[13/06/2007] Comunicati

Se Khatrina arriva in Bangladesh

LIVORNO. L’ennesimo disastro “naturale”, inondazioni e frane, che ha colpito il poverissimo e popolatissimo Bangladesh ha causato distruzioni enormi, gravi perdite economiche ed oltre cento vittime nella seconda città del Paese: Chittagong.

Morti poveri e musulmani che vivono in uno dei Paesi più colpiti dal cambiamento climatico, ma che tutt’al più, quando è andata bene, si sono meritati un trafiletto nella cronaca estera, le più volte nemmeno quello. E’ amaro constatare come un numero di vittime ed un disastro di minore portata negli Usa o in un paese ricco e “bianco” avrebbe occupato le prime pagine dei giornali e aperto i telegiornali per giorni.

Solo il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, si è sentito in dovere almeno di presentare le sue condoglianze (che non arriveranno mai ad analfabeti senza più un tetto sulla testa che dell’esistenza di Ban Ki-moon non sanno nulla) alle famiglie dei morti e dei feriti durante il disastro, ed ha assicurato che «le Nazioni Unite si tengono pronte a portare alle vittime della catastrofe tutto l’aiuto del quale hanno bisogno».

Tanto per capirsi: il mondo in via di sviluppo è pieno di New Orleans e Khatrine quotidiane, ma quasi nessuno ci fa molto caso.
Eppure, circa 3,4 miliardi di persone vivono in aree a rischio catastrofi naturali, come inondazioni, uragani, terremoti. Un’analisi delle zone sensibili realizzata dalla Banca mondiale e dall’università della Columbia ha stimato in 105 milioni il numero di persone esposte ad almeno tre catastrofi naturali o più.

Di questo hanno discusso la settimana scorsa a Ginevra 600 delegati di diversi Paesi ed organizzazioni che hanno partecipato ai lavori della Piattaforma mondiale per ridurre i rischi di catastrofe.
«Occorre che noi tutti facciano parte di una comun ità mondiale, di una reale opportunità per riaffermare che é meglio investire nella prevenzione delle catastrofi che attende che esse avvengano per nmobilitare un aiuto internazionale per la ricostruzione» ha detto Saroj Kumar Jha, che è a capo del “Global facility for disaster reduction and recovery” (Gfdrr) creato nel 2006 da Banca mondiale, Strategia internazionale dell’Onu di prevenzioni delle catastrofi ed altri donatori.

Il Gfdrr é di fatto il dispositivo che mobilita équipes di agenzie nazionali e internazionali per far fronte alle catastrofi. Le squadre di intervento valutano i danni e le perdite e permettono così di programmare gli interventi perché il governi possano «ricostruire e meglio costruire», cosa che non sempre succede, soprattutto dopo che l’attenzione mediatica per grandi eventi, come lo tsumami dell’oceano indiano, cala.

Per Jha, oltre agli interventi di somma urgenza, è ancora più importante aiutare i Paesi ad altro rischio di catastrofi naturali a sviluppare e mettere in atto strategie per attenuare il rischio prima che questo si concretizzi. Il prossimo anno il Gfdrr aiuterà 40 governi ad identificare i rischi ed a formulare strategie per minimizzarli e ci sono donatori già impegnati a versare 50 milioni di dollari per questo progetto.

L’atro problema del quale tiene sempre più conto la Banca mondiale per fornire i suoi aiuti in caso di catastrofi naturali é quello dell’adattamento ai cambiamenti climatici : «é un fattore sempre più importante nel nostro lavoro – spiega Saroj Kumar Jha – prove scientifiche sempre più numerose indicano che il numero delle catastrofi aumenterà nei prossimi anni in ragione del cambiamento climatico. Diventa sempre più urgente che la comunità internazionale cominci a lavorare su come é realmente possibile prevenire le catastrofi».

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