Standard e marchi ambientali: certificare per competere

Symbola e Cloros : marchi e certificazioni ambientali aiutano cittadini, imprese e qualità

[26 Febbraio 2016]

Le certificazioni e i marchi ambientali nel mondo sono più di  450 nel mondo e ogni anno se ne aggiungono ameno 12, un universo fatto di sigle semplici ed efficaci ma anche di poco comprensibili. «Un mare magno composto da strumenti rigorosissimi che convivono con operazioni di puro greenwashing – spiegano a Symbola e Cloros –  In cui nuotano tante delle nostre imprese.  Con oltre 24mila certificazioni siamo il secondo Paese al mondo per numero di certificati ISO 14001. Il primo per numero di certificazioni di prodotto EPD, il terzo per Ecolabel ed EMAS. E siamo il quinto paese del G20 per certificazioni forestali di catena di custodia FSC».

Proprio per dare a consumatori e imprese strumenti utili per orientarsi nel vasto mondo delle certificazioni ambientali è nato il rapporto “Certificare per competere” di Fondazione Symbola e Cloros, presentato oggi a Milano in collaborazione con Accredia, l’Ente unico nazionale di accreditamento designato dal Governo italiano.  Si tratta di un rapporto unico nel suo genere, che esamina a fondo marchi e certificazioni amiche dell’ambiente portando alla luce la solida correlazione che esiste tra queste certificazioni e competitività delle aziende che le adottano.   Symbola è convinta che «Le certificazioni ambientali aiutano la qualità delle imprese e l’innovazione, spingono le esportazioni, il fatturato e l’occupazione, indirizzano alla green economy».

Symbola e Cloros  prendono in considerazione le le cosiddette 4°, Automazione, Abbigliamento, Arredocasa, Alimentari, i quattro settori tradizionali del made in Italy, mettendo a confronto le perfomance delle aziende certificate con quelle delle non certificate. I risultati sono eloquenti: «In piena crisi, tra il 2009 e il 2013, le imprese delle 4A amiche dell’ambiente hanno visto i loro fatturati aumentare, mediamente, del 3,5%, quelle non certificate del 2%: le certificazioni portano in dote, cioè, uno ‘spread’ positivo di 1,5 punti percentuali. Ancora meglio nell’occupazione, dove lo spread arriva a 3,8 punti percentuali: le aziende certificate hanno visto crescere gli addetti del 4%, le altre dello 0,2%. Con vantaggi particolarmente spiccati nell’abbigliamento (spread nel fatturato +3,6) e nell’automazione (spread per gli addetti +3,9). Determinante essere attenti alla sostenibilità anche sul fronte export:  le imprese delle 4A con certificazione ambientale esportano nell’86% dei casi, mentre le non certificate nel 57%. E se le certificazioni giovano a tutte le imprese, alle aziende medio piccole mettono il turbo: le PMI (fino a 50 addetti) con certificazione ambientale registrano uno spread di +4 punti nel fatturato (contro un +1,1 delle medie, fino a 250 addetti, e un +0,6 punti delle grandi) e di 1,2 punti negli occupati (contro lo 0,6 o 0,7 delle altri classi)».

Secondo il rapporto, queste performance si spiegano anche con la sempre maggiore sensibilità degli italiani verso la sostenibilità. Come emerge da sondaggio Ipsos curato per questo studio, «I nostri concittadini dimostrano un discreto interesse verso il green, buona familiarità e fiducia nelle certificazioni ambientali: l’80% degli intervistati le ritiene affidabili. C’è dunque una generale aspettativa positiva, ma c’è notevole differenza tra questa familiarità e la conoscenza reale delle certificazioni. Se chiediamo di indicare spontaneamente i marchi di certificazione conosciuti sa dare una risposta il 39% degli intervistati. E tra questi meno della metà, ossia il 15% degli italiani, indica nomi di certificazioni ambientali esistenti. Segno che la strada verso una corretta e ampia conoscenza di queste certificazioni e di tutti i vantaggi che portano è ancora lunga».

