La Commissione Ue punta sulle pale eoliche galleggianti. Per l’Italia sono ancora fantascienza

L’unione europea vuole aumentare l’eolico offshore di 25 volte. Ma l’Italia è a zero

Nasce la Coalition for Offshore Energy and Nature: un’alleanza tra ambientalisti e industria dell’eolico offshore

[17 Novembre 2020]

Secondo una bozza della strategia della Commissione europea per le energie rinnovabili offshore, che sarà presentata il 19 novembre e che è stata vista da EURACTIV in anteprima, «La capacità eolica offshore nell’Ue dovrebbe essere moltiplicata di 25 volte entro il 2050».

Un obiettivo molto ambizioso, ancora di più se lo si confronta con la situazione nel Mediterraneo e in particolare dell’Italia dove un referendum contro le trivellazioni petrolifere offshore non ha raggiunto il quorum ma dove, come hanno denunciato recentemente Anev, Legambiente, Greenpeace e Kyoto Club nel “Manifesto per lo sviluppo dell’eolico offshore in Italia, nel rispetto della tutela ambientale e paesaggistica”, l’eolico offshore è a zero e i progetti esistenti sono contrastati a cauisa si s di una sindrome NImby che colpisce anche quando le palee o eoliche, magari galleggianti, sono invisibili a decine di miglia dalla costa.

Intanto, mentre in Italia diverse associazioni ambientaliste, un bel po’ di politici e un pezzo di Confindustria vedono l’eolico offshore come un nemico da combattere ieri  è nata la nuovaCoalition for Offshore Energy and Nature, una nuova partnership tra le principali ONG ambientali, i gestori dei sistemi di trasmissione e l’industria eolica che lavoreranno insieme «per garantire che l’Europa realizzi la sua prevista espansione dell’eolico offshore, preservando allo stesso tempo la natura e gli ecosistemi marini». Ne fanno parte BirdLife Europe, Climate Action Network Europe, WWF, Naturschutzbund Deutschland (NABU), The Royal Society for the Protection of Birds, Natuur & Milieu, The Wildlife Trusts, Stichting De Noordzee , The Renewables Grid Initiative, 50hertz, Amprion, Elia Group, RTE France, TenneT, Ørsted, Vattenfall, Siemens Gamesa e WindEurope.

La Coalizione sottolinea che «L’Europa ha bisogno di grandi quantità di energia eolica per realizzare il Green Deal e la neutralità climatica. La Commissione Ue ritiene che entro il 2050 l’eolico rappresenterà la metà dell’elettricità europea. Ciò richiede una forte espansione dell’eolico sia onshore che offshore. La Commissione prevede entro il 2050 fino a 20 volte più eolico offshore di quanto ne abbiamo oggi. Alla fine di questa settimana Adotterà una strategia dell’Ue per le energie rinnovabili offshore che stabilirà come raggiungere questo obiettivo. Allo stesso tempo, l’Europa deve proteggere i suoi ecosistemi marini e la biodiversità. L’eolico offshore riduce le emissioni di CO2, quindi mitiga i cambiamenti climatici e gli impatti dei cambiamenti climatici sull’ambiente marino. I parchi eolici offshore hanno anche alcuni impatti positivi sull’ambiente marino nelle loro immediate vicinanze. Ma potrebbero anche avere un impatto negativo sull’ambiente locale se non sono costruiti e gestiti nel modo giusto. Quindi è molto importante che l’industria eolica collabori con gli stakeholders   ambientali».

E, per questo le principali ONG ambientali, i gestori dei sistemi di trasmissione e l’industria eolica hanno deciso di unirsi e formare una nuova coalizione: «Vogliamo  aiutare l’Ue e i governi nazionali a raggiungere i loro obiettivi climatici garantendo al contempo il successo delle loro strategie di protezione ambientale e biodiversità». La Coalizione si concentrerà sulle migliori pratiche e concorderà i migliori approcci per sviluppare l’eolico offshore preservando la natura locale e gli ecosistemi marini.

Il CEO di WindEurope Giles Dickson ha commentato: «Questa è un’iniziativa eccellente. L’industria e le ONG devono collaborare affinché l’Ue possa realizzare i suoi obiettivi in ​​materia di clima e biodiversità, diventare il primo continente climaticamente neutro ed essere un esempio per il mondo. L’energia eolica offshore sarà una parte centrale della transizione energetica dell’Europa, di una transizione giusta e di ripresa economica. L’industria eolica è lieta di unire le forze con la società civile e i TSO per garantire che l’espansione dell’eolico offshore mantenga i nostri mari sani, puliti e produttivi. Questo è l’inizio di una collaborazione essenziale».

