La Transizione ecologica del Governo Draghi sarà anche giusta?

Il nuovo ministero è stato affidato al fisico Roberto Cingolani, chiamato a promuovere lo sviluppo sostenibile nella sua triplice declinazione: ambientale, sociale ed economica

[15 Febbraio 2021]

I suoi contorni non sono ancora ben definiti, ma nel nuovo Governo del premier Mario Draghi la novità che spicca su ogni altra è di certo la rimodulazione del ministero dell’Ambiente nel nuovo dicastero della Transizione ecologica, guidato da Roberto Cingolani. Un ruolo che si annuncia di primo piano nell’esecutivo nascente, tanto che Cingolani presiederà anche l’istituendo Comitato interministeriale per il coordinamento delle attività concernenti la transizione ecologica.

Non è proprio quel ministero della Transizione ecologica chiesto da Beppe Grillo e che i militanti M5S hanno creduto di votare all’ultima consultazione online sulla piattaforma Rousseau, ma il ruolo nel governo Draghi di Cingolani si avvicinerebbe piuttosto a quello dell’ex segretario di Stato Usa John Kerry nella nuova amministrazione Biden.

Per avere più chiara la portata del cambiamento occorrerà attendere ancora qualche giorno, perché il decreto legge chiamato a stabilire le competenze del nuovo dicastero ancora non è stato pubblicato (arriveranno di certo quelle in materia energetica, ora in capo al Mise). Soprattutto, servirà capire quali saranno le priorità d’azione per il ministro Cingolani e quale forma assumerà la transizione ecologica nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): la proposta approvata dal Governo Conte II sarà con ogni probabilità ampiamente rivista, ma ancora non è dato sapere in che direzione.

Di certo il passaggio di consegne tra Roberto Cingolani e l’ormai ex ministro Sergio Costa s’annuncia come un punto di rottura.

Costa quand’è arrivato al ministero dell’Ambiente era un generale dei Carabinieri, un imprinting che – com’era facile prevedere – ha pesato molto, riducendo in larga parte l’intera politica ambientale alla tutela dell’esistente o alla caccia agli ecoreati. Al momento dell’insediamento, anche il premier Draghi ha assicurato che il suo sarà un «Governo ambientalista», ma nel senso che «qualsiasi cosa faremo, a cominciare dalla creazione di posti di lavoro, andrà incontro alla sensibilità ambientale». Il punto di svolta sta(rebbe) in questa associazione: la tutela dell’ambiente come occasione, e non ostacolo, per il lavoro.

Si tratta in altre parole di mettere in campo una politica industriale che sappia gestire la decarbonizzazione dell’economia nazionale e arrivare a una più sostenibile gestione dei flussi di materia che l’attraversano.

Al contrario di Costa, Cingolani è un fisico di formazione: dopo il dottorato alla Normale di Pisa è stato ricercatore al Max Planck Institut di Stoccarda, all’università di Tokyo e alla Virginia Commonwealth University, per poi dirigere il National Nanotechnology Laboratory di Lecce e in seguito l’Istituto italiano di tecnologia di Genova.

L’auspicio dunque è che sappia gestire bene quella scienza dei limiti che è la termodinamica senza lasciarsi sedurre dall’immobilismo (o dal mero giustizialismo) nel timore di arrecare danno. Come del resto lui stesso ha sottolineato in una recente intervista «nessuna azione ha costo zero, ma fermare tutto per non avere costi creerebbe danni superiori a quelli delle azioni stesse. Occorre bilanciare e mitigare le conseguenze ciò che facciamo. E serve un grande investimento in cultura, storia e scienza, come è sempre successo nei rari momenti in cui l’umanità è stata dominatrice illuminata e non solo predatrice».

Oltre agli oggettivi risultati d’eccellenza raggiunti nel campo dell’innovazione, a favore delle capacità manageriali di Cingolani (e a sfavore della sua sensibilità ambientalista non “tecnocratica” secondo alcuni) testimoniano i recenti incarichi assunti come membro del cda di Ferrari e illycaffè oltre che come responsabile dell’innovazione di Leonardo; al contempo è pacifico osservare che né Ferrari né soprattutto Leonardo possano essere prese ad esempio come realtà imprenditoriali dedite alla sostenibilità.

Cingolani potrà infatti conoscere benissimo i limiti biofisici del pianeta e anche come favorire la crescita di un’azienda nei settori della green economy – o almeno ce lo auguriamo –, ma per poter parlare di sviluppo sostenibile manca ancora un tassello fondamentale: il fattore sociale. La transizione ecologica infatti per essere davvero tale dovrà essere anche giusta, non concentrarsi “solo” sull’innovazione o sulla tutela ambientale ma promuovere anche un modello di sviluppo inclusivo che sappia ricucire le disuguaglianze sempre più ampie che stanno lacerando la nostra società.

È infatti sulla triplice declinazione dello sviluppo sostenibile – ambientale, sociale ed economica – che si misurerà la bontà dell’operato dell’intero Governo Draghi, ministro Cingolani compreso.