Il presidente di Symbola, Ermete Realacci, spiega che «Le certificazioni ambientali sono uno strumento che aiuta crescita, innovazione ed export. Non vanno considerate come una pratica burocratica da adempiere, ma come un  elemento determinante nel cammino delle aziende di tutti i settori, e del Paese, verso la qualità. Una certificazione ambientale porta con sé vantaggi nei bilanci, più qualità, migliori rapporti con i consumatori, il territorio, la società e la Pubblica amministrazione; rafforza quella tensione innovativa che è il cuore della sostenibilità e della green economy. Marchi e certificazioni amici dell’ambiente aiutano anche a contrastare i mutamenti climatici e spingono l’Italia nella direzione indicata dalla Cop21 di Parigi».

Riccardo Caliari, amministratore delegato di Cloros, ha detto: «Abbiamo promosso questo Dossier per fare chiarezza nel mondo delle certificazioni, un grande valore ad oggi poco conosciuto e sfruttato Come imprenditore ho la necessità di capire concretamente il legame tra le certificazioni e le performance aziendali; mi sembra indubbio che dalla ricerca sia emerso un legame diretto ed inequivocabile. Dobbiamo ora lavorare su due fronti per far sì che gli obiettivi di contenimento dei cambiamenti climatici diventino un’opportunità e non un problema: da un lato fare informazione verso il consumatore finale sui marchi ambientali e dall’altro fare capire alle aziende che hanno la grande possibilità di creare un vantaggio competitivo».

Ma la diffusione delle certificazioni ambientali non è capillare e le potenzialità di questo sistema non sono sfruttate al meglio e questo nonostante l’attenzione crescente degli italiani alla sostenibilità e  la tensione del  nostro settore produttivo verso la green economy: «Il 24,5% delle nostre imprese dall’inizio della crisi ha fatto investimenti green con vantaggi competitivi in termini di export, il 43,4% delle imprese manifatturiere eco-investitrici esporta stabilmente contro il 25,5% delle altre – si legge nel rapporto – e ricadute positive anche sull’occupazione, hanno infatti a che a fare con l’ambiente il 59% dei nuovi posti di lavoro prodotti nel 2015».

Secondo Symbola e Cloros, «Se il potenziale delle certificazioni amiche dell’ambiente non è pienamente sfruttato lo si deve a diverse concause tra cui: una inadeguata conoscenza delle certificazioni e dei loro benefici da parte delle imprese che potrebbero adottarle, un deficit dell’azione pubblica in sostegno a questi strumenti e la scarsa alfabetizzazione dei consumatori finali. C’è ancora da lavorare e sia la politica, che enti certificatori e aziende devono fare di più per raggiungere una maggiore diffusione delle certificazioni ambientali così da renderle un fattore strutturale nella crescita qualitativa del sistema produttivo italiano».

Giuseppe Rossi, presidente di Accredia conclude: «Il rapporto peraltro evidenzia alcune criticità. Tra queste, la bassa conoscenza delle certificazioni ambientali e dei relativi vantaggi, sia da parte delle imprese che dei consumatori, oltretutto disorientati per la molteplicità dei marchi; l’esigenza di un maggior supporto della Pubblica Amministrazione nella valorizzazione di questi strumenti; così come la scarsa consapevolezza dei benefici derivanti dalla certificazione accreditata e sottoposta agli scrupolosi controlli degli organismi accreditati, rispetto ad altre forme di attestazione. Pertanto, è giusto sottolineare la positiva decisione di introdurre, nella legge sulla green economy da poco entrata in vigore, riconoscimenti per le imprese che decidono di ricorrere alla certificazione accreditata, ma è altrettanto indispensabile richiedere l’attenzione del legislatore per un miglioramento nel corretto richiamo agli standard esistenti e a quelli nuovi, specifici per i diversi settori, implementando le attività di sensibilizzazione delle imprese e dei consumatori verso uno sviluppo sostenibile».