[12/01/2011] News

Brave new ecological world

LIVORNO. Sarà che oggi è un giorno pari, oppure è in corso chissà quale coincidenza astrale, ma sta di fatto che il Sole24Ore di stamani che nella sostanza dà ragione in due editoriali alle conclusioni di Prodi (sì, proprio Prodi) sull'esigenza di una governance mondiale dell'economia sono un fatto da non far cadere nel nulla. Almeno dal nostro punto di vista, che di questa idea - anche se ormai siamo andati anche oltre - ne abbiamo fatto un cavallo di battaglia fin dalla nostra prima uscita, ormai più di cinque anni orsono.

Ma andiamo con ordine. Scrive Martin Wolf in prima pagina ne "La fine del mondo? Aspettiamo il 2112" che «Secondo un'analisi dell'Ocse, la convergenza sta cambiando l'equilibrio globale dell'offerta e della domanda delle risorse. Ciò è evidenziato dai recenti rialzi dei prezzi reali dei metalli e dell'energia. L'Agenzia internazionale dell'energia sottolinea che la domanda globale di energia primaria potrebbe aumentare di un altro 50% entro il 2035. Senza un sostanziale cambiamento degli attuali sistemi di produzione ad alta intensità di energia, il significato della convergenza economica può essere uno solo: se tutta l'umanità usasse la stessa energia pro capite dei paesi ricchi oggi, il consumo di energia commerciale si triplicherebbe».

Consumo di energia, ma anche di risorse e per questo arriva a una fatidica domanda: «(...) le risorse torneranno ad essere ancora una volta limiti vincolanti, come si sono rivelate tante volte prima del 1800. L'ingegno continuerà a superare la scarsità, o no? Se la risposta è "sì", tutta l'umanità potrebbe arrivare a godere dello stile di vita storicamente senza precedenti dei privilegiati di oggi. Se la risposta è "no", potremmo, invece, cadere vittime di quelli che Morris chiama i «cinque cavalieri dell'apocalisse»: cambiamento climatico, carestia, fallimento dello stato, migrazione e malattia.

Inoltre, anche se esistesse una soluzione a questi problemi, essa potrebbe richiedere un livello di cooperazione politica molto più alto di quello attuale. In modo particolare nei casi in cui la crescita economica crea esternalità globali, di cui la maggiore sfida è il cambiamento climatico. Attualmente non lo stiamo controllando. Gli sviluppi politici oggi sono un impedimento».

E quindi e ancora: «Lo stesso vale per la politica della forza. Ora che abbiamo la capacità di distruggere la civiltà umana, le relazioni tra le nazioni potenti sono diventate pericolose. Dopo la bomba atomica, Albert Einstein disse: «L'unica possibilità di salvezza per la civilizzazione e la razza umana sta nella creazione di un governo mondiale». Einstein venne tacciato di ingenuità ma la sua osservazione potrebbe essere sempre valida».

Un governo mondiale, par di capire, anche per Wolf sarebbe la risposta. Il bello è che sempre oggi gli fa eco Marco Magrini sempre sul Sole che elaborando i numeri del boom demografico rispetto alle risorse sentenzia: «la sovrappopolazione non è un problema di spazio, ma di distribuzione delle risorse. Anche se la globalizzazione sta già rimescolando le carte, non basta. L'ennesimo rischio malthusiano sarà evitato. Ma sarà più difficile, senza una vera governance mondiale».

Ricordiamo a questo punto, per chi se lo fosse perso, che proprio sul Sole24Ore a dicembre Romano Prodi scrisse che: «Credo proprio che ora più che mai servirebbero organizzazioni sovranazionali autorevoli e rispettate. Può darsi che sia un'utopia, ma poiché ogni grande progresso politico ha in sé una dose di utopia, credo proprio che oggi sarebbe il vero grande momento per rilanciare l'Onu».

