Jsw, a Piombino Arpat rileva «rifiuti pericolosi e non abbandonati in modo incontrollato»

Si tratta di un’area di circa 2500 mq, la Regione invia la diffida: ripristino entro 60 giorni. Ma il problema in realtà ha radici profonde

[7 Dicembre 2020]

A seguito di un sopralluogo fatto da Arpat presso lo stabilimento siderurgico Jsw di Piombino è emerso  che «nelle immediate vicinanze dell’area denominata Isola Ovest, nello spazio esterno di un capannone adibito allo svolgimento delle lavorazioni di carpenteria, in un’area di circa 2500 m2, è stata rilevata la presenza di molteplici tipologie di rifiuti pericolosi e non pericolosi abbandonati e depositati in modo incontrollato su terreno in assenza di adeguata protezione». Da qui la diffida arrivata nei giorni scorsi tramite il decreto regionale n.19484, che impone alla società di inviare entro 60 giorni «documentazione conclusiva a conferma dell’avvenuto ripristino dello stato dei luoghi».

Al momento del sopralluogo infatti il deposito sul suolo dei rifiuti era «stato effettuato in modo caotico e incontrollato», tanto che per Arpat è stato possibile «effettuare soltanto una sommaria identificazione degli stessi». In ogni caso è apparso evidente che «i rifiuti di cui sopra non si trovano in area adibita a deposito temporaneo sulla base dell’Aia», e considerato che «per nessuna delle tipologie presenti è risultata traccia nel registro di carico e scarico, non è stato possibile stabilire il tempo di permanenza dei rifiuti nell’area». In particolare, è stata rilevata l’inottemperanza della prescrizione per cui «i rifiuti prodotti (…) devono essere destinati smaltimento in condizioni di sicurezza».

Andando oltre le rilevazioni contingenti di Arpat e la conseguente diffida regionale, è evidente che per le acciaierie ex Lucchini di Piombino lo smaltimento in sicurezza – o il riciclo, per quanto possibile – dei rifiuti conseguenti all’attività siderurgica rappresenti un problema insoluto da decenni.

Come già sottolineato più volte su queste pagine, la produzione secolare di acciaio da ciclo integrale a Piombino ha prodotto ingenti quantità di scarti di processo: la maggioranza di questi scarti (loppe, scorie, Paf, ecc) non è mai uscita dal perimetro dello stabilimento, pari a circa 800 ettari, tanto che già nel 1994 una relazione dell’allora direttore di Arpat Mario Bucci indicava in 7 metri il rialzo dal piano di campagna realizzato utilizzando questi scarti.

A quanto pare già adesso neanche la gestione Jsw ad oggi è esente da questo tipo di problemi, e di certo sarebbe illusorio pensare che le cose miglioreranno di loro sponte se e quando, auspicabilmente, a Piombino si tornerà a produrre acciaio stavolta da forno elettrico. Come da ogni attività industriale, da un’acciaieria – per quanto sostenibile – esitano rifiuti da gestire, attraverso riciclo per quanto possibile e tramite conferimenti in discarica per il resto: nel produrre 1 milione di tonnellate d’acciaio da forno elettrico (a sua volta alimentato da rottame, ovvero rifiuti quindi che andranno importati “da fuori”) esiteranno dal processo produttivo altre centinaia di migliaia di tonnellate. Come verranno gestite?

A fine ottobre Jsw ha firmato un accordo di programma con un leader nazionale nella gestione di rifiuti plastici e organici, l’ex azienda siderurgica Montello, per avviare uno studio di fattibilità in merito a numerose iniziative, dalla «produzione di biogas/syngas» a «produzioni da riciclo in piena sinergia con le attività di laminazione e lavorazione dell’acciaio». Si tratta di scenari ancora tutti da esplorare, mentre a Piombino da tempo esiste già un’azienda peraltro partecipata pubblica – Rimateria – che nasce con un Dna che rende possibile gestire in modo sostenibile i rifiuti provenienti da attività siderurgica come anche dalle bonifiche attese (anch’esse da decenni) nel Sin: un’economia circolare a portata di mano, se la si volesse davvero perseguire.

L. A.