[22/04/2008] Energia

I biocombustibili marginalizzano le donne

ROMA. Secondo il rapporto della Fao “Gender and Equity Issues in Liquid Biofuels Production – Minimizing the Risks to Maximize the Opportunities”, «il rapido incremento della produzione su larga scala di biocombustibili liquidi nei paesi in via di sviluppo potrebbe inasprire la situazione di emarginazione delle donne nelle zone rurali e le loro condizioni di vita».

La ricerca evidenzia che le colture su larga scala destinate alla produzione di bioetanolo e biodiesel, richiedono un uso intensivo di terra, acqua, fertilizzanti chimici e pesticidi e dei fattori produttivi, a cui i piccoli agricoltori, in particolare le donne, hanno tradizionalmente accesso limitato. Yianna Lambrou, co-autrice del rapporto insieme all’italiano Andrea Rossi, spiega che «A meno che nei paesi in via di sviluppo non verranno adottate politiche capaci di rafforzare la partecipazione dei piccoli agricoltori, specialmente donne, alla produzione bioenergetica mediante un maggiore accesso alla terra, al capitale e alla tecnologia, le disuguaglianze di genere diverranno probabilmente sempre più marcate e le condizioni di vita delle donne peggioreranno ulteriormente. La produzione di biocombustibili sicuramente può offrire nuove opportunità, ma affinché esse vadano a beneficio dei piccoli agricoltori, specialmente le donne, è necessario che vengano attuate politiche a loro favore».

La Fao, dopo un iniziale entusiasmo (peraltro generalizzato) sulle possibilità offerte dai biocarburanti, sta rapidamente rivedendo le sue posizioni a causa dell’aumento dei costi del cibo, delle rivolte del pane e del riso e della domanda mondiale di biocombustibili, che «potrebbe esercitare una forte pressione sulle cosiddette terre “marginali”, che hanno una funzione chiave per la sussistenza delle popolazioni rurali povere e sono spesso coltivate dalle donne – si legge nel rapporto - Convertire queste terre in colture per la produzione di biocombustibili “potrebbe causare il parziale o totale abbandono delle attività agricole da parte delle donne spingendole verso terre ancora più marginali”, con gravi conseguenze sulla capacità delle donne di procurarsi cibo per sé e per la propria famiglia».

L’esaurimento e il degrado delle risorse naturali, insieme alle coltivazioni su larga scala per produrre biocombustibili, aumenterebbero le difficoltà per l’occupazione e per le condizioni di salute dei piccoli agricoltori, soprattutto le donne. La produzione di biocombustibili sembra entrare direttamente in competizione con la disponibilità per l’uso domestico di risorse come l’acqua e la legna, così le donne saranno costrette a percorrere distanze maggiori per raccogliere acqua e legna, avendo così meno tempo a disposizione per guadagnarsi da vivere.

Il rapporto mette anche in guardia contro la conversione di coltivazioni locali in monocolture per produrre bioenergia che «potrebbe minacciare la biodiversità agricola oltre che far perdere il prezioso bagaglio di conoscenze e competenze tradizionali nella gestione, selezione e conservazione delle coltivazioni locali, tutte attività svolte tradizionalmente dalle donne». Eppure la produzione di biocombustibili può offrire nuove opportunità di lavoro nelle zone rurali, ma soprattutto per braccianti agricoli poco qualificati, che vengono impiegati su base stagionale o occasionale. «Un numero sempre maggiore di questi braccianti sono donne (circa il 40%del totale in America Latina e nei Caraibi) – spiega la Fao - che a causa delle disuguaglianze sociali esistenti tendono ad essere particolarmente svantaggiate rispetto agli uomini, in termini di salari, condizioni lavorative e copertura sociale, ma anche per quanto riguarda la formazione, le condizioni di sicurezza sul lavoro e l’esposizione ai rischi sanitari».

Secondo il rapporto servono maggiori dati ed ulteriori studi sugli effetti socio-economici della produzione di biocombustibili liquidi sia sulle donne che sugli uomini. La speranza è quella che si ripensi una strategia di sviluppo dei biocombustibili che sia ambientalmente sostenibile ed a favore delle popolazioni povere: «Le coltivazioni destinate alla produzione di biocombustibili dovrebbero integrarsi con i sistemi agro-alimentari locali al fine di proteggere le attività agricole tradizionali dei piccoli agricoltori, le competenze e la loro conoscenza specializzata - fattori cruciali per la sicurezza alimentare ed il rafforzamento delle comunità rurali nel lungo periodo – si legge nel rapporto - Sono necessarie misure per assicurare che le donne, particolarmente le capofamiglia, abbiano le stesse opportunità degli uomini affinché possano partecipare e trarre profitto da una produzione sostenibile di combustibili liquidi. Questo è particolarmente importante, in considerazione del numero crescente di nuclei familiari in cui il capofamiglia è la donna, circa il 40% del totale in Africa australe ed il 35% nei Caraibi».

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