
Destinazione rinnovabili, ricalcola percorso: le sentenze del TAR Lazio indicano un tragitto più veloce e senza interruzioni

Nell’ultimo anno, invece di accelerare la strada verso gli obiettivi, la transizione energetica italiana ha subito una pesante inversione di rotta. Si sono susseguiti una serie di provvedimenti – tra cui il DM Aree Idonee e il DL Agricoltura – che ostacolano gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili, complicando ulteriormente la realizzazione di nuovi impianti, infrastrutture di rete e sistemi di accumulo, introducendo nuove barriere e lasciando spazio al moltiplicarsi di provvedimenti avversi da parte delle Regioni.
Questo nuovo quadro per le rinnovabili è tutto da rifare. Le sentenze del TAR Lazio del 13 maggio 2025 segnano un punto di svolta perché aprono l’opportunità di porre rimedio a pesanti errori commessi dal Legislatore nazionale con il DM Aree Idonee e il DL Agricoltura, e a livello regionale sulle aree idonee (Sardegna in primis).
Con l’orizzonte di poter riscrivere le regole per accelerare, stavolta davvero, la transizione del Paese e creare benefici ambientali, industriali e per la riduzione dei costi dell’energia, il principale auspicio è di adottare una visione sistemica che consenta di ottimizzare i risultati di ogni azione normativa.
Perché il DM Aree Idonee è da riscrivere (e cosa dovrebbe accadere adesso)
Il DM Aree Idonee, pubblicato con oltre due anni in ritardo rispetto giorni previsto dall’articolo del D.lgs. n. 199/2021, avrebbe dovuto accelerare la diffusione degli impianti rinnovabili in coerenza con la Direttiva europea RED II da cui discende. Al contrario, ha creato il rischio concreto di rendere non idonea per le rinnovabili la quasi totalità del territorio nazionale, persino le aree già definite idonee dalla legge rischiano di non esserlo più.
Tenuto conto delle criticità presenti nel DM Aree Idonee, la sua efficacia era stata già parzialmente sospesa dal Consiglio di Stato (Ordinanza n. 4298 del 14 novembre 2024) chiarendo che le Regioni non possono adottare una disciplina più restrittiva di quella già contenuta nella norma di rango primario costituita dall’art. 20 del D.lgs. n. 199/2021 (cd. “aree idonee ex lege”).
Il TAR Lazio ha rilevato ulteriori profili di illegittimità del DM Aree Idonee con la sentenza n. 9155 del 13 maggio 2025. In particolare, il TAR Lazio ha censurato:
- l’eccesso di delega alle Regioni: il DM Aree Idonee non può autorizzare le Regioni a stabilire fasce di rispetto fino a 7 km dai beni tutelati, essendo tale vincolo sproporzionato e non giustificato da motivazioni ambientali concrete;
- il difetto di omogeneità dei criteri: la mancanza di principi fondamentali e criteri omogenei è causa di disparità tra le diverse Regioni, violando il principio di omogeneità sia nella individuazione delle aree idonee sia nella individuazione delle aree non idonee.
Il DM ha sostanzialmente devoluto alle Regioni l’onere di individuare le aree idonee e le aree non idonee sul proprio territorio senza quella “guida” che invece il D.Lgs. 199/2021 aveva richiesto.
- la mancanza di una disposizione transitoria: il DM Aree Idonee, non avendo previsto alcuna misura di salvaguardia per i procedimenti autorizzativi in corso, ha in molti casi sospeso iniziative già avviate, creato incertezza, causato danni agli investimenti già effettuati e generato l’inevitabile proliferarsi del contenzioso amministrativo.
Con il parziale annullamento del DM Aree Idonee il TAR ha anche disposto l’obbligo, per il MASE e gli altri Ministeri interessati, di rieditare i criteri per la individuazione delle aree idonee e non idonee da fornire alle Regioni entro il termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza, conformandosi ai principi chiariti dal TAR Lazio.
Nelle Regioni che NON hanno ancora promulgato le leggi regionali, si deve continuare ad applicare l’art 20 del D.Lgs. n. 199/2021 di attuazione della Direttiva (UE) 2018/2001 (“Direttiva RED II”), e cioè le aree idonee ex lege continuano ad essere considerate tali.
