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La terza via non c’è. L’ex premier inglese Tony Blair lancia la volata agli oppositori della transizione energetica

 |  Editoriale

Non erano passate che poche ore dal blackout energetico in Spagna che gli avvoltoi hanno iniziato il loro macabro cerimoniale. Senza che le autorità avessero ancora individuato le cause di quello che resta uno dei più gravi collassi di un sistemo energetico mai registrato, le critiche si sono concentrate proprio sulle fonti di energia rinnovabile che in quel momento, come da tempo succede, fornivano la maggior parte dell’energia al paese. La destra spagnola in prima fila ma poi seguita da tutti i paesi conservatori europei ha colto l’occasione per tornare alla carica e cercare di seppellire quel che resta del Green deal. Il tema è noto, le energie rinnovabile non darebbero garanzie sufficienti per essere impiegate su larga scala non garantendo, almeno per quanto riguarda il solare e l’eolico – la cui produzione dipende da condizioni meteo –, dimenticando così le possibilità offerte dagli investimenti in reti e sulle tecnologie d’accumulo. Quindi, questa la tesi, occorre rallentare lo sganciamento dalle fossili che dovrebbero ancora a lungo contribuire alla produzione e distribuzione di energia.

Ma Tony Blair, a cui va riconosciuta una raffinatezza di pensiero non comune, approccia il tema da una diversa prospettiva anche se poi finisce per prestare il fianco ai negazionisti. Il pensiero dell’ex premier può essere riassunto in una frase: “Compagni (no forse Tony questo non lo direbbe), comunque compagni o no il senso è che ci siamo sbagliati, tutti questi sacrifici sono inutili, anzi abbiamo bisogno di più aeroporti, più traffico, più cemento. Al green penseremo dopo quando gli scienziati avranno scoperto come si fa a catturare l’anidride carbonica”. Sottinteso, ma non troppo, continuiamo intanto con i combustibili fossili.

La prima mazzata Blair l’ha data al premier del suo paese, Keir Starmer, impegnato a decarbonizzare la rete elettrica britannica entro il 2030 e a raggiungere la Net Zero entro il 2050, ma oggettivamente un certo smarrimento lo si è letto ovunque.

Ma chi è oggi Tony Blair? Dismessi i panni del politico e esauriti anche gli incarichi europei è oggi a capo del Tony Blair Institute for Global Change, un’organizzazione che fornisce “prodotti e servizi per la collettività” ma soprattutto consulenze. Circa 500 dipendenti, sedi a New York, San Francisco, Accra, Singapore ma soprattutto Abu Dhabi. Dopo essere stato infatti consulente anche del governo egiziano, dal 2017 l’istituto offre consulenze al governo saudita.

Su questa e altre collaborazioni con le lobby petrolifere, alcune risalente anche ai tempi in cui stava a Downing Street, si sono concentrate le critiche delle associazioni per il clima mentre i verdi inglesi, per bocca di Carla Denver, hanno definito Blair un “dinosauro politico”.

In un passo della sua presentazione Blair individua in un misero 2% il contributo che arriverebbe dalla completa decarbonizzazione della Gran Bretagna, non è dato capire come siano arrivati a questa cifra ma stupisce in questo caso l’approccio da parte di un politico riformista e che comunque si è messo alla guida di un’istituzione che dice di voler promuovere la battaglia per il clima. Stupisce perché se da una parte la reazione dei giganti fossili e dei loro alleati, più o meno mascherati, era prevedibile, occorre ricordare che il contributo che un paese dà a livello di emissioni non si può misurare limitandosi all’oggi e da questo punto di vista la Gran Bretagna si porta dietro un bagaglio storico decisamente pesante e che comunque la rende tra i primi 5 paesi al mondo responsabili della crisi climatica.

La verità è che, usando una terminologia cara all’ex premier, non esiste una terza via tra chi sceglie la transizione energetica e chi la ostacola. O si è per un ricambio totale delle fonti energetiche con l’abbandono, prima possibile, delle fossili o si è contro il cambiamento. Quello che ci insegna la Spagna di questi giorni è che bisogna investire ancora di più nella direzione della transizione, sostenendo una ricerca tecnologica e scientifica che è agli albori rispetto alla centenaria abitudine a scavare pozzi e trasportare gas. Impegniamo il meglio del nostro sapere e magari andando in quella direzione si riuscirà anche a catturare l’anidride carbonica. Nell’altra c’è solo uno sguardo rivolto al passato.

emissioni storiche

Maurizio Izzo

Giornalista, responsabile comunicazione di una azienda che si occupa di produzioni video, organizzazione di eventi, multimedia. Ho prodotto numerosi documentari sulla cooperazione internazionale.