Elettricità futura: «Una Pa più efficiente contro l’emergenza climatica»

Rinnovabili, altro che semplificazioni: in Italia servono 7 anni per l’ok a un impianto

La nuova Direttiva europea da recepire entro giugno 2021 chiede il rispetto del limite di due anni

[22 Giugno 2021]

Continuando con il ritmo attuale nell’istallazione di nuovi impianti per produrre energia da fonti rinnovabili – circa 0,8 GW l’anno – l’Italia raggiungerebbe gli obiettivi climatici al 2030 in circa 70 anni: significherebbe abbandonare ogni velleità di lotta alla crisi climatica in corso, insieme alle opportunità lavorative e di sviluppo sostenibile che porta con sé.

Per superare questo drammatico ritardo è indispensabile rivedere in profondità l’iter autorizzativo degli impianti (il cosiddetto sistema di permitting), come i vari decreti Semplificazioni non sono finora riusciti a fare.

A metterlo in evidenza con chiarezza è il nuovo studio Il disegno del sistema autorizzativo per decarbonizzare e rilanciare gli investimenti, presentato oggi da Elettricità futura – la principale associazione delle imprese elettriche italiane – realizzato in collaborazione con Althesys.

«Una Pubblica amministrazione più efficiente permetterà di avviare nuovi investimenti, ridurre le emissioni di CO2, creare posti di lavoro e tutelare il nostro Paese dall’emergenza climatica – spiega Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità futura – Il Dl Semplificazioni in fase di conversione in queste settimane, se migliorato, sarà un passo importante per raggiungere gli obiettivi del Green deal 2030, salvaguardando l’ambiente e il paesaggio».

Quel se migliorato non è casuale, in quanto altri operatori di settore (come l’Anev) hanno già preso posizione sul nuovo decreto Semplificazioni dichiarando che con l’attuale formulazione potrà fare ben poco per tagliare i ritardi del permitting. Del resto anche i precedenti sono poco incoraggianti, come nel caso del decreto Semplificazioni in vigore da luglio 2020, che anche secondo Elettricità futura «costituisce un passo avanti, ma è ancora largamente insufficiente».

L’indagine condotta insieme ad  Althesys mostra infatti che ancora oggi un processo autorizzativo per questi impianti «ha una durata media di 7 anni di cui quasi 6 anni oltre i limiti di legge. La nuova Direttiva Rinnovabili, da recepire entro giugno 2021, chiede il rispetto del limite di due anni. Inoltre, l’indagine evidenzia che il 46% dei progetti presentati non viene realizzato». In altre parole quasi il 50% delle richieste autorizzazione non diventa un impianto e l’altro 50% lo diventa ma con 6 anni di ritardo.

Eppure non si tratta “solo” di salvare il clima: i benefici a rischio sono stimati in circa 100 miliardi di euro al 2030, dati dall’insieme di ricadute dirette in Italia degli investimenti, dagli effetti netti sul sistema economico e dalla riduzione delle emissioni.

Secondo lo studio presentato oggi occorre agire dunque sulle procedure autorizzative, emanando i decreti attuativi del Dl Semplificazioni e del Codice degli appalti, attuando la direttiva Rinnovabili 2018/2001 e rivedendo la normativa Via. Istituendo, inoltre, una fast track per determinati impianti di pubblica utilità (urgenti e indifferibili), estendendo l’utilizzo della Procedura abilitativa semplificata (Pas) e migliorando le misure e i percorsi specifici per il rinnovamento degli impianti esistenti. Sul fronte governance e istituzioni, secondo Elettricità futura e Althesys occorre inoltre garantire il coordinamento tra procedure ed enti, l’uniformità dei procedimenti regionali e istituire un organismo centrale per attuare il Pniec. Un’accelerazione delle procedure deve, poi, venire dalla digitalizzazione e dalla disponibilità di maggiori competenze e risorse umane.

«Lo studio – conclude l’economista Alessandro Marangoni, ceo di Althesys – evidenzia che va ripensato l’intero sistema di governance, garantendo il coordinamento tra i diversi enti e l’uniformità dei procedimenti regionali, anche con un organismo centrale per attuare il Pniec. Serve poi un potenziamento del burden sharing, definendo quali siano le aree non idonee per la costruzione degli impianti. Infine, va aumentato il consenso verso le rinnovabili, coinvolgendo le comunità locali».

Sotto questo profilo un ruolo determinante va all’informazione e comunicazione ambientale, su cui occorre investire per migliorare in qualità prima ancora che in quantità, ma occorre agire anche per rendere più attraenti le installazioni di impianti alimentati da energie rinnovabili: gli strumenti per favorire il permitting non mancano (crowdfunding, Ppa, comunità energetiche, etc) e hanno tutti un elemento in comune, la massima condivisione dei benefici socio-economici col territorio di riferimento.