Conclusioni non dissimili da quelle di Wolf di oggi: «La "grande convergenza" è una trasformazione epocale. Comporta la diffusione di un'economia che fa un grande uso di energia alla maggior parte dell'umanità. Ma se non riusciamo a controllare la conseguente pressione sulle risorse, potrebbe finire nella miseria; e se non gestiamo bene il fenomeno di trasferimento del potere, potrebbe finire nella guerra. Una delle più ottimistiche considerazioni di Morris è che ogni epoca trova le soluzioni di cui ha bisogno. Vista la velocità del cambiamento, le troverà in tempo utile?».

Dobbiamo dunque rallegrarci perché finalmente almeno su un'idea - governo mondiale dell'economia orientata all'ecologia - c'è "convergenza" tra economisti, politici avveduti e ambientalisti? In larga parte sì, ma di certo è un altro fatto che mentre si alluda a un governo mondiale da quelle stesse pagine, ovvero quelle del Sole, si apprezzi l'idea di Marchionne dell'uomo solo che decide la politica industriale di un Paese infamando il sindacato, ricattando i lavoratori, disprezzando il Paese stesso che ha dato alla Fiat tantissimo (troppo) e continua a dare, visto che fino a prova contraria la cassa integrazione dei lavoratori del Lingotto la paghiamo noi... E poi, come abbiamo già detto alcuni giorni fa, i governi mondiali al momento stanno andando in tutt'altra direzione. Direzione peraltro ben poco democratica e partecipata, anzi, piuttosto "autoritaria"...

Ma c'è dell'altro e di più da dire sull'economia mondiale. I costi e la disponibilità di materie prime cominciano ad essere un vero problema di politiche economiche e di politiche industriali (e come noto Tajani se ne sta occupando pare piuttosto bene almeno nelle intenzioni a livello di Commissione Ue). Con l'informatizzazione della finanziarizzazione, come dimostrano i rialzi di tutte le commodities, la legge dell'economia ovvero della domanda e dell'offerta è completamente saltata.

Materie prime alle stelle, quindi, a prescindere anche dagli stock che, in teoria, potrebbe portare almeno al rilancio delle materie seconde, ovvero quelle provenienti da riciclo, vere alternative sia dal punto di vista economico sia da quello ecologico. A questo punta anche il documento di Tajani, ma purtroppo è vero solo in parte per quelle derivate dagli scarti di processo (e quindi omogenee) e quasi per nulla da quelle derivate dagli scarti di prodotto (raccolte differenziate). Solo in parte delle prime, perché comunque il flusso, anche di queste, segue il disassamento delle attività manifatturiere nei paesi emergenti; quasi per nulla le seconde perché il lavoro e l'energia da impiegare per farle ri-diventare prodotto sono maggiori e quindi anche i costi sono maggiori. E  anche i prezzi finali saranno maggiori e quindi non saranno mai competitivi con prodotti fatti di materia prima (o di materia prima seconda) realizzati con costi del lavoro e dell'energia assai più alti di quelli registrabili nei paesi emergenti.

Dunque siamo al punto: le regole del vecchio paradigma economico (a maggiori costi delle materie prime, maggiore competitività delle materie prime seconde) nel nuovo paradigma della informatizzazione della finanziarizzazione dell'economia globalizzata non funziona quasi per nulla. Che fare? Bisogna riuscire a passare dalle politiche di salvaguardia ambientale alle politiche industriali incentrate sulla ricerca applicata e alle tecnologie finalizzate alla green economy. In questo modo, assumendo cioè come asse strategico delle politiche industriali il riciclaggio, si aprirebbero orizzonti tecnologici e di trasferimento della tecnologia e della innovazione con i quali competere con le economie emergenti.

La governance mondiale, posta che si raggiunga attraverso un rilancio dell'Onu, non solo dovrebbe farsi, ma anche declinarsi secondo questo modello per rilanciare così l'economia finalmente ecologica nelle sue fondamenta e buona per dare anche posti di lavori veri, che poi è l'altra faccia drammatica della crisi e persino della ripresina.

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