[02/02/2011] News

I costi nascosti del nucleare e del carbone negli Usa: enormi impatti su acqua, ambiente e salute umana

LIVORNO. Ogni giorno negli Stati Uniti d'America vengono prelevati 200 miliardi di galloni di acqua e vengono prodotte 4 tonnellate di scorie radioattive high-level per ogni terawatt di energia elettrica prodotta dai reattori nucleari, anche se non esiste una soluzione per lo stoccaggio delle scorie a lungo termine.

Lo spreco di acqua e di salute sono solo due dei costi, poco conosciuti e compresi, della parte "nascosta" dei costi dell'energia elettrica prodotta con il carbone e il nucleare negli Usa, costi rivelati da una nuova dettagliata analisi "Benefits of Beyond BAU - Human, Social, and Environmental Domages Avoied throigh the Retirement of the US Coal Flet", pubblicata da Synapse Energy Economics, Inc., per il think tank no-profit Civil society institute (Csi).

Pam Solo, presidente del Csi, spiega: «Quello che noi chiamiamo l'approccio "business as usual" (Bau) alla produzione di energia elettrica comporta costi notevoli, primo fra tutti l'impatto sulla salute. Mentre la Casa Bianca e il Congresso propongono di spostarsi verso un Renewable Energy Standard da a quello che chiamano "Clean Energy Standard," ci dovrebbe essere un dibattito pubblico e completo su ciò che costituisce l'energia "pulita". La qualità dell'acqua e la disponibilità di acqua sono forse la lente principale attraverso cui guardare per capire se le fonti di energia sono davvero pulite e dovrebbe avere una parte nel "Clean Energy Standard"».

Jeremy Fisher, uno scienziato di Synapse energy economics, sottolinea che «Il coal fleet esistente negli Stati Uniti esige dagli stessi Usa un pedaggio caro: il suo funzionamento è piuttosto economico e per anni ha rappresentato una fonte di energia elettrica a buon mercato. Tuttavia, adesso sappiamo che ogni anno, le emissioni di gas acidi e di particelle tossiche sono alla base di migliaia di morti premature. La fleet provoca il rilascio di rifiuti nelle nostre acque sotterranee e nei corsi d'acqua, riscalda centinaia di corsi d'acqua con le sue acque reflue termiche, consuma milioni di acre-feet di acqua, e rilascia la quota più ampia delle emissioni che ci stanno portando rapidamente verso un clima molto diverso. Questi costi, pur così drammatici, sono quasi completamente nascosti dalla vista dell'opinione pubblica e sono invisibili ai consumatori».

"Benefits of Beyond Business as Usual" fornisce una imponente e documentata quantità di dati sugli effetti nocivi delle centrali a carbone e nucleari esistenti. Vediamo insieme i principali così come riassunti dal Csi.

Negli Usa ci sono tra le 8.000 e le 34.000 morti premature all'anno dovute all'inalazione di particolato fine da combustione del carbone, con un costo per la società tra i 64 e i 272 miliardi di dollari, fino a quattro volte più caro del costo dell'energia elettrica prodotta con il carbone.

Le centrali elettriche lungo l'Ohio River prelevano tanta acqua che per ogni gallone sversato nel Mississippi River a Cairo, Illinois, una tazza è passata attraverso un generatore sulle rive del fiume Ohio, e un cucchiaio è evaporato nell'atmosfera. Secondo i dati raccolti dell'United States geographic survey (Usgs), nel 2005 i prelievi di acqua da fonti di centrali termoelettriche rappresentavano il 49% dei prelievi totali negli Usa. Ciò equivale ad oltre 201 miliardi di galloni acqua al giorno che vengono utilizzati per il solo raffreddamento delle centrali elettriche.

Circa 100 milioni di tonnellate di scorie tossiche di carbone sono scaricate in discariche, stagni per i reflui e vasche di contenimento.

L'inquinamento atmosferico prodotto riduce la visibilità nei grandi national monuments e parchi Usa.

Due miliardi di tonnellate di CO2, la prima causa del cambiamento climatico globale, che provocheranno l'innalzamento del livello del mare nelle regioni costiere, riducendo la disponibilità di acqua in aree "water-short" e causando l'estinzione di circa i 20 - 30% delle specie animali e vegetali.

Per quanto riguarda il nucleare, il rapporto Synapse/ Csi mette in evidenza alcuni problemi praticamente insormontabili.

Senza un piano a lungo termine in atto per lo stoccaggio delle scorie nucleari, i reattori nucleari negli Usa producono 4,1 tonnellate di scorie nucleari per ogni terawatt di energia prodotta.

Come tutte le attività minerarie, l'estrazione di uranio esige un pesante tributo per l'ambiente e produce notevoli quantità di scorie. L'utilizzo di acqua in una media miniera di uranio è di circa 200 - 300 galloni al minuto. Inoltre, una miniera di uranio richiede più di 220 acri di terra da destinare permanentemente allo stoccaggio di rocce e scorie radioattive. Nel tempo la radioattività dei "tailing material" può crescere di circa il 75% rispetto a quella originale.

