Come proteggere foreste e frutteti dagli insetti invasivi, una nuova guida della Fao

Il controllo biologico classico offre un approccio testato, economico e privo di pesticidi per combattere falene, vespe e cocciniglie

[9 Aprile 2019]

«Insetti come la falena invernale e la vespa asiatica della castagna sono la rovina di alberi preziosi e di coloro che da essi dipendono e traggono beneficio – ricorda la Fao – Le infestazioni di insetti danneggiano ogni anno circa 35 milioni di ettari di foreste, con conseguenze particolarmente catastrofiche quando specie non native arrivano in ecosistemi dove non incontrano nemici naturali. E l’impatto di questo fenomeno aumenta con il crescere del commercio internazionale e gli effetti dei cambiamenti climatici.

Fortunatamente negli ultimi decenni, la comunità internazionale ha accumulato una notevole conoscenza su come controllare le infestazioni utilizzando metodi biologici. L’introduzione di nemici naturali dallo stesso paese d’origine delle specie invasive si è dimostrato uno strumento efficace nel combattere la loro diffusione».
La nuova guida della Fao “Guide to the classical biological control of insect pests in planted and natural forests” presenta in modo chiaro e coinciso le informazioni necessarie ad aiutare i gestori delle foreste dei Paesi in via di sviluppo a progettare programmi efficaci di controllo delle infestazioni.
Hiroto Mitsugi, direttore generale aggiunto a capo del Dipartimento Forestale della Fao, spiega che «Il controllo biologico classico è un approccio collaudato ed economico per la gestione delle specie infestanti invasive».  La fao fa l’esempio dell’introduzione in Europa del Torymus sinensis, ad esempio, un parassitoide specifico del cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus), entrambi originari della Cina. Come sappiamo bene in Italia, il cinipide cinese, diffusosi in Europa, ha diminuito del 40% la resa di legname dei castagni e di oltre l’80% la produzione di castagne, Un flagello contro il quale si è dimostrato efficace il parassitoide  che, dopo le prime immissioni, «si è infatti diffuso da solo e ha ucciso di più di tre quarti delle vespe asiatiche del castagno, lasciando in pace le vespe native», dicono alla Fao.

Un altro esempio fatto dalla Giuda Fao è quello dell’introduzione di due parassitoidi della tignola invernale europea. Questa specie aliena all’inizio del XX secolo devastò foreste di querce e coltivazioni di ciliegie e mele del Nord America con tassi di mortalità degli alberi del 40% e l’introduzione dei suoi antagonisti ha contribuito a contenere il parassita: «I due parassitoidi si dimostrarono particolarmente efficaci, uno durante le epidemie, l’altro sul lungo periodo a inferiore densità di parassiti».

Infatti, come sottolinea la Fao, «I controlli biologici classici non eliminano le specie infestanti invasive ma contribuiscono a stabilire un sistema permanente e auto-alimentante di nemici naturali che disperde e sopprime la popolazione di parassiti o ne riduce la velocità di diffusione».

La guida Fao, che è stata presentata durante la sesta edizione della Settimana Forestale del Mediterraneo in Libano, offre un’ampia scelta di casi studio che vanno dal coleottero rinoceronte del cocco – che divora le palme del cocco e dell’olio di palma nel Pacifico, al grande coleottero dell’abete rosso migrato dalla Siberia all’Europa occidentale, all’ortezia, un insetto onnivoro che, arrivato sull’isola di Sant’Elena sperduta nell’Atlantico meridionale, ha fatto strage degli alberi di Asteraceae autoctoni, e a diversi altri patogeni che colpiscono le piante di eucalipto.

Il controllo biologico classico è utile anche per gli alberi da frutta, come dimostrato con la cocciniglia del mango. Originaria del Sud-Est asiatico, è apparsa in Africa occidentale all’inizio degli anni ’80, dove ha iniziato nutrirsi della linfa degli alberi di mango – molto apprezzati per i frutti e per l’ombra – secernendo una sostanza che favorisce la muffa e limita la fotosintesi, portando a perdite di raccolto fino all’89% in Benin. I parassitoidi ostili presenti nell’habitat originario della cocciniglia sono stati identificati e introdotti, ottenendo  risultati spettacolari, con rapporti costi-benefici per l’Africa subsahariana calcolati in 1 a 808 solo in termini di valore della frutta.
La Fao conclude: «In tutti i casi, gli sforzi di controllo devono basarsi su conoscenze scientifiche – spesso più accessibili nel Paese di origine di un parassita rispetto a dove sta causando problemi – e su valutazioni complete del rischio, i protocolli da attuare sono spiegati nella nuova guida, insieme ai principi di biosicurezza da rispettare quando si avviano gli interventi o quando se ne monitora l’efficacia. E’ inoltre fondamentale una solida comunicazione tra tutte le parti interessate fin dall’avvio dell’intervento programmato».