[29/06/2006] Consumo

Sostenibilità: ricerca e innovazione necessarie ma non sufficienti

LIVORNO. La ricerca scientifica, l’innovazione e l’industria, sono gli strumenti attraverso i quali, oggi, è possibile governare l’ambiente e perseguire la sostenibilità dello sviluppo. Lo dimostra anche l’ultima recente scoperta annunciata da un gruppo di ricercatori Nasa: un rivelatore a infrarossi di nuova generazione in grado di misurare lo stato di salute dell´ambiente.

Lo strumento si chiama Qwip (Quantum well infrared photodetector) e riesce a individuare la luce infrarossa in una lunghezza d´onda compresa fra 8 e 12 milionesimi di metro (micron).

Le possibili applicazioni commerciali di questa tecnica? Numerose secondo i ricercatori Nasa, dal rilevamento di tracce di composti chimici nell´atmosfera fino ai livelli di inquinamento dei fiumi e degli oceani, per restare solo in ambito ambientale. Ma al di là della fine che farà questa nuova scoperta, resta indubbio il valore della ricerca, come motore dello sviluppo sostenibile.

Eppure la ricerca e il trasferimento tecnologico da soli non bastano. Negli ultimi decenni infatti lo sviluppo tecnologico e le innovazioni scientifiche, soprattutto se legati alla ricerca applicata, si sono indirizzati verso un aumento dell’efficienza: oggi l´impatto ambientale per unità di prodotto è molto più basso rispetto a vent’anni fa, solo che questa efficienza è stata più che compensata dal maggiore consumo, continuamente sollecitato da un’enorme quantità di messaggi che spingono a comprare, comprare, comprare. E poi buttare. E poi di nuovo comprare. Tanto che la ricerca applicata, spesso finanziata da grandi multinazionali, più che cercare l’efficienza, cerca di creare obblighi di acquisto, con l’assenso soddisfatto dei governi che governano nel nome del pil e della crescita senza se e senza ma (vedi primo discorso ufficiale del nuovo governatore della banca d’Italia Mario Draghi).

La ricerca da sola non basta e la ricerca buona , quella proientata alla sosteninbilità, è sempre più difficile da trovare. Poi c’è la ricerca bizzarrra, come quella su cui si basa la geoingegneria, che invece di affidarsi all’adozione di energia pulita contro l’inquinamento e il surriscaldamento del nostro pianeta, si propone di trovare soluzioni tecnologiche che non richiedano cambiamenti nelle abitudini inquinanti del genere umano. Ad esempio coprire i deserti con tele riflettenti che rilancino nello spazio il caldo dei raggi solari, o mettere in orbita intorno alla Terra miliardi di minuscoli specchi, sempre con il proposito di rilanciare nello spazio il calore solare e continuare a inquinare /comoprare / inquinare. O infine, altra soluzione, sparare in atmosfera anidride solforosa, combattendo l’inquinamento di CO2 con un altro tipo di inquinamento.

Intanto Stati Uniti, Cina e India continuano a ignorare il protocollo di Kyoto e nel nostro piccolo lo facciamo anche noi, visto che pur avendolo firmato siamo fuori da tutti i parametri e presto torneremo ad usare il carbone (vedi annuncio del ministro dell’Industria Bersani sulla Centrale di Civitavecchia).

Forse allora ha ragione un certo Stephen Hawking, scienziato di fama mondiale, che pochi giorni fa ha sostenuto che il genere umano deve trovarsi al più presto qualche altro pianeta abitabile, visto che la Terra è sulla via di trasformarsi in una «palla infuocata». Tutto sta a programmare la durata del prossimo pianeta. Ma anche questo non sarà un problema, il sistema solare è pieno, e morto un pianeta se ne farà un altro, all’infinito. Come la crescita.

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