L’auspicio è il nuovo DM Aree Idonee da un lato, faccia salve in modo chiaro e netto queste aree idonee ex lege e, dall’altro, dia alle Regioni criteri omogenei che consentano soltanto di ampliare le aree idonee ex lege e non di restringerle!
Nelle Regioni che invece avevano già legiferato in applicazione del DM Aree idonee censurato, quasi sempre in modo restrittivo rispetto alla disciplina nazionale, l’auspicio è che queste Regioni – il prima possibile – modifichino le loro leggi adeguandosi ai principi chiariti dal TAR Lazio.
E laddove ciò non avvenga, l’auspicio è che – a seguito di una doverosa impugnazione da parte del Governo – possa arrivare una declaratoria di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale. Solo così sarà possibile sbloccare i progetti rinnovabili e soprattutto salvare tutti quelli che erano stati sviluppati avendo come riferimento le aree idonee ex lege di cui al D.Lgs. n. 199/2021.
Il faro del TAR anche sulla Legge Sardegna
Con l'ordinanza n. 9168 del 13 maggio 2025, il TAR Lazio ha riaffermato un principio cardine, sottolineando che la classificazione di un'area come non idonea non deve necessariamente escludere la possibilità di realizzare impianti da fonti energetiche rinnovabili.
Il TAR ha ritenuto che tale principio venga contraddetto dalla Legge della Sardegna n. 20/2024, che invece considera le aree non idonee come territori totalmente preclusi alla costruzione di impianti FER, e ha deciso di sottoporre la questione alla Corte costituzionale affinché si esprima sulla compatibilità della Legge sarda con i principi costituzionali.
Già prima del TAR Lazio, anche il Governo, con delibera del 28 gennaio 2025, ha impugnato la Legge sarda sulle aree idonee, una decisione positiva in cui non possiamo non leggere una malcelata ipocrisia, dato che la Sardegna si è “limitata” ad avvalersi delle facoltà lasciate dal Governo alle Regioni in materia di aree idonee per le rinnovabili.
(Anche) secondo il TAR Lazio, bisogna rivedere il divieto del fotovoltaico in aree agricole
Il TAR Lazio, con l’ordinanza n. 9164 del 13 maggio 2025 ha ritenuto non manifestatamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5 del DL Agricoltura, rinviando la questione alla Corte costituzionale.
L’art. 5 del DL Agricoltura ha introdotto il divieto di installazione del fotovoltaico in aree agricole, una decisione di cui non si comprende la ratio perché in realtà non protegge alcun terreno agricolo da alcuna invasione del fotovoltaico in agricoltura (abbiamo oltre 4 milioni di ettari agricoli abbandonati, e per installare gli impianti rinnovabili necessari a raggiungere il target 2030 servirebbero solamente 70.000 ettari di terreno, equivalenti allo 0,4% della Superficie Agricola Totale). L’applicazione del DL Agricoltura aumenterà a dismisura i costi per le imprese che investono nelle rinnovabili in Italia. Infatti, sui terreni agricoli si potranno installare solo impianti agrivoltaici che, a seconda delle configurazioni, hanno costi di sviluppo e manutenzione tra il 30% e il 50% più alti del fotovoltaico a terra.
Peraltro, questo divieto farà diminuire la disponibilità dei terreni, aumentandone i costi: un effetto domino che si riverserà anche sul costo dell’elettricità prodotta.
Il TAR Lazio ha sostanzialmente confermato quanto gli operatori di settore hanno subito denunciato sin dall’adozione di questa norma e cioè che il divieto di realizzare fotovoltaico a terra in aree agricole realizza una prevalenza assoluta, astratta e incondizionata dell’interesse alla conservazione del suolo agricolo, impedendo alla radice qualunque possibilità di contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche essi di rilievo costituzionale.
Peraltro, il divieto, così come introdotto dal DL Agricoltura, risulta irragionevolmente sproporzionato e non tiene neanche conto della reale qualità e dell’importanza delle colture. Con ogni probabilità si attenderà l’esito del giudizio dinanzi alla Corte Costituzione che si auspica arrivi quanto prima a dichiarare il divieto incostituzionale.
Ancora prima della pronuncia della Corte, sarebbe importante arrivasse un intervento correttivo del Governo che, con una norma di legge, elimini il divieto del fotovoltaico a terra in aree agricole.
