A proposito di responsabilità dei Parchi dopo la tragedia del Raganello

[27 Agosto 2018]

Vorrei chiarire brevemente due aspetti contenuti nell’intervento di Giampiero Sammuri, Presidente di Federparchi, intitolato “I Parchi dopo la tragedia delle Gole del Raganello” e pubblicato su Greenreport, per evitare interpretazioni che rischiano di danneggiare gli stessi Parchi e i loro visitatori.

  1. Scrive il Presidente di Federparchi: “I parchi non hanno alcuna competenza nel regolamentare accessi per la sicurezza delle persone”. La frase è equivoca perché sembra affermare l’immunità dei parchi da qualsiasi responsabilità in ordine alla sicurezza delle persone. Due esempi dimostrano il contrario: a) un parco che istituisce un percorso per disabili deve risolvere i relativi problemi di sicurezza, altrimenti è responsabile in caso di danni; b) un parco che inserisce percorsi difficili o pericolosi tra i suoi itinerari, segnalandoli con la propria tabellazione o indicandoli specificatamente nelle proprie pubblicazioni, deve informare adeguatamente i visitatori delle difficoltà e dei pericoli che essi presentano, altrimenti non può sottrarsi alla responsabilità per gli eventuali danni.
  1. Esige un chiarimento anche l’altra affermazione di Sammuri secondo cui, quando non è richiesta una determinata attrezzatura (nel qual caso è esatto che la competenza sia delle guide alpine), “praticamente chiunque può fare la guida ai sensi della legge 4/2013, la cosiddetta legge per la liberalizzazione delle professioni”. Non è esatto che In natura, a parte le guide del parco previste specificatamente dalla legge quadro sulle aree protette, possa fare da guida “praticamente chiunque”: possono infatti essere guide solo quei professionisti in grado di offrire le garanzie previste dalla stessa legge 4/2013 o perché iscritti ad associazioni che rilasciano l’attestato di qualità e di qualificazione professionale (art. 2 e seguenti) oppure, se non aderiscono ad alcuna associazione, perché esercitano l’attività in autoregolamentazione in conformità sia con la normativa tecnica UNI ai sensi della direttiva 98/34/CE sia con le linee guida CEN 14 del 2010 (art. 6).

Aggiungo alcune considerazioni:

  • la sicurezza delle persone è questione che coinvolge molti soggetti (istituzionali e privati) tra cui i parchi i quali, tra le loro finalità più importanti, hanno anche quella di formare le persone al rapporto con la natura: tale formazione non può non inserirsi in un quadro di sicurezza;
  • un vero rapporto con la natura, però, si basa anche sul desiderio della scoperta e dell’avventura e perciò richiede liberà: libertà di movimento, di accesso; una libertà che non è illimitata: un parco ad esempio può istituire riserve integrali o può in determinate parti del suo territorio introdurre il numero chiuso dei visitatori o il divieto di abbandonare i sentieri; questa libertà esige comunque capacità di conoscere e di affrontare i rischi e quindi responsabilità: la formazione di un visitatore responsabile rientra tra i compiti di un parco;
  • non è invece compito del parco vietare l’accesso ai luoghi che pericolosi sono da sempre o sono diventati (ad esempio per un terremoto): pertanto non può considerarsi responsabile per i danni che ivi si verificano neanche quando quei luoghi sono da esso pubblicizzati perché  di particolare interesse; il parco deve solo contribuire, per quanto di propria conoscenza, a indicare alle istituzioni competenti le situazioni pericolose; la sua responsabilità invece scatta, come si è prima detto, quando i danni avvengono sui “suoi” sentieri, cioè su quelli che ha provveduto a tabellare o a promuovere con specifiche pubblicazioni senza offrire adeguata informazione sui pericoli esistenti o, in caso di pericoli sopravvenuti, senza che ne abbia vietato l’accesso;
  • in un’epoca in cui cresce il numero dei visitatori nelle aree protette e in generale nei territori ricchi di natura e in cui aumenta l’attrattiva dell’avventura e degli sport pericolosi diventa necessario e urgente che le istituzioni interessate affrontino insieme la questione della sicurezza delle persone senza pretendere competenze esclusive o negare proprie responsabilità: trattandosi di accesso alla natura è auspicabile che sia il Ministero dell’ambiente a prendere l’iniziativa;
  • resta il problema delle guide “naturalistiche”, soprattutto (ma non solo) nelle zone montane: come ha sottolineato recentemente il TAR del Piemonte (9 maggio), il quadro normativo “si presenta frammentario e frutto della giustapposizione nel tempo, senza mai alcun tipo di coordinamento, di diverse discipline statali e regionali, spesso ispirate da finalità contrapposte”; anche qui è giunto il momento di un’iniziativa coordinata tra i soggetti interessati per individuare una soluzione razionale.

di Carlo Alberto Graziani, giurista e primo presidente del Parco nazionale Monti Sibillini