Legambiente: «Compriamo meno autobus dei grandi paesi europei e gran parte dei quali ancora fortemente inquinanti. Serve un cambio di passo»

Bus elettrici: l’Italia investe ancora troppo in combustibili fossili

Con solo il 5,4% dei bus a zero emissioni, il nostro Paese rallenta la transizione europea a una mobilità più sostenibile

[15 Gennaio 2021]

Secondo un nuovo studio di Transport & Environment (T&E), ONG ambientalista e promotrice della campagna Clean Cities alla quale collabora anche Legambiente, «L’Italia è in forte ritardo sugli investimenti in mobilità elettrica».  L’analisi di di T&E prende in esame 17 Paesi europei ed evidenzia la percentuale di immatricolazione di nuovi autobus a zero emissioni. Legambiente fa notare che «L’Italia è in fondo alla classifica, con solo il 5,4% di nuovi bus entrati in servizio nel 2019 a idrogeno o elettrici, seguita solo da Grecia, Svizzera, Irlanda e Austria. Un dato che diventa ancora più preoccupante se si pensa che il nostro Paese è uno tra i principali acquirenti di autobus in Europa: Italia, Polonia, Germania, Regno Unito, Spagna e Francia acquistano circa il 70% dei bus urbani europei, e la loro mancata conversione a una mobilità più sostenibile rallenta in modo significativo la diffusione di bus a emissioni zero del continente, con un impatto altissimo per l’ambiente. E mentre l’80% degli investimenti tedeschi del 2020 sono destinati ad autobus elettrici, e la Polonia annuncia che nelle città con una popolazione di 100.000 o più persone tutto il trasporto pubblico sarà elettrico entro il 2030, stanziando oltre 290 milioni di euro per sostenere questo obiettivo, l’Italia resta indietro. Secondo i dati ANFIA, nel 2019 sono stati immatricolati in Italia solo 63 bus elettrici e a idrogeno: 16 in Sicilia, 15 in Lombardia, 13 in Piemonte, 10 in Liguria».

Andrea Poggio, responsabile mobilità sostenibile di Legambiente, sottolinea che «Nel primo semestre del 2020 l’Italia ha messo in strada solo 170 nuovi bus, contro i 363 del primo semestre 2019, registrando un calo del 53% e diminuendo gli acquisti sulla mobilità pubblica in un momento in cui avere più mezzi era necessario per garantire distanziamento. Inoltre, in seguito all’emergenza Covid sono stati estesi i contributi pubblici per l’acquisto di nuovi autobus, anche di quelli a metano o diesel, con il risultato che compriamo meno autobus dei grandi paesi europei e gran parte dei quali ancora fortemente inquinanti. Non possiamo condannare le nostre città a usare mezzi pubblici vecchi, inquinanti ed alimentati a gasolio o gas fossile, con l’unica eccezione dell’olio di palma, ancora più nocivo del petrolio a livello ambientale».

Danimarca, Lussemburgo e Paesi Bassi  guidano la classifica europea di bus a emissioni zero sono: il 78% degli autobus danesi immatricolati nel 2019 è elettrico o a idrogeno, come il 67% di quelli lussemburghesi e il 66% degli olandesi. Anche Svezia, Norvegia e Finlandia sono tra i primi: in questi Paesi gli autobus elettrici immatricolati rappresentano rispettivamente il 26%, 24% e 23%.

James Nix, responsabile merci di T&E, ha ricordato che «Le flotte di autobus urbani percorrono milioni di chilometri ogni anno. Se vogliamo decarbonizzare le nostre città, questi veicoli devono diventare emissions free il prima possibile. Gli Stati nordici, il Lussemburgo e i Paesi Bassi stanno mostrando come mettere in circolazione gli autobus elettrici. Altri Paesi, in particolare quelli che acquistano molti autobus, come Italia, Spagna e Francia, e quelli all’inizio della transizione, come l’Austria, devono aumentarli».

Secondo Veronica Aneris, direttrice per l’Italia di Transport & Environment, «E’ davvero incomprensibile come, con oltre 200 miliardi in arrivo dall’Europa, la bozza di Recovery Plan approvata dal Consiglio dei Ministri preveda l’acquisto di circa 5.000 nuovi autobus di cui ben 2.700 a gas fossile, ovvero centinaia di milioni di euro sprecati in fossili tecnologie obsolete. I bus elettrici riducono l’inquinamento atmosferico, ci aiutano a combattere il cambiamento climatico, a ridurre il rumore e il costo totale d’esercizio. Ora i soldi ci sono. Com’è possibile che il benessere dei cittadini e del pianeta non venga mai messo al primo posto? Ci auguriamo che il Parlamento ora ponga rimedio a questa misura».

Transport & Environment pubblica anche lo studio “Five key steps for electic bus success” che identifica i  passaggi per aumentare la percentuale di autobus elettrici su strada, a partire dalla leadership politica e dal sostegno finanziario. Il dossier, che prende in esame 13 casi studio, vuole fornire una guida ai Comuni e agli operatori che intendono investire sugli e-bus. I casi studio italiani riguardano alcune città piemontesi (Asti, Cuneo, Alessandria e Torino) e la città di Milano. Sia Torino che Milano, infatti, sono due delle quattro città italiane (insieme a Cagliari e Bergamo) che prevedono un trasporto pubblico locale a emissioni zero entro il 2030.

T&E fa l’esempio del governo olandese che nel 2016 ha approvato una normativa che prevede che tutti gli autobus appena acquistati devono essere a emissioni zero dal 2025 e dal 2030 tutti gli autobus in uso devono essere a emissioni zero. E come parte del processo di appalto pubblico, i contratti di autobus dovrebbero essere assegnati solo agli operatori che soddisfano o superano questi obiettivi.

Nix ha concluso: «Gli autobus urbani a emissioni zero ci aiutano a combattere l’inquinamento atmosferico, a contrastare i cambiamenti climatici, a ridurre il rumore e a ridurre i costi totali rispetto agli autobus diesel nel corso della loro vita. Gli stati membri dell’Ue devono garantire che i piani di ripresa post Covid che stanno attualmente scrivendo finanzino la sostituzione degli autobus fossili con quelli a emissioni zero».