[29/01/2007] Parchi

I parchi toscani hanno un ruolo sospetto?

PISA. La domanda non è provocatoria ma aiuta a capire la fase che i parchi e le aree protette stanno attraversando nella nostra regione. Ed è tanto più legittima dopo il dibattito su Montichiello, il Pit e il Pra, ossia i documenti fondamentali della regione in materia di pianificazione ambientale.
In un incontro della Lega delle autonomie a Livorno di poco successivo alle ultime elezioni regionali, l’assessore Artusa convenne con gli amministratori dei parchi e degli enti locali di andare al più presto ad un confronto sulla legge regionale sulle aree protette che ormai ha superato i dieci anni per verificare cosa eventualmente va meglio registrato o rivisto.

L’esigenza era resa particolarmente urgente e necessaria specialmente dopo il dibattito sulla legge regionale riguardante il governo del territorio approvata nel 2005 che non aveva reso giustizia al ruolo dei parchi. Il che appariva peraltro assolutamente sconcertante vista l’odissea dei nostri parchi nazionali in quel momento i cui effetti negativi non potevano non riverberarsi anche sulle altre aree protette.

Quel confronto richiesto e sollecitato dal Coordinamento regionale dei parchi non ha mai avuto luogo neppure dopo la vicenda di Montichiello e l’approvazione del Piano regionale di azione ambientale (Praa) che pure riguarda parchi e aree protette e la loro connessione con il Piano di indirizzo territoriale (Pit) che ai parchi fa poco più di un cenno del tutto scontato. Ora, tra le questioni sulle quali ci soffermammo nell’incontro di Livorno due in particolare ritenevamo dovessero essere attentamente riconsiderate.

La prima riguardava ovviamente il ruolo dei nostri parchi nazionali tutti e tre paralizzati da tempo per i commissariamenti imposti illegittimamente da Matteoli. La seconda atteneva al ruolo delle Anpil (aree naturali di interesse locale) che dopo avere sicuramente assolto ad una funzione positiva di maglie utili a rafforzare la rete regionale, rischiavano di ripiegare su un ruolo del tutto marginale rinunciando a innescare sviluppi e ampliamenti. Il tutto favorito peraltro da un ruolo delle province che spesso appariva e appare di mero passacarte come abbiamo documentato anche in una indagine di ToscanaParchi.

Che vi fossero cose da rivedere e alla svelta sarebbe apparso fin troppo chiaro con le polemiche sulla Val d’Orcia dove si è ‘scoperto’ che vi è un Anpil di cinque comuni di ben 61000 ettari (più quindi della superfice dei nostri tre parchi regionali e 2/3 dei complessivi 91.000 ettari delle Anpil che però sono ben 47). Un Anpil insomma mostruosamente grande e quindi sospetta, tanto è vero che non ha avuto alcun ruolo e nessun coinvolgimento nella pur vivacissima polemica nazionale che si è limitata a tirare in ballo il riconoscimento dell’Unesco che però a differenza delle aree protette e delle stesse Anpil non contempla alcun ruolo di gestione concreta.

Insomma se c’era bisogno di una conferma che l’attuale regime delle Anpil va riconsiderato perché esse non si trasformino in foglie di fico per operazioni al limite dell’imbroglio, con Montichiello l’abbiamo avuta nella maniera più eclatante. D’altronde se nel Praa a un certo momento si legge (ma anche di questo stranamente e inspiegabilmente non ha parlato nessuno) che per l’Amiata e la Val d’Orcia potrebbe essere presa in considerazione l’ipotesi di un parco nazionale (perché non regionale?) è chiaro che qualche imbarazzo (e sarebbe ora!) per questa situazione anomala comincia a manifestarsi.

E tuttavia neppure quel dibattito è servito a spronare un confronto ormai urgente e reso più urgente proprio dagli inspiegabili silenzi e omissioni della stessa regione ma anche di tante amministrazioni locali. Si sono avuti incontri ministeriali, si è parlato di paesaggio (che il nuovi Codice ha sottratto alla competenza dei piani dei parchi) e di sopraintendenze, si sono avuti incontri con i rappresentanti dell’Unesco, ma a nessuno in tutti questi mesi è venuto in mente di coinvolgere i parchi e le aree protette della nostra regione che pure qualche ruolo contro la cementificazione, la speculazione, a sostegno di serie politiche ambientali e di tutela anche del paesaggio e di un agricoltura di qualità e sostenibile l’hanno svolto e lo stanno seriamente svolgendo.

Sarà anche per questo che nel momento in cui si sta insediando il nuovo Ente parco dell’Arcipelago – gli altri due non sono ancora a regime!- nessuno parla chiaramente del piano ma solo di interventi più o meno sperimentali. Solo il piano del parco, infatti, può giocare un ruolo strategico integrato capace di mettere in relazione aspetti diversi destinati a ‘condizionare’ – si a condizionare! - le scelte degli altri soggetti non solo istituzionali. Perché dove finora hanno operato più magistrati che pianificatori di questo c’è oggi bisogno all’Arcipelago ma anche nel Casentino e sull’Appennino tosco emiliano.

E lo diciamo anche alla luce di quanto abbiamo letto, ad esempio, in un recente documento dell’Irpet sulla montagna toscana, dove queste aree critiche insieme ad altre come le Apuane ricorrono più volte ma dove la parola parco e area protetta non risuona mai. Si pensa davvero che in queste aree per le quali si parla giustamente e correttamente di agriturismo, paesaggio, tutela etc proprio questi aspetti possano essere efficacemente affrontati senza i parchi e i loro strumenti di gestione e pianificazione?

Recentemente di questi temi abbiamo discusso approfonditamente a Pisa in un bel seminario del Centro studi Giacomini del parco di San Rossore che si è concluso con la richiesta pressante e urgente alla regione, alla giunta e alle commissioni del consiglio interessate perché si esca finalmente dalla clandestinità. Non ci sembra una richiesta pretenziosa. Staremo a vedere.

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