Un tipico impianto nucleare da 1.000 MW può produrre circa 30 tonnellate di scorie high-level in un anno. Gli Usa hanno attualmente 104 reattori nucleari (69 PWR e 35 BWR) con una capacità totale di circa 101.000 MW, così la produzione annua di scorie high-level è di circa 3.000 tonnellate. Attualmente la maggior parte di queste scorie sono depositate nel luogo in cui sono prodotte, mentre il resto è stoccato in siti di stoccaggio temporaneo. Delle 104 centrali nucleari in attività, 68 hanno esaurito lo spazio per lo stoccaggio in loco o lo esauriranno quest'anno. Entro il 2026 tutte le centrali nucleari statunitensi non avranno più spazio per stoccare provvisoriamente le scorie.

Il costo per un'azienda di un incidente nucleare può essere teoricamente quantificato moltiplicando il costo sociale degli incidenti (misurato in termini di vite perse, aumento dei tassi di cancro e altre malattie e valore dei terreni irradiati). Quantificare il rischio di un incidente grave è suscettibile di significative interpretazioni. Secondo alcuni c'è stato solo un significativo "nuclear meltdown", Chernobyl, in Ucraina, che porta a sostenere che il rischio di incidenti è relativamente basso. Altri ricordano il gravissimo incidente di Three Mile Island e la recente fuga radioattiva a Vermont Yankee come prove che anche Paesi con un forte controllo regolamentare dei propri impianti nucleari non sono immuni da un potenziale disastro.

I trasporti di materiale e scorie nucleari sono diventati problematici perché gli impianti nucleari Usa sono sparsi in tutto il Paese, facendo così in modo che un sito di stoccaggio unificato richiederà il trasporto delle scorie high-level su lunghe distanze, il che a sua volta espone le scorie nucleari alla possibilità di incidenti, attacchi o furti. Anche oggi, nonostante i numerosi e ridondanti meccanismi di sicurezza in atto negli Usa, in un reattore su tre nel 2009 si sono avuti incidenti a causa di errori di sicurezza o operativi che hanno richiesto l'immediato fermo dei reattori. Sempre nel 2009 alla Nrc Usa sono stati segnalati errori nel sistema di sicurezza nei due terzi delle centrali nucleari in attività.

Come si esce da questa specie di incubo energetico? Secondo il rapporto ci vogliono investimenti "aggressivi" in tecnologie più efficienti per ridurre il consumo di elettricità del 15% rispetto ai livelli odierni, ossia oltre il 40% rispetto allo scenario "business as usual". Le utilities elettriche di diversi Stati Usa sono già pronte per arrivare a questo livello e ci stanno lavorando.

Lo studio presenta uno scenario di transizione secondo il quale gli Usa potrebbero mandare in pensione l'intero parco delle centrali a carbone e non costruirne di nuove, invece di bruciare ancora più carbone, risparmiando decine di miliardi di dollari derivanti dai costi sanitari ed ambientali dell'inquinamento ed evitando di prolungare la vita di centrali a carbone che dovrebbero essere chiuse tra il 2010 e il 2020. Allo stesso tempo, si potrebbe mandare in pensione anche il 28% dell'elettricità prodotta con il nucleare.

Le emissioni di CO2 del settore elettrico calerebbero dell'82% rispetto ai livelli del 2010. Anche nel caso di uno scenario Bau, con nuovi impianti e controlli sulle emissioni delle centrali a carbone, le emissioni di SO2, NOx e mercurio calerebbero, ma calerebbero molto di più nello scenario di transizione: NOx meno 60% nel corso del periodo di studio, e le emissioni di SO2 in calo addirittura del 97%, le emissioni di mercurio del settore elettrico sarebbero virtualmente eliminate.

Energie rinnovabili, eolica, solare, geotermico e biomasse, aumenterebbero in tutti gli Usa, fornendo la metà del fabbisogno di energia elettrica. Il restante proverrebbe dal gas naturale il cui utilizzo invece crescerebbe più lentamente nello scenario Bau.

A breve termine con lo scenario di transizione ci sarebbero costi modesti in più, ma a lungo termine sarebbe costerebbe molto meno dello scenario business as usual. Lo scenario energetico di transizione costerebbe una cifra stimata di 10 miliardi all'anno più del Bau nel 2020, ma potrebbe risparmiare 5 miliardi all'anno entro il 2040 e 13 miliardi all'anno entro il 2050. Questi sono solo i costi diretti, ma non comprendono i risparmi derivanti dalla riduzione delle emissioni di CO2 o dei costi per la salute pubblica, tenendo conto che un recente studio della National Academies valuta l'impatto annuale della produzione di elettricità negli Usa in 62 miliardi di dollari nel 2005. Per un consumatore tipo residenziale Usa, che acquista circa 900 kWh al mese, I costi nel 2020 aumenterebbero di circa2,20 dollari al mese. Entro il 2040, lo stesso consumatore risparmierebbe circa1,50 $ al mese e nel 2050 fino a 4 $ al mese.

Il rapporto integrale è consultabile online su http:///www.CivilSocietyInstitute.org

Torna all'archivio