[29/01/2008] Consumo

Il cuore di tenebra dell’oro

LIVORNO. Il prezzo dell’oro è in continua ascesa, mentre scriviamo ha raggiunto i 930,30 dollari all’oncia, con un rialzo dell’ 1,82%, e la crescita continua, fino ad allarmare oggi lo stesso Sole 24 ore, visto che la cosa riguarda da vicino l’industria italiana, forse ancora la maggiore trasformatrice di oro del mondo, con una media di 400 – 450 tonnellate lavorate all’anno nei momenti migliori, il 70% delle quali vengono esportate. E con la toscana Arezzo che, nonostante la crisi del settore orafo, resta ancora la prima della classe. L’oro è una specie di indicatore ambientale dell’economia. La sua quotazione è strettamente legata all’andamento dei mercati azionari e reagisce come un animale parassita ai momenti di difficoltà delle borse: sale quando, come oggi, sono in calo e scende quando salgono.

Circa un terzo di tutto l’oro del pianeta è custodito dalle banche centrali, il resto è gioielleria, componenti dell’industria elettronica, spaziale e medica e speculazione. Nel mondo vengono estratte ogni anno circa 2.000 tonnellate d’oro, il principale produttore è il Sudafrica, poi ci sono Usa, Australia, Russia, ma il nuovo eldorado sono le foreste del Congo, quello che ormai è diventato, protetto da guerriglieri etnici, ribelli, signori della guerra e militari, il pulsante cuore di tenebra dell’economia mondiale e dei peggiori traffici del Pianeta.

Ma per capire quanto sia nero il cuore splendente del mercato dell’oro bisogna leggere quello che scrive Loretta Napoleoni su “Internazionale” in edicola, in un coinvolgente articolo da incorniciare per chiarezza e precisione intitolato “Il lato oscuro dell´economia”: «Lo sapete che la catenina che avete regalato a vostra moglie a Natale ora costa quasi il 30 per cento in più? E non è detto che riusciate a trovarne una simile. I gioiellieri hanno smesso di comprare oro all´inizio di gennaio, quando il prezzo del metallo giallo ha superato i 900 dollari all´oncia. La cosa sorprendente è che la sensazionale crescita dell´oro, cominciata un anno fa, non deriva dall´impennata della domanda né è legata al suo ruolo come bene rifugio nei momenti di crisi e d´incertezza economica. In realtà l´aumento del prezzo è opera degli speculatori che ormai infestano i mercati dei futures, dove si vendono (a un prezzo stabilito in anticipo) opzioni per l´acquisto e la vendita di materie prime e metalli con scadenze da uno a sei mesi. Le autorità monetarie, le banche centrali e gli analisti finanziari temono il peggio e mettono in guardia sulla scomparsa della domanda. Ma non possono condizionare la borsa mondiale, perché nessuno dispone di così tanto denaro come gli speculatori». Ma dietro l’asettico e frenetico e spesso incomprensibile mondo della speculazione finanziaria sull’oro, dietro alle cifre che sgonfiano e gonfiano passando da un monitor di computer di Shanghai ad uno di Dubai, di Wall Street o di Bruxelles, dietro la crisi degli orafi aretini e vicentini, si nasconde una realtà fatta di sangue e merda, come direbbe Winston Churchill.

«La "corsa all´oro" ha però altre conseguenze per i consumatori più sconcertanti del rincaro dei gioielli – spiega la Napoleoni - Conseguenze di cui nessuno parla, perché i complessi meccanismi economici che legano la finanza mondiale al villaggio globale sono ancora sconosciuti. Le Nazioni Unite ripetono da mesi che l´aumento dei prezzi stimola il contrabbando di oro dal Congo. A differenza del mercato dei diamanti, quello dell´oro non è regolato da un cartello internazionale che evita di fare affari con paesi come la Sierra Leone, dove l´industria dei diamanti si serve dei bambini ridotti in schiavitù dai signori della guerra", rivela Rico Carish, ispettore delle Nazioni Unite per la Sierra Leone e il Congo. Il mercato dell´oro è libero. E l´oro insanguinato del Congo, estratto da schiavi bambini al soldo dei baroni della guerra, si smercia facilmente sul mercato mondiale. Nonostante le durissime sanzioni imposte dalle Nazioni Unite, che ne vietano l´esportazione. È uno dei paradossi dell´economia globalizzata. Un´economia diventata canaglia, perché in mano a nuove forze economiche come gli speculatori dell´oro e gli schiavisti dell´Africa, che sfuggono a tutti i controlli, da quelli dei governi a quelli delle organizzazioni internazionali. L´embargo in Congo viene regolarmente aggirato grazie alla collaborazione di società, banche e trafficanti d´oro senza troppi scrupoli. Quasi tutto l´oro insanguinato del Congo passa infatti dall´Uganda. Chi conosce i traffici di questo paese sa benissimo che l´Uganda non produce oro».

Un orrore economico-militare basato su una speculazione colossale: l’oro del Congo costa poco e viene piazzato a molto da chi lo raffina, industrie canadesi, indiane e degli Emirati Arabi Uniti che sanno di non doversi fare un’unica domanda: da dove viene quell’oro e a quali costi ambientali ed umani.

«Così – scrive Loretta Napoleoni - la fede nuziale che portiamo al dito o la catenina che vogliamo regalare a nostra figlia per la prima comunione potrebbe essere sporca del sangue dei bambini minatori e dei bambini soldato congolesi, rapiti e ridotti in schiavitù dai signori della guerra di Ituri, centro aurifero del Congo orientale. Più il prezzo dell´oro sale, più crescono le probabilità che questo avvenga, perché l´oro contrabbandato è sempre più a buon mercato».

Ma l’oro è solo la prima e più luccicante maglia di una catena di consumi che quella che la Napoleoni chiama “economia canaglia” ci fa trovare ogni giorno nei nostri piatti, ma al prezzo che vuole. Una specie di sospensione delle leggi di mercato, della domanda e dell’offerta, resa sicura dai miliardi di braccia a basso costo disponibili e soprattutto dalla nostra ignoranza e le nostre amnesie di virtuosi o voraci consumatori occidentali, dalle vetrine e dai nostri supermercati, vero motore del mondo, che non ci faranno riconoscere l’orrore che può celarsi dentro una scatola di cacao in polvere o in una banana 10 e lode.



Torna all'archivio