Speranze di pace per il Sud Sudan, ma il Paese è colpito da inondazioni causate dal cambiamento climatico

Oltre 200.000 bambini costretti a fuggire dalle loro case. Famiglie già afflitte dalla malnutrizione estrema devono trovare riparo in rifugi temporanei per sfuggire alle forti piogge

[15 Novembre 2019]

Il Sud Sudan sembra aver trovato finalmente un po’ di pace: in base all’accordo di pace del settembre 2018, volto a porre fine a 6 anni di sanguinossa guerra civile che è diventata anche conflitto etnico/tribale, il 12 novembre il presidente Salva Kiir e il leader dell’opposizione Riek Machar avrebbero dovuto formare un governo di transizione di unità nazionale ma, con un accordo firmatyo la scorsa settimana in Uganda, i due leader e le parti interessate hanno concordato di prorogare di 100 giorni il periodo pre-transitorio per consentire il completamento delle attività essenziali.

Farhan Haq, portavoce del segretario generale dell’Onu, ha detto che António Guterres «esorta le parti a utilizzare questa estensione per compiere ulteriori progressi per quanto riguarda i parametri di riferimento critici, compresi gli accordi di sicurezza e il numero e i confini degli Stati, per consentire la formazione di un governo di transizione di unità nazionale inclusivo. Il segretario generale esorta inoltre il governo del Sud Sudan a sostenere il processo stanziando la somma impegnata di 100 milioni di dollari attraverso un meccanismo trasparente e responsabile».

Il Sud Sudan, che ha ottenuto l’indipendenza dal Sudan 8 anni fa, è il Paese più giovane del mondo ma da allora è sprofondato nell’instabilità politica e nella violenza a causa dello scontro tra le due componenti del movimento di liberazione (con precisi riferimenti etnico-tribali) trasformatesi in acerrime nemiche a causa dello sfruttamento delle risorse petrolifere.

La tregua servirà ad affrontare una nuova catastrofe che ha colpito il Sud Sudan e centinaia di migliaia di bambini e le loro famiglie – molti dei quali stavano già affrontando un’estrema malnutrizione – sfollati a causa delle piogge torrenziali che hanno colpito l’africa nord- orientale e che vivono in insediamenti temporanei e improvvisati in tutto il Sud Sudan.

In un comunicato, Save the Children esprime «profonda preoccupazione per la salute di oltre 420.000 persone, tra cui almeno 200.000 bambini, che sono state costrette a fuggire dalle loro case a causa delle pesanti piogge e conseguenti inondazioni, che hanno colpito il paese da luglio. In totale, si stima che oltre 900mila persone (il 7% della popolazione del Sud Sudan), siano state colpite dalle inondazioni, tra gli sfollati, coloro che hanno perso terreni agricoli e quelli che sono stati isolati dall’alluvione. Pibor nella contea di Jonglei e Maban nella contea dell’Alto Nilo sono tra i centri più colpiti, con dati allarmanti che indicano che le aree a monte, tra settembre e ottobre, abbiano ricevuto oltre il 230% rispetto alla normale quantità di pioggia, pari a 425 mm di pioggia rispetto alla media del periodo di 200 mm»

Le inondazioni hanno colpito più di 30 contee negli Stati sud-sudanesi di Jonglei, Upper Nile, Warrap, il Nord di Bahr el Ghazal, Unity, Lakes, Equatoria centrale ed orientale. Save the Children e le altre ONG e agenzia Onu che operano in Sud Sudan stimano che «Il 60% delle persone che vivono nelle contee colpite affrontasse già livelli estremi di malnutrizione prima delle piogge». in alcune aree alluvionate è stata sospesa l’erogazione di aiuti e assistenza salvavita e 42 i centri nutrizionali colpiti dalle inondazioni, «Questo probabilmente aggraverà ulteriormente l’attuale situazione di malnutrizione acuta di migliaia di famiglie, poiché non avranno la possibilità di ricevere cure mediche tempestive».

Inoltre, Save the Children sottolinea «i gravi rischi a cui potrebbero essere esposti i bambini che si sono dovuti separare dalle proprie famiglie. Nel panico della fuga, inoltre, molte famiglie hanno perso i documenti, compreso i certificati di nascita che potrebbero impedire loro di accedere a servizi vitali in futuro. E nelle prossime settimane sono previste ancora forti precipitazioni. Mentre le inondazioni stagionali durante la stagione delle piogge nel Sud Sudan sono comuni, l’attuale situazione delle alluvioni è gravemente peggiorata rispetto agli anni precedenti, con esodi drammaticamente più elevati. Una delle cause potrebbe essere identificata nei cambiamenti metereologici nell’Oceano Indiano, dove si starebbe registrando un aumento superiore alla media delle temperature della superficie del mare nella parte occidentale dell’oceano che porterebbe ad un aumento delle precipitazioni nell’Africa orientale». L’Organizzazione sta intervenendo in alcune delle zone colpite dalle inondazioni in particolare nell’area di Abeyi e Akobo West, dove oltre 40.000 persone che vivono nelle tre contee di Rumamer, Mijak e Abyei, non hanno accesso a servizi sanitari, idrici o nutrizionali essenziali. Save the Children sta lavorando con il governo e i partner locali per supportare 2.400 famiglie che necessitano immediatamente di beni essenziali come rifugi di emergenza e kit igienici.

Rama Hansraj, direttore di Save the Children nel Sud Sudan, è molto preoccupato e conclude: «Le inondazioni nel Sud Sudan hanno raggiunto una fase veramente critica e i bambini e le loro famiglie hanno urgente bisogno di aiuto. Le inondazioni, che hanno colpito le comunità più vulnerabili del Paese, stanno costringendo le persone ad uscire dalle loro case per cercare di raggiungere gli altopiani qualsiasi luogo dove possano trovare rifugio. Save the Children accoglie con favore la dichiarazione dello stato di emergenza proclamato del governo del Sud Sudan in risposta alle attuali alluvioni e lo esorta a sostenere questo impegno stanziando immediatamente fondi per sostenere la risposta all’emergenza. Chiediamo inoltre al governo del Sud Sudan di garantire l’accesso umanitario in modo tale che le persone più a rischio, in particolare i bambini, possano essere urgentemente raggiunte e protette. Save the Children chiede inoltre alla comunità internazionale di impegnare risorse finanziarie e non per la risposta a sostegno dei bambini vulnerabili e delle loro famiglie».