno gli impegni degli altri Paesi del mondo. L'Italia li spalleggia (e a volte li capeggia) al contrario delle Commissione europea e della maggioranza degli Stati più sviluppati dell'Ue, come Gran Bretagna, Danimarca, Olanda e Svezia che dicono che l'obiettivo del 30% favorirebbe l'uscita dalla crisi, la green economy e l'innovazione, creando nuovi posti di lavoro ed aumentando la competitività dell'Ue.

«Se l'Europa crede veramente al futuro della crescita economica verde, allora questi obiettivi sono indispensabili per pervenire a questo senso di cambiamento di direzione», ha detto de Boer, che poi ha aggiunto un'altra sorprendente precisazione: «la dotazione di 100 miliardi di dollari all'anno di aiuti climatici che i Paesi industrializzati hanno promesso alle nazioni povere a Copenhagen costituisce un altro elemento di discordia. E questo sarà un greenwashing climatico o un vero finanziamento aggiuntivo? Vale a dire: l'assistenza allo sviluppo ribattezzata come fosse aiuto climatico. Il denaro che era originariamente destinato all'eradicazione della povertà divernta ormai, come per magia, del denaro per il cambiamento climatico».
Per superare questi fondati sospetti, de Boer ha proposto che siano i Paesi in via di sviluppo ad essere responsabili della gestione degli aiuti : «Quel che mi piacerebbe veramente vedere, è che queste somme molto importanti di liquidità fossero distribuite secondo le priorità di questi Paesi piuttosto che secondo quelle dei donatori». Secondo quanto scrive EurActiv de Boer ha proposto che la Cop 16 dell'Unfccc di Cancun istituisca un meccanismo di governance finanziaria per dare ai Paesi in via di sviluppo il reale controllo sui dollari e gli euro destinati teoricamente a mettere in priedi la loro crescita sostenibile e verde.
De Boer ha detto agli europarlamentari che i sospetti dei Paesi poveri sono sostenuti dai fatti «Le nazioni industrializzate hanno dimostrato poca volontà per quel che riguarda il rispetto dei loro obiettivi di riduzione delle emissioni nel quadro del Protocollo di Kyoto che termina nel 2012. Il primo sospetto trova la sua fonte nel fatto che, anche se l'Europa nel suo insieme è sulla buona strada per rispettare i suoi impegni nel quadro di Kyoto, ci sono dei Paesi all'interno dell'Ue che conoscono qualche difficoltà, almeno per il momento, nel raggiungere i loro obiettivi di Kyoto.

 

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