Secondo EURAC TIV  l’idea della Commissione Ue e è di «Ampliare i parchi eolici costruiti sulla superficie di specchi d’acqua soprattutto nel Mare del Nord sfruttando il vento per generare energia elettrica. Anche il Baltico, l’Atlantico, il Mediterraneo e il Mar Nero hanno tutti un potenziale importante per l’incremento delle turbine eoliche ma è il Mare del Nord a detenere attualmente il primato mondiale per l’eolico offshore».

E l’Europa punta proprio sulle pale eoliche galleggianti che consentono l’installazione di parchi eolici in acque molto profonde, perché non sono immediatamente fissate al fondo marino.

EURAC TIV  ricorda che «Oggi la capacità offshore europea è pari a 23 gigawatt (GW) ma per raggiungere gli obiettivi climatici deve essere implementata in maniera considerevole: secondo i piani della Commissione». La bozza di documento che proporrà la Commissione Ue prevede che l’Unione europea raggiunga i 60 GW entro il 2030 e i 300 GW entro il 2050. Un aumento che costerà complessivamente 789 miliardi di euro e creerà 62.000 posti di lavoro nell’industria dell’eolico offshore.

I finanziamenti per sostenere questo colossale sforzo dovrebbero arrivare da finanziamenti privati e pubblici, compresi i piani nazionali di ripresa dalla pandemia di Covid-19. EURAC TIV  scrive che «Una prossima revisione delle linee guida dell’Ue sugli aiuti di stato per i progetti energetici, prevista per il prossimo anno, dovrebbe dare inoltre ai governi nazionali un maggiore margine di manovra per finanziare progetti offshore. I paesi maggiormente interessati sono Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Germania, che detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue e che ha in questa veste spinto per una proposta ambiziosa».

L’Italia, più che in ritardo immobile e con le regioni – come l’Emilia Romagna – che muovono guerra all’eolico offshore ma non fanno passi per avviare una vera transizione dalle fonti fossili, rischia di restare tagliata fuori da una strategia che «prevede che gli Stati membri lavorino a livello transfrontaliero per raggiungere gli obbiettivi energetici nel campo dell’eolico offshore»  Ed EURAC TIV sottolinea che non si tratta di una cosa semplice: «La legislazione per questi siti ibridi è ancora agli inizi e gli investimenti sono difficili a causa delle complicate negoziazioni tra paesi. C’è solo un esempio di sito ibrido, dove le turbine sono collegate a più di un paese o condividono l’infrastruttura di trasmissione: Kriegers Flak, un parco eolico offshore situato tra la Germania e la Danimarca. Il lavoro da fare, dunque, non riguarda solo il tema degli investimenti ma anche quello della regolamentazione normativa a livello europeo».Mentre l’Italia cincischia l’Europa andrà avanti sempre più velocemente perché l’obiettivo chiave del progetto di strategia offshore è quello di mantenere la leadership globale dell’UE nel settore: »L’Ue, infatti – conclude EURAC TIV, –  è attualmente leader mondiale nel settore dell’energia eolica offshore, con il 42% della capacità globale offshore attualmente installata in Europa, ma è incalzata da Cina e India. Quasi la metà degli investimenti globali nell’eolico offshore nel 2018 sono stati effettuati dalla Cina e dunque per mantenere il primato europeo, oltre che per contribuire agli obiettivi climatici, è indispensabile coordinare nuovi investimenti attraverso una strategia chiara. Del resto bisogna tenere conto anche della crescente concorrenza del Regno Unito, sempre più prossimo all’abbandono definitivo dell’Ue dal primo gennaio 2021, che sta cercando di aumentare il suo parco offshore, e della possibile concorrenza americana con l’amministrazione Biden che dovrebbe rilanciare la tecnologia eolica in America».

Insomma, l’Italia è fuori da una bella fetta dell’economia energetica mondiale e rischia di restarne fuori anche in futuro. Quasi come se chi ci governa – e chi è ora all’opposizione – pensasse ancora che l’eolico offshore e galleggiante sono cose da fantascienza o solo da Paesi del Nord Europa.