[02/03/2007] Rifiuti

Il lungo addio ai sacchetti di plastica

LIVORNO. La finanziaria 2007 prevede l’avvio di “un programma sperimentale a livello nazionale per la progressiva riduzione della commercializzazione dei sacchi per l’asporto merci” che non risultino biodegradabili. L’obiettivo finale, chiaramente esplicitato nel comma successivo, è quello di arrivare a proibirne del tutto la vendita a partire dal gennaio 2010. Una soluzione accolta con entusiasmo dalle associazioni ambientaliste e che va nella direzione di altri grandi Paesi Europei: La Francia li ha da tempo vietati in Corsica e si appresta a farlo anche in continente, mentre per esempio in Irlanda la riduzione degli stopper in plastica avviene attraverso un costante aumento delle tassazioni.
Se dal punto di vista della sostenibilità si tratta di un passaggio sicuramente positivo, non mancano tuttavia le difficoltà oggettive e inevitabilmente le proteste da parte di chi fino ad oggi li ha prodotti.

Interpretando l’esigenza di approfondimento su questi temi e di dibattito tra i diversi soggetti coinvolti, PolieCo (Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene) si è fatto promotore – insieme a Coldiretti, Symbola e Novamont - di un Convegno che lunedì prossimo (5 marzo) a Roma sarà una preziosa occasione sia per fare il punto relativamente alle varie problematiche sul tappeto, sia, nello stesso tempo, per mettere a confronto le offerte di mercato di questo segmento produttivo che immette annualmente al consumo 300mila tonnellate di prodotti in plastica (in parte di polietilene riciclato). Fin dalla sua costituzione nel 1998, infatti, PolieCo si pone come il naturale riferimento, per i produttori degli shoppers, sui temi del consumo e dell’utilizzo della plastica riciclata.

«Siamo particolarmente interessati e attenti a questo convegno – ha dichiarato il presidente di PolieCo Enrico Bobbio – perché noi riteniamo che la soluzione della bioplastica sia una strada percorribile per gli shoppers, ma la transizione non sarà automatica».
Per PolieCo infatti il legislatore deve prima risolvere tutta una serie di problemi, tra cui l’adeguamento della capacità produttiva, l’accertamento delle effettive caratteristiche di lavorabilità dei nuovi materiali, il nodo dei costi di conversione degli impianti di sacchettame e dell’acquisto del biopolimero rispetto alle resine derivanti dal petrolio, l’accertamento delle caratteristiche igienico-sanitarie dei sacchetti biodegradabili. Ma anche quelli, non secondari, relativi alla messa a punto degli impianti, della compatibilità ambientale e del riciclaggio.

Intanto la ricerca va avanti: uno dei partner della giornata di lunedì è Novamont, che ha brevettato i prodotti in Mater bi, ovvero la plastica derivata da materie prime rinnovabili come l’amido di mais. Nello scorso dicembre Novamont (che ha fatturato 4 milioni di euro nel 2006 con una crescita del 24%) ha avviato a Terni la prima bioraffineria che produce poliestere ricavato da olio di girasole.

In Francia invece hanno messo a punto un materiale 100% biodegradabile, 100% compostabile, derivato da cereali in grani che si chiama Biolice ed è già prodotto a livello industriale. Secondo i produttori costituisce un’ulteriore evoluzione più sostenibile del Mater bi, in quanto il Biolice è prodotto direttamente da farine di cereali e non dall’amido. Questa caratteristica costituirebbe un vantaggio molto importante per l’ambiente poiché il processo di produzione dell’amido necessita di un forte consumo di acqua.

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