State of Global Air 2020 Report: negli ultimi 10 anni pochi o nessun progresso nelle regioni più inquinate

Nel 2019 l’inquinamento atmosferico ha provocato 6,7 milioni di morti (VIDEO)

L'inquinamento atmosferico ha contribuito alla morte dei quasi mezzo milione di bambini

[21 Ottobre 2020]

Lo “State of Global Air 2020 Report” (SoGA 2020), appena pubblicato, insieme al website interattivo, da Health Effects Institute (HEI) in collaborazione con Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME2) delle università di Washington-Seattle e della  British Columbia, presenta anche la prima analisi completa in assoluto dell’impatto globale dell’inquinamento atmosferico sui neonati e rileva che «L’inquinamento da particolato esterno e domestico ha contribuito alla morte di quasi 500.000 bambini nel loro primo mese di vita. Quasi due terzi di questi decessi erano legati all’utilizzo di combustibili solidi come carbone, legno e sterco di animali per cucinare».
A livello globale, nel 2019, l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico domestico e all’aperto ha contribuito a oltre 6,7 milioni di morti all’anno per ictus, infarto, diabete, cancro ai polmoni, malattie polmonari croniche e malattie neonatali. Per i bambini più piccoli, la maggior parte dei decessi è legata a complicazioni.dovute al basso peso alla nascita e al parto prematuro. «Nel complesso – dicono all’HEI –  l’inquinamento atmosferico è ora la quarta causa di morte tra tutti i rischi per la salute, classificandosi appena sotto il fumo e la cattiva alimentazione».

I risultati del SoGA 2020, che si basano  sul più recente studio “Global Burden of Disease” (GBD), pubblicato da The Lancet il 15 ottobre –  che qualcuno ha riassunto con la frase «Il neoliberismo fa male alla salute» –  e vengono presentati mentre il Covid-19 – che colpisce molto più duramente le persone con malattie cardiache e polmonari, che  sono particolarmente a rischio di infezione e morte – ha causato più di 1 milione di vittime. Il team di ricerca del SoGA 2020 ricorda che «Sebbene i collegamenti completi tra inquinamento atmosferico e COVID-19 non siano ancora noti, esistono prove chiare che collegano l’inquinamento atmosferico e l’aumento delle malattie cardiache e polmonari, creando una preoccupazione crescente che l’esposizione ad alti livelli di inquinamento atmosferico, specialmente quelli comunemente riscontrati nei Paesi dell’Asia meridionale e orientale, potrebbero esacerbare gli effetti del  Covid-19».

Christopher Murray, direttore dell’IHME all’Università di Washington-Seattle, che ha guidato il team di ricerca GBD, sottolinea che «L’interazione del Covid-19 con il continuo aumento globale delle malattie croniche e dei fattori di rischio correlati, tra cui obesità, glicemia alta e inquinamento atmosferico esterno, negli ultimi 30 anni ha creato una tempesta perfetta, alimentando le morti da Covid-19».

Anche se in alcuni Paesi le azioni intraprese dai governi hanno portato a modesti miglioramenti della qualità dell’aria, il rapporto sottolinea che «I progressi sono stati scarsi o nulli nei paesi più inquinati dell’Asia meridionale e dell’Africa. Sebbene la Cina abbia compiuto i primi progressi nella riduzione dell’inquinamento atmosferico, i paesi dell’Asia meridionale tra cui Nepal, Pakistan, Bangladesh e India hanno continuato a sperimentare livelli molto elevati di inquinamento atmosferico ambientale». Anche per questo, insieme, Cina e India hanno la metà dei morti attribuibili all’inquinamento atmosferico a livello globale, cioè 3,5 milioni di decessi nel solo 2019.

Dan Greenbaum, presidente dell’HEI, evidenzia che  «La salute di un bambino è fondamentale per il futuro di ogni società, e questa nuova evidenza suggerisce un rischio particolarmente elevato per i bambini nati nell’Asia meridionale e nell’Africa subsahariana. Anche se c’è stata una riduzione lenta e costante della dipendenza delle famiglie dai combustibili di scarsa qualità, l’inquinamento atmosferico da parte di questi combustibili continua a essere un fattore chiave nella morte di questi bambini più piccoli».

I neonati nel primo mese di vita sono già molto vulnerabili, ma un numero crescente di prove scientifiche provenienti da diversi Paesi indica che «L’esposizione all’inquinamento atmosferico da particolato durante la gravidanza è collegata al basso peso alla nascita e alla nascita prematura – dicono i ricercatori – Queste ultime condizioni, entrambe associate a gravi complicazioni, rappresentano già la stragrande maggioranza dei decessi nel periodo neonatale (1,8 milioni nel 2019)». La nuova analisi dello State of Global Air stima che «Il 20% delle morti infantili in questo gruppo di età sia attribuibile all’inquinamento atmosferico ambientale e domestico, la maggior parte per il loro impatto sul basso peso alla nascita e sulla nascita prematura».

Susan Niermeyer, neonatologa dell’università del Colorado, che non è stata coinvolta nello studio, ha commentato: «Penso che sia molto importante che il progetto Global Burden of Disease affronti l’inquinamento atmosferico e il basso peso alla nascita/parto prematuro. Non è stato messo a fuoco in modo significativo dagli operatori sanitari e i responsabili politici».
Il rapporto ha anche evidenziato il grave problema dell’esposizione all’inquinamento atmosferico domestico dovuto alla combustione di combustibili solidi, e non solo per i neonati: «Nonostante una riduzione dell’11% nell’ultimo decennio, nel 2019 il 49% della popolazione mondiale – per un totale di 3,8 miliardi di persone – era ancora esposta all’inquinamento atmosferico domestico a causa delle cucine. L’esposizione è fortemente collegata ai livelli di sviluppo sociodemografico ed economico».

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