[16/01/2008] Comunicati

Segnali di sostenibilità dalla Cina

ROMA. Non bisogna sopravvalutarne il significato, né pensare di essere in presenza di chissà quale svolta ecologista da parte della Cina, ma ciò nonostante colpisce che, negli stessi giorni in cui in Italia, paralizzata e sommersa dai rifiuti, si consuma il fallimento della nostra classe dirigente, il governo cinese sappia invece prendere decisioni assai impegnative come quella di vietare, dal primo giugno, l’uso dei sacchetti di plastica. Non c’è dubbio però che il segnale è importante e confortante, dato che una riconversione ecologica dell’economia che non fosse capace di coinvolgere la Cina non avrebbe nessuna possibilità di imporsi.

Non va quindi sottovalutata la portata della scelta, come gran parte dei media hanno fatto, se non altro per le sue dimensioni, visto che ogni giorno i cinesi utilizzano ben tre miliardi di sacchetti di plastica. In poche parole, in pochi mesi, il governo cinese chiede a oltre un miliardo e mezzo di persone di modificare le proprie abitudini ed i propri comportamenti, sostituendo i sacchetti di plastica con borse di stoffa o addirittura con le vecchie gerle. La cosa più importante e da sottolineare è che non si tratta di una decisione isolata, ma al contrario essa non è che l’ultimo dei segnali che testimoniano di un evidente aumento del peso della questione ambientale nelle scelte dei decisori politici cinesi. E’ stata, infatti, preceduta, prima dal vero e proprio boom delle installazioni di impianti eolici e solari e poi dalla fissazione di limiti di emissione per le auto, assai più severe di quelle in vigore negli Stati Uniti.

Certo sarebbe sbagliato sostenere che questa sensibilità ambientale sia il frutto di improvvisi ripensamenti, del nuovo gruppo dirigente cinese, sul modello di crescita che l’immenso paese asiatico persegue. Assai più probabile che l’evidente cambio di passo che, sui problemi ambientali, la Cina sta dimostrando di fare, dipenda dal crescente inquinamento che avvolge le città cinesi o dalle sconvolgenti manifestazioni del cambio di clima che, in quella parte del mondo, sono assai significative. A queste motivazioni si deve aggiungere anche il bisogno di ridurre le importazioni di petrolio, visto che il costo del barile ha ormai sfondato i cento dollari e parecchie sono le tonnellate che si risparmiano non fabbricando i sacchetti di plastica. E’ presto per poter dire se la Cina, dopo questi segnali, si avvierà ad essere uno dei paesi protagonisti nella lotta al riscaldamento globale o che sarà in grado di praticare una riconversione ecologica dell’economia, ma colpisce il differente modo di reagire ai problemi ambientali di questo paese immenso, rispetto, ad esempio, all’ inconcludente chiacchericcio a cui ci hanno abituato le nostre classi dirigenti. Non mi meraviglierebbe affatto che a chiudere alle auto i centri storici e parti delle città ci arrivassero prima dei nostri i sindaci di Pechino o delle altre città cinesi. Da noi prima di farlo potrebbero chiederci di respirare a giorni alterni.


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