In 60 anni persa sulle Alpi italiane un’area glaciale di oltre 170 kilometri quadrati
Il riscaldamento globale sta impattando in modo pesante sulle Alpi. I ghiacciai alpini fondono a ritmi preoccupanti, tanto che in 60 anni, solo per rimanere sul versante italiano della catena montuosa, si è persa un’area glaciale di oltre 170 kilometri quadrati. Un’area, giusto per rendere l’idea, pari alla superficie del Lago di Como. Non solo. È giunta a livelli preoccupanti anche la degradazione del permafrost, ossia quello strato di terreno o roccia che rimane ghiacciato per almeno due cicli stagionali consecutivi, e l’aumento della sua temperatura. In Germania, ad esempio, entro i prossimi cinquant’anni se ne prevede la scomparsa completa, con conseguenze allarmanti per la stabilità dei versanti montuosi. Perché è preoccupante? Perché lo stato di salute del permafrost rappresenta un importante campanello d’allarme sugli effetti che il riscaldamento globale sta avendo anche su quella parte per così dire invisibile dei ghiacciai.
A lanciare l’allarme è Legambiente, che ha appena diffuso il bilancio finale della campagna Carovana dei ghiacciai 2025. Al centro del report anche i dati forniti dalla Fondazione Glaciologica Italiana che, insieme all’associazione ambientalista e a Cipra Italia quest’estate, dal 17 agosto al 2 settembre lungo l’arco alpino, ha osservato lo stato di salute di alcuni ghiacciai alpini sempre più minacciati da temperature elevate, dallo zero termico in quota sempre più frequente, e dagli effetti degli eventi meteo estremi che accelerano la fusione dei ghiacciai ma anche l’instabilità in montagna con ripercussioni a valle.
Sono in particolare otto i ghiacciai al centro di questa sesta edizione di Carovana dei ghiacciai: cinque in Italia - il ghiacciaio dell’Adamello, in Lombardia, il più grande delle Alpi italiane dove il team di Carovana ha organizzato la sua anteprima ad inizio agosto, e poi il ghiacciaio del Ventina, in Lombardia, il ghiacciaio di Solda in Alto Adige, quelli della Bessanese e della Ciamarella, in Piemonte, sulle Alpi Graie - e 3 all’estero – l’Aletsch, il Re delle Alpi, e i ghiacciai della Zugspitze, in Germania con lo Schneeferner e il Höllentalferner.
Al di là di specifiche caratteristiche, tutti questi ghiacciai sono accumunati dallo stesso destino, vale a dire arretramento frontale e riduzione di area e spessore (unica eccezione è il ghiacciaio tedesco Höllentalferner che, come il Montasio in Friuli, resiste ancora con sorprendente tenacia). Riguardo al permafrost, tema trattato nella tappa in Germania, Carovana dei ghiacciai ricorda che nelle regioni montane europee le temperature del permafrost stanno aumentando in modo costante, in alcuni casi di oltre 1 °C nell’ultimo decennio. Uno studio pubblicato su Nature dal titolo “Aumento del riscaldamento del permafrost montano europeo all'inizio del XXI secolo”, evidenzia trasformazioni più rapide e di maggiore portata rispetto al passato.
Il team della Carovana ha osservato i ghiacciai accompagnata dagli operatori glaciologici che ogni anno condividono i dati con la Fondazione CGI: ciò ha permesso di effettuare validi confronti fra la situazione attuale e quella del passato. I ghiacciai, oltre ad arretrare, diventano sempre più neri, coperti da colate detritiche e caratterizzati ai lati anche dalla formazione di morene come sta accadendo ad esempio sul ghiacciaio di Solda del gruppo Ortles-Cevedale, monitorato dal Servizio Glaciologico del CAI Alto Adige. Qui nel 2025 la sua fronte è arretrata di 26 metri rispetto al 2024, inoltre sono ben evidenti colate detritiche e crolli, lembi di ghiacciaio morto, ma anche rock glacier, mentre dall’altro il bosco e nuovi ecosistemi occupano gli spazi dove prima c’era il ghiaccio. Altro esempio è quello del ghiacciaio del Bessanese, in Piemonte. Se nella metà ‘800, al culmine della Piccola Età Glaciale, occupava gran parte del Crot del Claussinè estendendosi per circa 1,75km2, oggi la sua fisionomia è completamente cambiata (dati CGI). Il monitoraggio tecnologico di Arpa Piemonte ha precisato che la sua superficie si è ridotta a 0,3 km2 e la perdita di volume subita dal ghiacciaio è stata di 3.900.000 m3 tra il 2010 e il 2023, con un abbassamento medio di circa 1 metro l’anno. A valle della fronte del ghiacciaio, l’area proglaciale è occupata da una distesa di pietre e detriti, dove sono presenti numerosi laghi glaciali frutto della fusione del corpo glaciale. Montagne e ghiacciai anche sempre più fragili anche a causa degli eventi meteo estremi, come il accade sul ghiacciaio del Ventina in Lombardia, seguito dagli operatori del Servizio Glaciologico Lombardo e segnato negli ultimi anni da piogge alluvionali che hanno aumentato le colate detritiche. Preoccupano anche i lembi di ghiaccio morto che rendono instabile la morena laterale destra e rischioso l’accesso all’attuale fronte del ghiacciaio.
