Non solo contraddizioni in termini di equità fiscale

Fca, garanzie dello Stato per i 6,3 miliardi di euro? Greenpeace: «Servono vincoli ambientali»

«I soldi pubblici non devono essere spesi per sostenere settori inquinanti senza piani adeguati di decarbonizzazione. Questo aspetto è totalmente assente nel dibattito»

[18 Maggio 2020]

La controllata del gruppo Fiat Chrysler Automobiles, Fca Italy – l’ex Fiat, diciamo – ha avviato una trattativa con il primo gruppo bancario italiano, Intesa Sanpaolo, per ottenere un prestito da 6,3 miliardi di euro con dedicato «esclusivamente al sostegno della filiera dell’automotive in Italia, composta da circa 10.000 piccole e medie imprese». Al contempo ha chiesto allo Stato italiano garanzie per ottenere il prestito attraverso Sace, utilizzando quanto previsto dal decreto Liquidità. Un’iniziativa che ha sollevato un intenso dibattito politico e pubblico, perché al contempo Fca ha sede legale nei Paesi Bassi e sede fiscale nel Regno Unito.

Nello scorse ore è stato l’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda a mettere in fila i punti più contraddittori, dal punto di vista fiscale, della possibile operazione: «Fca non ha mai rispettato il piano degli investimenti previsto per l’Italia; avrebbe la liquidità per sostenere il gruppo ma la tiene nella capogruppo per distribuire un maxi dividendo pre fusione Psa; quel maxi dividendo non verrà tassato; nessuna casa automobilistica Ue tranne Nissan/Renault ha sede fuori dal proprio paese; il programma Sace ha rilasciato 6 garanzie per 40 milioni. Ci sono migliaia di imprese con sede in Italia che aspettano».

Ma i problemi non sono “solo” fiscali: occorre affiancare valutazioni che riguardano la tutela dei lavoratori, la salvaguardia dell’occupazione e il rispetto dei vincoli ambientali, come osserva Greenpeace. La stessa Commissione Ue suggerisce la necessità di condizionalità ecologiche per gli aiuti di Stato in questa fase pandemica, sebbene di fatto non li abbia imposti lasciando mano libera agli Stati membri.

«La mancata richiesta  di condizioni “verdi” alla possibilità di concedere e garantire prestiti con risorse pubbliche è un segnale molto preoccupante – dichiara Federico Spadini, della campagna Trasporti di Greenpeace Italia – I soldi pubblici non devono essere spesi per sostenere settori inquinanti senza piani adeguati di decarbonizzazione, e la possibilità di beneficiare di prestiti e garanzie deve sottostare a impegni concreti per ridurre e poi azzerare le proprie emissioni di gas serra. Questo aspetto è totalmente assente nel dibattito su Fca, così come in generale nei piani per sostenere e salvare interi comparti produttivi. I settori più inquinanti sono i primi sui quali si deve intervenire, e tra questi c’è certamente l’industria automobilistica».

Al proposito Greenpeace osserva che secondo gli ultimi dati pubblicati da Ispra il settore del trasporto su strada è responsabile di circa il 23% delle emissioni climalteranti in Italia e del 43% di quelle di ossidi di azoto, con un grande contributo all’inquinamento atmosferico; inoltre l’associazione ambientalista ricorda che il suo studio “Scontro con il clima” mostra come, tra le dodici principali compagnie automobilistiche al mondo, Fca sia «l’azienda con il più alto livello medio di emissioni di gas serra per singolo veicolo».

«Abbiamo l’occasione di invertire la rotta lasciandoci alle spalle il “business as usual” delle aziende inquinanti per scegliere una ripresa veramente sostenibile, attenta ai diritti e alla salute delle persone e del Pianeta. Porre ora dei vincoli all’utilizzo dei soldi pubblici a tutela del clima e dell’ambiente – conclude Spadini – è un passo necessario se vogliamo mantenere l’aumento della temperatura globale media sotto 1,5 gradi centigradi e frenare la crisi climatica, che già oggi ha impatti ambientali, sanitari ed economici più grandi di quelli causati dal Covid-19».

Quali vincoli? Greenpeace sottolinea la necessità di piani per formare i lavoratori e riconvertire i lavori dei settori inquinanti verso lavori green, il bando della vendita di veicoli a motore endotermico al 2028 con conseguente riconversione del settore verso la mobilità elettrica e condivisa, e un maggiore impegno del governo per promuovere forme di mobilità alternativa e a zero/basse emissioni.

L. A.