Il turismo subacqueo può aiutare a proteggere gli ecosistemi marini? Il caso del Messico

Operatori subacquei, pescatori, ambientalisti e scienziati alleati per la protezione del mare

[17 Giugno 2021]

La costa marna del Messico si estende su 11.122 chilometri lungo i quali 860 siti sono considerati principali punti di immersione per i circa 264 diving center e attività turistiche che offrono la possibilità di  fare immersioni e snorkeling (in Italia, con oltre 3.000 km di costa in meno queste attività sono molte di più). I benefici economici generati da questi operatori turistici subacquei messicani  sono paragonabili a quelli dell’industria ittica del Paese. Secondo i dati del 2017 , sia la pesca industriale che quella artigianale contribuiscono, in media, al PIL del Messico per 700 milioni di dollari.  Un progetto di ricerca coordinato da Octavio Aburto dello Scripps Institution of Oceanography dell’università della California – San Diego, ha scoperto che, solo nel 2019, in messico il turismo incentrato sulle attività subacquee ha contribuito con circa 725 milioni di dollari all’economia messicana e che 455 milioni del totale vengono da piccole imprese.

Lo studio  “Diving Tourism in Mexico-Economic and Conservation Importance”, pubblicato su Marine Policy da un team internazionale di ricercatori fa il punto di questa ricerca e fa nottare che le cifre includono solo i pagamenti che coprono le attività subacquee e non includono i pagamenti per viaggio, alloggio e cibo. Aburto sottolinea l’importanza di questo confronto «Perché evidenzia che la pesca non sostenibile ha un impatto sulla biodiversità marina; mentre il settore delle immersioni può contribuire alla conservazione degli oceani, poiché si basa su ambienti fiorenti che i subacquei possono godersi senza estrarre nulla da essi».

Il team di ricerca, che comprende anche scienziati dell’Universidad Autónoma de Baja California Sur, del Senckenberg Climate and Biodiversity Research Centre, del Center for Environmental and Resource Economics, del Centro de Investigación y Docencia Económicas e del Centro para la Biodiversidad Marina y la Conservación, ha effettuato una ricerca su Internet riguardante le attività di immersioni e snorkeling e ha visitato destinazioni turistiche subacquee in tutto il Messico, mappando i siti di immersione lungo la costa del Messico e scoprendo che il 48% opera lungo la penisola della Baja California, il 28% nella penisola dello Yucatan, il 12% nel Pacifico messicano e 12% nel Golfo del Messico.

Secondo il principale autore dello studio, Ramiro Arcos-Aguilar del Centro para la biodiversidad Marina y la Conservación,  «Questo rappresenta un primo tentativo di progettare una strategia che includa operatori turistici, comunità e subacquei nella conservazione marina poiché questi attori dipendono tutti da ecosistemi sani e potrebbero, potenzialmente, creare impatti positivi che vanno oltre il settore delle immersioni».

La Convention on biological diversity (Cbd) dell’Onu, alla quale aderiscono anche Messico e Italia, si era data l’obiettivo del 10% di mare protetto entro il 2020. Attualmente, il Messico, dopo aver istituiti dopo aver istituito nel 2017 Parque Nacional Archipiélago de Revillagigedo, che si estende su 150.000 Km2 (il più grande del nord-America),  ha raggiunto solo solo il 5% di mare protetto nella sua Zona economica esclusiva. L’Italia supera di poco questa percentuale se si include anche il fantomatico Santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos, altrimenti è alla metà della percentuale del mare protetto dal Messico.

Degli 860 siti di immersione messicani censiti nello studio pubblicato su Marine Policy, il 51% è all’interno di un’area marina protetta (AMP), ma solo il 7% di questi rientra in aree dove la pesca e la raccolta di frutti di mare sono completamente vietati. I<Un altro autore dello studio, Fabio Favoretto  dell’Universidad Autónoma de Baja California Sur, aggiunge che «L’evidenza scientifica circa i benefici ecologici e socioeconomici derivanti da una corretta tutela degli habitat marini è chiara; ciò di cui la natura ha bisogno è il nostro impegno per consentirle di riprendersi e prosperare e quindi potremo trarre grandi benefici da questo».

Il degrado ambientale documentato  dallo studio «Evidenzia l’importanza di progettare politiche che non solo mirino a proteggere il nostro capitale naturale, ma mirino anche a garantire benessere economico alle migliaia di famiglie che dipendono dal turismo per il proprio sostentamento». Per questo, gli autori della nuova ricerca invitano «i settori del turismo, della pesca e della scienza a unirsi e a cercare in modo collaborativo soluzioni ai problemi ambientali che il Messico sta affrontando».

Oggi il Messico è 17esimo al mondo per produzione di pesca e acquacoltura. Secondo le statistiche di dataMares  (Overview of the fishing sector in Mexico: Part I), ogni anno circa 73.000 pescherecci, sia industriali che artigianali, pescano nei mari del Messico 1,3 milioni di tonnellate di frutti di mare, il che, in media, produce guadagni per 730 milioni di dollari. Aburto  fa notare che «Anche con questo contributo economico, questo sfruttamento, deve essere analizzato in termini di impatto sulla biodiversità marina e di eventuali impatti negativi su altre attività economiche come le immersion. Ad esempio, secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), le barriere coralline sono tra gli ecosistemi più ricchi di biodiversità del mondo e si stima che ospitino più di 4.000 specie di pesci e 800 specie di coralli. In Messico, la diversità degli habitat e delle specie è quel che attrae i 3,3 milioni di turisti che visitano il Paese in media ogni anno».

Il team di ricercatori ha scoperto che, mentre la maggior parte dei siti di immersione si trova nel Pacifico nord-occidentale messicano, la maggior parte dei subacquei che visitano il Messico sceglie come destinazione la penisola dello Yucatan, dove si trova il 55% degli operatori turistici che offrono immersioni  subacquee. Lo studio fa notare che «Entrambe le regioni ricevono un numero simile di visitatori, tuttavia c’è una differenza nelle strategie commerciali. I turisti che visitano il Pacifico nord-occidentale tendono a preferire lo snorkeling; mentre questa è un’attività più economica per il turista, genera guadagni netti per viaggio più elevati rispetto alle immersioni».

Favoretto spiega ancora «In particolare, la nostra ricerca dimostra che più turisti non sempre significano maggiori guadagni. Un gran numero di turisti può rappresentare un aumento della pressione sugli ecosistemi naturali poiché sono necessarie più infrastrutture per sostenere la domanda. Gli operatori turistici di aree ad alta biodiversità ma con interventi di piccola scala, possono guadagnare di più pro capite rispetto a quegli operatori che tendono al turismo di massa. Cabo Pulmo , in Baja California Sur, è un esempio di questo fenomeno».

In Messico, le industrie delle immersioni e della pesca si scontrano in termini di contributi economici all’economia della nazione. Aburto e il suo team cercano di cambiare il paradigma alla base della conservazione marina e vedono nei subacquei, che fanno più di un milione di immersioni ogni anno nelle acque del Messico, degli alleati per lavorare con le comunità, gli operatori turistici e i pescatori alla protezione degli ecosistemi marini. . Aburto, che è anche National Geographic Explorer, conclude: «Non credo che questo sia un problema di pesca contro immersioni, ma dobbiamo costruire ponti di comunicazione che consentano a entrambe le attività di prosperare. Questo richiederà una visione collaborativa, più che competitiva. C’è un grande potenziale nel generare benefici attraverso una strategia aziendale che promuova e dia priorità alla qualità dell’esperienza per i turisti. Questo può comportare guadagni più elevati, riducendo al contempo la pressione sulla biodiversità marina».