[05/09/2007] Comunicati

La coppa del mondo di rugby verso la meta della sostenibilità

LIVORNO. Lo svolgimento di una competizione sportiva di grande livello ha impatti locali e globali, anche ambientali, una cosa che da tempo preoccupa gli organizzatori (le olimpiadi di Sydney furono definite le prime “ecologiche”) che mettono i temi ambientali nell’agenda dei “problemi” e degli impegni per dare una buona immagine dello sport.

E’ quel che sta succedendo anche in Francia con l’organizzazione della Coppa del mondo di rugby che inizierà il 7 settembre, per organizzare la quale si è tenuto conto molto dei suoi impatti, di quanto pacchetti di mischia e mete incideranno sui consumi energetici e sulla salute del pianeta.
Gli impatti ambientali di una grande manifestazione sportiva sono diversi: emissioni di gas serra, consumi di acqua, produzione di rifiuti in grande quantità, in alcuni sport all’area aperta vanno valutate anche le conseguenze sull’ambiente naturale e la biodiversità o il possibile inquinamento di acqua e mare.

Gli organizzatori della coupe du monde de rugby 2007 hanno realizzato, in collaborazione con l’Agence de l´environnement et de la maîtrise de l´énergie (Ademe) un Bilan Carbone®, valutando che la manifestazione produrrà 570 mila tonnellate di CO2, l’84% delle quali provenienti dagli spostamenti di spettatori e partecipanti, mentre lo svolgimento della coppa del modo produrrà dell’8% del totale di emissioni di gas serra: 46 mila tonnellate di CO2.

Si tratta di un evento sportivo di grande rilievo: 20 Paesi partecipanti, partite che si svolgono durante 45 giorni, seguite sui campi da 2 milioni e mezzo di spettatori che vengono da tutti i continenti, ma ancora lontani dai livelli che raggiungono le Olimpiadi: ai prossimi giochi olimpici invernali di Vancouver, che si svolgeranno nel 2010, parteciperanno più di 80 paesi, circa 8.000 atleti, più di 10 mila giornalisti e 25 mila volontari e saranno seguiti da circa 3 miliardi di telespettatori per i quali è difficile calcolare il consumo di elettricità di tutti questi televisori accesi nel pianeta, ma se si pensa ad una media di 2 ore passate davanti al televisore per assistere alle olimpiadi invernali, per due settimane, dovremmo essere intorno a 2 o 3 milioni di tonnellate di CO2, quanto le emissioni annuali di gas serra di Paesi come l’Islanda o il Madagascar. Grandi cifre, ma che spariscono se rapportate a quanto “costeranno” e sono già costati in termini ambientali e di consumo di territorio (e storia) i giochi olimpici che si terranno nella inquinatissima Pechino nell’estate 2008.

Una contraddizione, visto che sempre più i grandi eventi sportivi cercano luoghi ambientalmente gradevoli, da legare ad una immagine “pulita” dello sport sempre più offuscata dai casi di doping nell’atletica, ciclismo e calcio. Non è un caso se per Pechino 2008 la preoccupazione per le Olimpiadi di sia proprio l’inquinamento atmosferico che potrebbe compromettere lo svolgimento di gare come la maratona, mentre i diritti umani e delle minoranze, che in altre edizioni dei giochi olimpici sono state al centro delle attenzioni, sono praticamente ignorati. La Cina, per far bella figura con un mondo molto diffidente nei suoi riguardi, si è impegnata a ridurre nella capitale il traffico automobilistico, a costruire parchi e spazi verdi, a migliorare i livelli di inquinamento ed a produrre elettricità più pulita usando meno carbone. Se poi questo ha significato anche la distruzione di interi quartieri della vecchia Pechino, questo è un altro problema.

Per la coppa del mondo di rugby, la ricca, progredita e civile Francia può permettersi un approccio più morbido, anche perché la valutazione delle emissioni di gas serra per un evento sportivo ha dei precedenti: i campionati mondiali di calcio del 2006 in Germania valutarono in 100 mila tonnellate di CO2 le loro emissioni, anche se lo svolgimento in un’area più ristretta rende difficile paragonare i due eventi sportivi. C’è poi l’impatto televisivo ed energetico del calcio che, a livello mondiale, è sicuramente enormemente più alto di quello del Rugby, e che ha incollato gran parte della popolazione mondiale, dai tuareg agli indios dell’Amazzonia, davanti a televisori energivori e dispensatori di gol ed emozioni.

Il comitato organizzatore della coppa del mondo di rugby, con il sostegno del Programma Onu per l’ambiente (Unep), ha cercato di ridurre le emissioni dovute agli spostamenti ed ai trasporti: per spostarsi da un campo di gioco all’altro le squadre useranno il treno e non l’aereo, mentre in Germania, gli organizzatori erano riusciti a convincere molti spettatori (il 55%) ad usare trasporti pubblici semplicemente con la loro gratuità per i possessori di biglietti delle partite, così anche i francesi hanno integrato il trasporto pubblico nel loro piano per limitare le emissioni di gas serra.

Ma se lo spostamento di spettatori e giocatori é il problema più grande, non bisogna dimenticare altri aspetti ambientali. Un’attenzione particolare viene rivolta alla gestione dei rifiuti negli stadi, per recuperane il più possibile. Alcuni comitati organizzatori, come quello dei giochi olimpici invernali di Vancouver, hanno messo in campo misure di sviluppo sostenibile paragonabili a quelle che usano grandi imprese per rifarsi un’immagine. Impegni ambientali ma anche sociali ed economici con una precisa tabella di marcia da rispettare. Lo stesso comitato olimpico internazionale si è dotato nel 1999 di un’Agenda 21 e quest’anno ha pubblicato una guida per gli organizzatori di eventi sportivi che indica i principali impegni ambientali di cui tener conto per ogni sport.

Torna all'archivio