Commenta il direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti: «Anche quest’anno con Carovana dei ghiacciai 2025 abbiamo portato in primo piano il tema degli evidenti effetti della crisi climatica in alta quota. Dati ed evidenze che ci portano nuovamente a chiedere urgentemente azioni di mitigazione puntando sulle energie rinnovabili e la riduzione delle emissioni climalteranti e di adattamento con un piano nazionale di misure e azioni efficaci». «Con Carovana dei ghiacciai 2025 – aggiunge Vanda Bonardo, responsabile nazionali Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia – quest’anno abbiamo fatto tappa in diversi luoghi dell’arco alpino tra cui anche Blatten, in Svizzera, dove tre mesi fa il collasso del ghiacciaio Birch ha spazzato via il villaggio a valle, mentre in Italia abbiamo osservato diversi ghiacciai alcuni dei quali non più misurabili come quello del Ventina o anneriti come quello di Solda a causa delle continue frane e crolli. Un alert che apre importanti riflessioni non solo sul futuro dei ghiacciai, ma anche della necessità di ripensare i metodi di monitoraggio tradizionale».
Alla luce di tutto questo, Legambiente lancia un appello all’Europa ricordando, in questo anno internazionale dei ghiacciai, l’importanza di prevedere più azioni di mitigazione e di adattamento e avviando un monitoraggio alpino a livello europeo prendendo come modello anche l’esperienza maturata a Blutten, in Svizzera, nella gestione del rischio, in Germania nel monitoraggio del permafrost, e in Piemonte con la ricerca multidisciplinare nell’area sperimentale nel bacino della Bessanese avviata da Cnr-Irpi, Arpa Piemonte e Fondazione Glaciologica Italia. Si tratta, dice Bonardo, di «due azioni al centro del Manifesto europeo dei ghiacciai e delle risorse, e promosso insieme a Fondazione Glaciologica Italiana, Cipra Italia, Cai, Euma, per chiedere ai decisori politici di prestare più attenzione al mondo della scienza e della ricerca».
Oltre al tema dell’arretramento dei ghiacciai e dell’instabilità in montagna, quest’anno Carovana dei ghiacciai ha anche sottolineato l’importanza di una fruizione consapevole in quota insieme a più senso civico e all’adozione di comportamenti più rispettosi verso l’ambiente evitando, ad esempio, di abbandonare rifiuti in quota. Sul sentiero che porta al ghiacciaio del Ventina, Carovana dei ghiacciai 2025 ha organizzato insieme a Puliamo il Mondo, storica campagna di Legambiente, un’attività di pulizia. Trovati diversi rifiuti tra cui plastica, tappi, mozziconi di sigaretta, ma soprattutto tanti fazzoletti di carta e persino un catetere, un tubetto di crema solare e dei calzini. Nel corso del Clean Up è emerso che la distribuzione dei rifiuti, raccolti dal team di Carovana dei ghiacciai, è legata ai luoghi di stanziamento ma anche all’effetto “punto panoramico” e “toilette all’aria aperta”.
In soccorso di questi giganti bianchi sempre più indeboliti a causa della crisi climatica, Legambiente invita a firmare la petizione on line “Una firma per i ghiacciai” per chiedere al governo azioni concrete partendo dall’attuazione di 7 interventi indicati nel Manifesto per una governance dei Ghiacciai e salvare il nostro ecosistema.