[14/12/2006] Acqua

D´Angelis: Ma non ci sono risorse per la ripubblicizzazione

FIRENZE. Sul dibattito in corso che riguarda il tema della ripubblicizzazione della gestione delle risorse idriche, che si è riacceso in questi giorni per le dimissioni di Riccardo Petrella dalla presidenza dell’Acquedotto pugliese, abbiamo intervistato Erasmo D’Angelis, presidente della Commissione ambiente della regione Toscana.

In Toscana è stata presentata una proposta di legge di iniziativa popolare che chiedeva nei fatti di riportare interamente il servizio della risorsa idrica in mano pubblica, respinta dal Consiglio regionale con l’impegno però di scrivere una nuova legge regionale che tratterà l’acqua come bene a sè e quindi fuori dalle norme sui servizi pubblici locali.

D’Angelis che riflessioni trae da questa vicenda che ha visto in Puglia schierarsi Petrella e Vendola su posizioni diverse, partendo però dallo stesso assioma che l’acqua è un bene pubblico?
«Qui si gira intorno ad un grande paradosso: tutti siamo d’accordo sulla tutela del bene pubblico, il programma dell’Unione parla di ripubblicizzazione del servizio idrico, ma il dato di fatto è che non ci sono risorse per portare avanti questo progetto. E non ci sono segnali in questa finanziaria che vanno in questa direzione.
La ripubblicizzazione dell’acqua prevede scelte sul piano politico ed economico molto concrete. Ma dal momento che dobbiamo ammodernare le infrastrutture, chiudere le falle della rete, garantire un servizio efficiente, se abbiamo sul piatto della bilancia molte centinaia di milioni di euro si potrà fare, altrimenti si ritorna alla questione dell’Acquedotto pugliese. Dove se anche Petrella, che è un grande protagonista di questa vicenda dell’acqua come bene pubblico e sicuramente un maestro sul tema della globalizzazione, getta la spugna, i segnali sono molto seri e preoccupanti. E sono segnali che indicano la difficoltà di passare dalla teoria alla pratica: e qui si torna alla vicenda della responsabilità del governo, che dovrebbe garantire finanziamenti pubblici».

Ma se i fondi da parte del governo centrale non ci sono, e i privati non devono entrare nella gestione, come se ne esce?
«La vera debolezza è che di fatto la gestione dell’acqua in Italia ha modelli tra i più vari e tutti diversi. Se c’è una lezione da trarre dalla vicenda Toscana, è che la presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare e il dibattito che ne è seguito indica che la mobilitazione dell’opinione pubblica può costringere anche la politica a fare i conti con un tema di grande attualità».

Ma il consiglio ha respinto quella proposta di legge.
«Abbiamo respinto quella legge per come era formulata, ma nei fatti abbiamo accolto la soluzione proposta di chi ha presentato la legge. Ovvero la questione fondamentale di non trattare l’acqua nel tema dei servizi pubblici locali e quindi come merce e di lavorare ad una iniziativa specifica sul tema dell’acqua. Questo significa che il tema dell’acqua e dei servizi idrici per la Toscana è un tema che attiene alla tutela pubblica della risorsa. E l’impegno è quello di trovare le soluzioni per far sì che anche nella fase della gestione si possa rafforzare il controllo pubblico.
Ora è vero che la proposta poggia su un dato che non esiste perché in Toscana tutto è pubblico, le rete, le infrastrutture, ma a volte il pubblico ha dato la sensazione nella fase della gestione di non essere il vero proprietario. La normativa regionale sarà l’occasione per aprire per la prima volta in Italia un processo in cui l’acqua sarà gestita da una grande azienda pubblica e se ci sarà parternariato tra pubblico e privato nella fase della gestione finale, si dovrà comunque garantire che questa risponda alle caratteristiche che il pubblico detta, cioè che sia espressione pubblica».

Ma nei fatti così già dovrebbe essere.
«Ma dovremo garantire che lo sia di più. Anche se del resto c’è un solo un modo che questo possa davvero avvenire, ovvero torno a dire che ci siano risorse statali verso la transizione. Se le risorse non ci sono tutto resta com’è. In toscana servono 300 milioni di euro per ammodernare la rete. Cispel dice che servono 2 miliardi di euro in 15 anni perché perdiamo il 27% di acqua nella rete. In Toscana ci sono dei privati che garantiscono? Io credo che una azienda come Acea tuteli più di una banca o di una finanziaria. Ma che intanto l’acqua non sia considerata un servizio pubblico ma un bene pubblico è già un passo avanti».

Veniamo ad un altro tema del dibattito. La questione della gratuità dei primi 50 litri di acqua erogata. Lei è d’accordo con questa proposta?
«Io lo considero uno spreco, è una soluzione che va nel segno dello spreco. Siamo un paese che consuma troppa acqua. Questa è una proposta che va bene per paesi dove l’acqua arriva a gocce. Nella proposta di legge di iniziativa popolare si parlava di 40 litri, ma è un messaggio sbagliato da dare agli utenti, con l’aggravante che sono gratuiti per tutti e questo è ancora più paradossale.
Si deve senza dubbio garantire la risorsa per le fasce di povertà e per quelle più deboli, ma lo si deve fare attraverso la tariffazione. Questo va fatto e lo farà anche la regione Toscana».

Quali sono i tempi previsti per questa legge?
«Si sta già lavorando ad una proposta e credo che la giunta porterà in aula un primo testo nei primi mesi del prossimo anno. E si aprirà fase di consultazione pubblica, per garantire la partecipazione alla stesura definitiva».

Torna all'archivio