[16/01/2009] Comunicati

L´ultimo bushismo sulle macerie neoconservatrici

LIVORNO. Il mesto addio di George W. Bush rischia di essere ricordato per l´ennesimo e clamoroso "bushismo" (come sono stati chiamati le sue continue gaffe ed i suoi comici ed usuali errori grammaticali). Nel suo discorso di commiato dalla Casa Bianca, dopo aver detto di aver trasformato con la guerra l´Iraq e l´Afghanistan in due giovani democrazie, ha ribadito la dottrina neo-con del "con noi o contro di noi", dispiegata dopo l´attacco terroristico alle torri gemelle dell´11 settembre 2001, ed ha detto con un´arroganza rara in bocca ad uno sconfitto: «C´è un legittimo dibattito su molte di queste decisioni. Ma c´è poco da discutere sui risultati. L´America è andata avanti per sette anni senza altri attacchi terroristici».

Ben sorvegliato dal superfalco Dick Cheney, Bush ha sorvolato sulle torture di Abhu Graib e Guantanamo per lanciare ad Obama una profezia funesta venata del suo solito messianismo integralista: «I nostri nemici sono pazienti e determinati a colpirci ancora. In questo mondo esistono il bene e il male e tra i due non può esserci nessun compromesso», concludendo: «Abbiamo reso il mondo più libero».

I "successi" di Bush, interni ed internazionali, sono davvero difficili da scovare: la fine della sua presidenza è segnata dal massacro in corso a Gaza che rende chiara l´incapacità del governo Usa a trovare la chiave di una soluzione per il Medio Oriente che è da sempre nelle sue tasche. Ma quella guerra infinita nasconde e riaccende altri conflitti che l´America ha rinfocolato e non ha saputo e/o voluto spegnere. A cominciare dalle due disastrose guerre in Iraq ed Afghanistan dove, in Iraq, si è fomentato un integralismo religioso ed un odio etnico prima inesistente, richiamando il peggior integralismo islamico di stampo qaedista a insanguinare un Paese diventato terreno di scontro con i "crociati"occidentali, mentre in Afghanistan i talebani non solo non sono stati sconfitti, ma rioccupano militarmente e politicamente metà del Paese, producono l´eroina che intossica le vene dei giovani occidentali, e tracimano al di là delle frontiere pakistane ed esportano la violenza integralista fino agli alberghi di lusso di Mumbay.

Intanto le truppe etiopi, inviate e foraggiate da Washington a rimettere ordine in Somalia, si ritirano da Mogadiscio, la sciando quel Paese fantasma nelle mani delle Corti islamiche che se lo contendono con clan di predoni fanatici finanziati dal waabismo saudita e istruiti militarmente da qualche cellula di Al Qaeda.
Bush lascia all´Africa la mattanza infinita nella jungla della Repubblica democratica del Congo e la ripresa dell´eccidio etnico nel Darfur da parte della dittatura sudanese che proprio lui aveva ricondotto nel gregge dei buoni alleati dell´occidente. L´Africa, insieme all´America latina, pare il continente dimenticato da Bush, sguarnito per combattere le guerre petrolifere asiatiche che dovevano essere gloriose e rapide vittorie e si sono rivelate sanguinosi pantani. Ma se in Sudamerica la "disattenzione" Usa ha permesso la nascita di nuovi governi progressisti, in Africa si è tramutata in una porta aperta per l´espansionismo economico cinese che non ha nessun problema a fare affari con regimi impresentabili, golpisti e dittatori di lungo corso.

Di sconfitta in sconfitta, di insuccesso in insuccesso, la rivoluzione neo-conservatrice che ha portato Bush alla Casa Bianca si è appassita fino al crollo economico globale che è anche quello dell´ingordigia economica che la dottrina iperliberista che si era impadronita della Casa Bianca propugnava come unica salvezza per il mondo, reso più democratico e giusto dal mercato senza freni.

Gli spiriti animali del capitalismo alla fine hanno finito per sbranare la fine della stessa avventura neoliberista che ha messo a capo della più grande potenza del mondo un uomo di poche capacità e di scarso acume, controllato da un gruppo di piranha petroliferi e pescecani della finanza, che contrabbandavano per "conservatorismo compassionevole" la macelleria sociale propagandata come necessaria per garantire crescita e democrazia. Di questa operazione ideologico-politica che si è incarnata in George W. Bush e in molti suoi epigoni ed entusiasti amici che ancora governano, non restano che tre crisi ricoperte di macerie: quella economica, quella ambientale e quella energetico-alimentare.

L´eredità di Bush non è un mondo più sicuro ed un´America forte, ma una situazione geopolitica terremotata, incerta e incomprensibile per i suoi stessi protagonisti, un mondo scheggiato in nebbiose aree di influenza che si accavallano, dove risorgono guerriglie date per morte e potenze piccole come l´Iran o nulle come la Corea del Nord, possono brandire la spada nucleare come minaccia globale che impaurisce un´America piegata da una crisi economica e morale che la fa sperare nel "miracolo Obama", per scordare l´incubo di un governo neo-con che ha lasciato al mondo più fame, guerre, ingiustizia e un pianeta malato di inquinamento.

In Europa e in Italia, in assenza di un´alternativa vera, politica, economica e sociale, al disastro turbo-liberista, toccherà sperare in questo nuovo sogno americano. Mentre nel mondo le bombe esplodono e i Kalashnikov crepitano, come macabro saluto d´addio per un uomo e ad una politica che non rimpiangeremo.

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