[23/07/2008] Comunicati

Senza governance dell´economia, finirà che Malthus aveva ragione

LIVORNO. Le teorie di Malthus sull’andamento demografico e sulle conseguenze che queste potrebbero comportare - messe in dubbio più volte e in più periodi storici - potrebbero non essere così lontane dal realizzarsi. Come potrebbe non essere lontana la previsione di raggiungere una popolazione di 9 miliardi al 2050.

Dipenderà dal fatto se nei prossimi anni le coppie in età fertile sul pianeta si riprodurranno con un tasso di fertilità pari a mezzo punto in più o meno rispetto all’attuale 2,6 come media mondiale.
A fare queste previsioni è Hania Zlotick (Sole24Ore), a capo della divisione popolazioni delle Nazioni unite la quale svela appunto che secondo le stime fatte «nel 2050 ci potrebbero essere 8,9 miliardi di esseri umani. Saranno 10,6 se il tasso di fertilità sarà più alto di mezzo punto (rispetto all’attuale ndr). Ma potrebbe salire e poi calare a 7,4, se la fertilità sarà più bassa».

Con un tasso di fertilità pari a due siamo alla soglia di sostituzione (due genitori due figli), ed è un tasso che varia a seconda del paese e dell’area geografica: è 1,4 in Italia, in Europa solo due paesi sono a 2 mentre è 4,7 il tasso medio africano. Dati che corrispondono ad disparità economica sul pianeta e che indicano una correlazione inversa tra numero di figli e ricchezza. «Con la diffusione della ricchezza, penso soprattutto a Cina e India - sottolinea la Zlotick – si sta diffondendo il miglior anticoncezionale che ci sia».

Anche se il problema che si pone è come aiutare un processo di omogeneizzazione dei tassi di fertilità, spingendo i paesi ricchi ad aumentarla e fare il contrario con quelli poveri, senza operare ingerenze culturali o senza ingenerare ipotesi di «un complotto ai loro danni» rivela la Zlotick, facendo presente che ad esempio in India, l’idea corrente è che avere tanti figli equivale a guadagnare tanto e quindi a maggiore ricchezza.

Fermo restando che due miliardi in più o meno di bocche da sfamare e quindi di esseri umani che calpestano con la loro impronta le risorse del pianeta non è cosa di poco conto, c’è da tenere in considerazione due elementi che a questi dati sono strettamente collegati e che potrebbero anche condizionare le previsioni.

Il primo riguarda il fatto del “se” l’attuale tasso di consumo delle materie prime permetterà che vi possa essere uno sviluppo demografico ad un tasso superiore all’attuale e quali saranno le conseguenze se non viene messo in pratica un cambio di rotta sullo sfruttamento del capitale naturale. Il fatto che sia già in atto una crisi alimentare dovrebbe dare indicazioni ben precise su come agire di conseguenza.

L’altro riguarda il tema dei temi, ovvero gli scenari che si ipotizzano come conseguenza del surriscaldamento del pianeta se non si inverte l’attuale livello di anidride carbonica in atmosfera. Che potrebbero mettere a rischio la tenuta del pianeta a livello sociale prima ancora di verificare se l’andamento demografico seguirà un andamento di più o meno mezzo punto rispetto a quello medio attuale. Temi questi che sembrerebbe normale fossero al primo punto dell’agenda politica mondiale, sempre che un’agenda politica mondiale fosse in mano a qualcuno in grado di realizzarla. Quello che invece pare leggere dalla realtà dei fatti è che mentre alle Nazioni Unite si studiano le previsioni sull’andamento demografico dei prossimi decenni e si cerca di capire quali saranno le conseguenze, a Ginevra si continua a cercare di portare a termine (con scarsa possibilità di successo) un accordo che vorrebbe dettare le sorti dell’economia mondiale e di conseguenza dell’assetto del pianeta. Ignorando in pieno i dati che dal pianeta arrivano e gli scenari che su di esso si prefigurano.

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